19 dicembre 2007

AMORATORIA SI

ebbene si, si ,sì
l'amoratoria è stata volata ( uno degli spassosi lapsus della traduttrice simultanea )
e oggi che è già domani
tutti in fila per tre all'apertura del Satyagraha 2008 per la pace
perchè che cosa è la guerra se non la pena di morte decretata da uno stato su un altro?

12 novembre 2007


il testo è stato scritto; il giorno di ognissanti è stato depositato in terza commissione; tra qualche giorno sarà votato e presumibilmente approvato per il passaggio in assemblea. Questo per la moratoria.

per la cronaca, invece:


(AGI) - Arezzo, 12 nov. - "Non ho mirato a nessuno, accidenti a me". Cosi' l'agente della polizia stradale che ieri ha sparato il colpo mortale che ha ucciso Gabriele Sandri tifoso laziale di 28 anni, in lacrime, si e' giustificato davanti al magistrato che lo interrogava. "Ho sparato un colpo in aria e poi, mentre correvo, mi e' partito un altro colpo". Intanto in procura il pm Giuseppe Ledda che coordina le indagini fa sapere di non voler incontrare la stampa.


e bravo giuseppe! che bella idea la conferenza stampa senza domande dei giornalisti, e oggi non voler incontrare la stampa. che bella scelta. non si sa se è più un segno di debolezza o di arroganza.
nella foto, tre tifosi ultrà mentre riguardano alla moviola le malefatte dell'arbitro.

30 ottobre 2007

risposta definitiva accendiamola

le tredici risposte tredici stanno qui; più la mia final answer to the wind.
ora si spera di passare a altro.
oltretutto il testo della moratoria non c'è ancora; il diavolo fa le pentole ma non i testi.

27 ottobre 2007

LETTERA ( A BOCCA ) APERTA




LETTERA
APERTA
AI
RADICALI TOSCANI
Cari amici,
cari compagni,
ieri sera c’è stata l’assemblea precongressuale toscana; la politica radicale, esterna o interna che sia, è sempre piuttosto paradossale, ma quello che è successo nella brutta e rattoppata saletta che i socialisti fiorentini ci concedono in uso ha sfiorato l’assurdo se non il demenziale.
Vi posso raccontare ciò che ho visto io, cercando di mantenere il distacco necessario all’obiettività, ma sarà dura perché dopo una notte e un giorno sono ancora coinvolta e arrabbiata e se scrivo è perché non riesco proprio a farne a meno. Mi limiterò a considerare il presente, tranne alcune obbligate premesse, perché riconsiderare anche il passato richiederebbe un intero libro.
La convocazione era eccezionalmente convocata da Roma, senza che, per la prima volta, l’Associazione per l’ iniziativa radicale Andrea Tamburi comparisse, e, seconda eccezione, senza la presenza del segretario e/o tesoriere nazionale. Come se localmente nulla esistesse, mentre dalla sua fondazione l’Andrea Tamburi si è distinta fra tutte per iscrizioni e risultati in firme, contributi, contatti, anche se forse non in consenso elettorale locale, dotandosi di una forte identità politica che la ha resa conosciuta a tutto il mondo radicale e anche un po’ oltre.
Certo, si può pensare, l’ associazione fiorentina è nata e si è formata contemporaneamente e insieme alla carriera che Daniele Capezzone ci ha fatto l’onore e l’onere di percorrere in mezzo a noi, da poliziotto in borghese a presidente di commissione parlamentare, ed è naturale che adesso sconti la caduta di credito che la fuoriuscita rapida, raggiunti gli scopi, dello stesso Capezzone dalla politica radicale ha generato.
Inoltre la lettera che questa estate trecento e passa persone, non tutte iscritte, hanno firmato; la lettera che ha accusato la dirigenza radicale di azioni vergognose e scomposte; la lettera che indicava lo scontro in corso con Capezzone come interno, invece che esterno come palesemente era, è stata scritta per un quarto a Firenze, nella persona di Antonio Bacchi, segretario dell’ Andrea Tamburi, membro della direzione nazionale, ex coordinatore regionale della Rosa Nel Pugno, per un pelo non anche onorevole.
Ora è successo che Matteo Maliardi, radicale iscritto da anni a tutti i soggetti radicali ivi compreso l’Andrea Tamburi, ha scritto a Marco Pannella, Emma Bonino, Rita Bernardini, per spezzare una lancia in favore di Antonio Bacchi e della sua lealtà.
Vi risparmio e mi risparmio la trascrizione fedele della lettera, perché è un po’ lunga; il succo è che, senza entrare in argomenti politici, e dichiarando fin dall’inizio di non voler parlare in merito a Daniele Capezzone, si loda e si decanta l’infaticabile e generosa attività del Bacchi a Firenze e in toscana, la sua dedizione alle linee politiche dettate dal partito, la sua assoluta e totale correttezza,
Ora, ne avrà ricevute Pannella di lettere dagli iscritti, su Bacchi, su Capezzone, su tutto? Migliaia e migliaia di migliaia; ha risposto in casi che diventano eccezionali rispetto alle volte che non ha risposto se non collettivamente. Marco Pannella, che anche se non è pensionato ha una certa età, ha deciso nel giorno stesso dell’ assemblea precongressuale di venire a Firenze di persona per rispondere a Matteo Maliardi e con l’ occasione anche ad Antonio Bacchi in merito alla lettera di questa estate.
Immaginiamo qualunque altro partito cosiddetto democratico; quattro esponenti e dirigenti scrivono e fanno sottoscrivere una lettera rivolta alla dirigenza dove la stessa viene accusata di scompostezza, violenza, colpi bassi; immaginate se la dirigenza risponde, pubblica, dialoga. Marco Pannella ha pubblicato, ha discusso, ha dialogato. Inoltre, è forse andato a Bologna, a Torino, a Palermo, a rispondere agli altri quattro estensori del documento? No, ha preso un treno e se ne è venuto a Firenze, a porgere quello che mi è sembrato un palese ramo di ulivo / shalom.
Arrivato a Firenze e trasportato nell’orrore della media periferia fiorentina, dove l’uomo politico più prestigioso che metta piede è Ciucchi, questo uomo che sarà nei libri di storia, se la storia continuerà ad essere scritta, si è visto risbatacchiare in viso l’ulivo e si è ritrovato a sentirsi parlare pari a pari in modo anche piuttosto maleducato da gente che ignora la differenza tra una riunione segreta e una riunione di direzione convocata e registrata e messa on line.
L’assemblea precongressuale radicale toscana era occupata letteralmente da un gruppo di persone che trattavano Pannella da pellaio, fingevano di dimenticare il nome della tesoriera per sottolinearne la presunta incapacità, lamentavano l’inadeguatezza e la mancanza di grinta della segretaria, chiamavano in causa anche la presidenta, senza considerare che quella dirigenza loro stessi, nel congresso più aperto e democratico che esista, la avevano votata un anno fa; colmo dei colmi, volendo insegnare a Marco Pannella che cosa è la storia radicale, che cosa vuol dire essere radicali.
Sembravano dei bambini dispettosi che si rivoltano a un genitore troppo permissivo, un branco di cani ( botoli n.d.t. ) ringhiosi che aggrediscono chi li ha sciolti (mordono la mano che li ha liberati n.d.t. ).
Io spero che Padova non sia così. Ci sono tante cose molto più importanti da portare avanti, tutte quelle cose delle quali non si è parlato, se non in piccola parte, ieri sera a Firenze. Per quanto mi riguarda, se lo scopo è quello di cambiare la dirigenza di Radicali Italiani e appropriarsi di un soggetto politico, non avendo la forza di formarne uno proprio, si vedrà in congresso. Ma fino da ora, vorrei dire quello che ieri sera mi è mancato di dire, non per indecisione, ma perché caratterialmente ho dei tempi di reazione lunghi, un appello o un avviso, a seconda dei casi: giù le mani da Pannella, dalla storia radicale, dai tempi e dagli spazi radicali!
Claudia Sterzi

23 ottobre 2007


in onore alle donne giraffa birmane e




TESI IN SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI:

MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI:

UNA QUESTIONE DI GENERE CULTURALE

BREVE SINTESI DEL LAVORO SVOLTOIl mio interesse sociologico per le mutilazioni genitali femminili è nato due anni fa, durante la partecipazione alla Conferenza “STOPFGM”, svoltasi presso il Parlamento Europeo, a Bruxelles, a causa di quelli che mi sono sembrati dati, seppure stimati, stupefacenti, cioè 140 milioni di donne, ragazze e bambine mutilate nel mondo, e ancora di più 40.000 presenti in Italia, appartenenti a comunità immigrate.
L’orientamento teorico sull’argomento ha compreso la collocazione del fenomeno nello spazio storico e geografico attraverso la letteratura esistente sull’argomento, etnografica, medica, antropologica, sociologica e letteraria; in seguito il mio interesse si è focalizzato sulla percezione, il punto di vista dei cittadini e delle istituzioni dei paesi di accoglienza, su come il mondo “occidentale” ha reagito all’arrivo di migliaia di donne e bambine mutilate nelle nostre case, nelle nostre scuole, nelle nostre società dove i diritti delle donne e delle bambine sembrano acquisiti e dati per certi.
L’analisi della letteratura istituzionale e scientifica, delle rassegne stampa riguardanti alcuni avvenimenti come “ il caso delle gemelline di Bergamo ” e “ la proposta choc del dottor Abdulkadir ”, ha evidenziato come dato emergente una contrapposizione quasi feroce tra due distinti atteggiamenti, da una parte quello assolutista, con radici nell’Illuminismo, che liquida la prassi definendola barbara, con proposte e azioni di tipo di repressivo e proibizionista, dall’altra quello relativista, di eco Nichilista, che in favore al rispetto per le altre culture e alla paura dei conflitti sembra dimenticare quanto il diritto all’integrità fisica dei minori e i diritti civili, riproduttivi, sociali e sessuali delle donne siano valori fondanti delle nostre stesse società e culture.
L’integralismo e l’emotività espressi in entrambi gli atteggiamenti sembrano denunciare un dato sommerso di resistenza e rimozione collettiva, un rifiuto dell’approfondimento che è indice di un coinvolgimento emotivo e della mancanza del distacco necessario per una valutazione dei problemi e degli effetti secondari delle soluzioni, per una azione orientata alla massimizzazione dei benefici sociali ottenibili.
In effetti nella ricerca bibliografica sono emersi temi paralleli che risuonano in accordo con i molteplici aspetti e livelli di lettura delle mutilazioni genitali femminili, temi tipici anche delle nostre società, nel presente o in un passato non tanto remoto, per esempio il tatuaggio e il piercing, il sistema della schiavitù, la violentizzazione, i reati di obbedienza, il mito e i riti della verginità femminile, la violazione sistematica dei diritti delle donne e delle bambine, la chirurgia estetica, il delitto d'onore, l'estinzione attraverso il matrimonio del reato di violenza sessuale, lo stesso reato considerato un reato contro la morale ma non contro la persona, l’incesto, “naturalmente” del padre sulla figlia, configurabile come reato solo qualora desse luogo a pubblico scandalo e altri.
Le ragioni della resistenza, del diniego opposto a questo tema sembrano individuabili nelle difficoltà del riconoscimento; riconoscersi in modalità così brutali di dominio maschile, in metodi così scoperti di repressione della sessualità femminile e di controllo della riproduzione vorrebbe dire assumere la consapevolezza delle nostre radici, in una “archeologia dell’inconscio”, come la chiama Bourdieu, che ci costringerebbe a riconoscere quanto e quanto a lungo lo stato dei diritti delle donne e delle bambine è stato simile nella nostra storia sociale.
Esistono violazioni continue e gravissime dei diritti di uomini, donne e bambini, popoli in generale, nel mondo; la definizione di tali diritti è relativa ed in continuo mutamento; inoltre esiste nel mondo una invariante questione del “dominio maschile”, in modalità diverse a Kabul o a New York, certamente, ma come effettiva e universale visione condivisa da dominanti e dominati nei fatti quotidiani al di là delle dichiarazioni di intenti e di principi, come necessaria ed urgente, quanto arbitraria, visione e divisione della realtà.
Il mio lavoro non pretende di essere esaustivo su un argomento così vasto; all’inizio non pensavo che la questione del genere fosse centrale nelle MGF, pensavo più ai diritti dei minori, ma da ogni punto di vista il problema del dominio di genere è emerso come principale variabile certa, il dominio di genere per il controllo della riproduzione, fisica e sociale; la mia intenzione è stata quella di studiare i meccanismi di una resistenza collettiva a una realtà che ci riguarda da vicino come paesi ospitanti, cittadini, esseri umani.
Nell’ultimo paragrafo è accennato un progetto di azione sociale a livello locale per affrontare, senza cadere nel pregiudizio o nell’ indifferenza, il problema dell’integrazione delle donne mutilate, e delle loro figlie, nelle nostre società, correggendo i difetti di comunicazione, come antidoto preventivo alla violenza, e di azione, che le due posizioni contrapposte, l'etnocentrica e la multietnica, comportano, mantenendo fermo, per quanto mi riguarda, l'obiettivo politico di lungo termine, cioè l'eliminazione in tutto il mondo di una piaga, poichè letteralmente di una piaga si tratta, che affligge milioni di donne, attraverso un avanzamento complessivo dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e degli uomini.


22 ottobre 2007

RIFIUTO DI SOTTOPORSI ALL'ETILOMETRO: MULTA DA 2500 A 10000 EURO


No, no che non è una svista quella della legge 2 ottobre sulla "guida sotto l'influenza dell'alcool"

non è che non se ne sono accorti

non è una incongruenza

è proprio chiaro cio che è.

Se hai 10.000 euro da spendere puoi anche guidare ubriaco, se non provochi incidenti; lo stato di diritto è a pagamento, solo per chi può.

Se non li hai sei obbligato a farti l'etilometro, l'esame delle urine e se ti va male anche la perquisizione anale.


I ricchi possono ubriacarsi, drogarsi, ecc.

I poveri no. Come sempre era e sempre sarà nei secola saeculorum amen.

I poverissimi sono l'eccezione; essi infatti possono bere se glielo offrono, guidare una macchina se gliela prestano, rifiutarsi di fare l'etilometro, non pagare la multa e non avere niente da sequestrare. che fortuna

19 ottobre 2007


"Nel nostro rapporto con il Governo", avverte l'esponente della Rosa nel Pugno, "il banco di prova si chiama anche moratoria Onu delle esecuzioni capitali".

ecco fatto; il testo della moratoria dice che c'è, ma è come al lupo al lupo, ormai non ci credo più, i portoghesi continuano bellamente a remare contro non si sa perchè, tutto langue nella melma delle burocrazie eu e onu, due dei maggiori pachidermi trogloditi del mondo, e la moratoria diventa per gioco ennesimo di illusionismo, argomento di spinta su un governo e su un congresso.
padova meno dieci


niente otto senatori; anche stamani.

niente riforma delle leggi sulle droghe e sulle tossicodipendenze; anche il galles ci dà dei punti.

l'uso del termine "sinistra radicale" impazza: tenterei un parziale autorisarcimento proletario, rubando i termini:

rifondazione liberazione resistenza, tutti con l'aggettivo - radicale - radicale rifondazione, radicale liberazione, radicale resistenza. tiè


in via del tutto eccezionale, foto personale di laurea circondata da amici radicali compreso l'attuale covicepresidente del senato del prntt

18 ottobre 2007

può un cannibale fare sciopero della fame?






oggi la notizia del clan emerogastronomico nigeriano:




“BRESCIA - Manette alla cupola nigeriana. In sei, a Brescia, si spartivano prostituzione, droga, immigrazione clandestina e il business delle carte di credito clonate. Per entrare nel clan, gli affiliati dovevano bere del sangue umano.

L'operazione si deve alla squadra mobile che la notte scorsa ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare. Altre tre persone sono irreperibili e sono ricercate. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Brescia, Torino e Caserta.

L'associazione, spiegano gli investigatori, era una organizzazione di stampo mafioso su base etnica: un gruppo formato da confraternite studentesche nigeriane contro le quali lo stesso governo del Paese africano avrebbe sollecitato interventi. Era previsto un rito di affiliazione in cui gli associati bevevano del sangue; indossavano un abbigliamento di colore azzurro. Il gruppo organizzava spedizioni punitive contro bande rivali: la polizia ne ha sventata una che sarebbe dovuta avvenire tempo fa in provincia di Verona, utilizzando anche delle asce.

Attraverso la clonazione di carte di credito gli affiliati acquistavano biglietti aerei che rivendevano a prezzi irrisori ai connazionali. E' infine emerso che almeno una parte degli acquisti veniva effettuata presso commercianti compiacenti.”



un cannibale, intervistato, ci delizia con i suoi resoconti gastronomici:



"La Germania è sotto choc per l'intervista televisiva andata in onda sull'emittente privata Rtl al cannibale di Rotenburg, Armin Meiwes, 46 anni, che nel 2001 aveva ucciso un esperto berlinese di computer. Davanti alle telecamere il cannibale ha raccontato che al "primo boccone" ebbe "una sensazione strana", perchè attendeva "da 30 anni quel momento". "La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, ma più sostanziosa - ha aggiunto - è buona davvero".
Meiwes, che sta scontando una condanna all'ergastolo nel carcere di Kassel, dove lavora nella lavanderia, ha spiegato di non provare alcun tipo di rimorso. "E' "una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me". La vittima consenziente aveva mangiato il proprio pene arrostito insieme al suo aguzzino, che poi aveva sezionato il cadavere del tecnico e aveva mangiato 20 chili della sua carne, conservando il resto nel congelatore. Il cannibale ricorda di aver amato molto da bambino la favola di "Hansel e Gretel", che gli leggeva la madre, trovando particolarmente "interessante quando Hansel deve essere mangiato": "Voi non immaginate nemmeno quanti Hansel si aggirano su Internet". A suo dire, in Germania ci sarebbero oltre 10mila tra cannibali e potenziali vittime che cercano di mettersi in contatto tra loro via internet.
La conoscenza della sua vittima Meiwes l'aveva fatta proprio in rete, dove gli aveva proposto di farsi uccidere e mangiare. Dal suo punto di vista, il cannibale di Rotenburg si considera "una persona servizievole, sempre disposto ad aiutare chiunque", ma ammette tuttavia che gli altri lo possano vedere come "qualcosa di mostruoso", poiche' "solo in linea di principio sono una persona normale".

Vi state chiedendo che cosa ci azzeccano vladimir e joseph con i cannibali? non ci posso credere . . .



15 ottobre 2007

come gongola re piero


come era felice re piero stamani come gongolava nel dare i numeri della partecipazione alle primarie: 3 milioni e rotti che a un euro l'uno minimo fanno 3 milioni e rotti di euri minimo solo in toscana trecentoventisettemila roba che neanche l'incasso delle coop il ventiquattro dicembre. tre milioni e rotti di miracolati assunti sindacalizzati intimiditi affezionati famigli che di domenica nei secoli fedeli si sono agghindati tinti e pinti e si sono messi in coda per dare un euro a testa minimo a valter veltroni. bene bravo sette più

13 ottobre 2007



Pannella: Moratoria Universale a quando?
Siamo di nuovo a zero, per adempimenti e impegni preannunciati. Ritardi e errori Ue tornano a prevalere, a indebolire iniziativa italiana.
Roma, 12 ottobre 2007
Dichiarazione di Marco Pannella
Mi corre letteralmente l’obbligo, a nome del Partito Radicale e dell’intera galassia radicale, di indicare al Presidente del Consiglio ed al Ministro degli Esteri del nostro Governo quanto resti e s’aggravi il pericolo che, per l’ennesima volta, si impedisca di fatto all’Assemblea Generale dell’ONU di proclamare quella Moratoria Universale sulla pena di morte che da 14 anni – per patente quanto scandalosa e tutt’ora non spiegabile responsabilità dell’Unione europea – non riesce in tal modo ad essere conquistata dalla comunità internazionale.
Siamo infatti ormai a metà ottobre e nessuna Risoluzione in proposito è ancora acquisita, conosciuta e presentata. Un pesante gioco ostracistico vanifica delibere istituzionali dei Consigli affari generali dell’UE, dei Parlamenti italiano e europeo e ha strutturalmente la forza di vanificare i conseguenti obblighi delle presidenze in esercizio semestrale dell’Ue.
Diamo atto al Governo italiano di avere nelle ultime settimane finalmente meglio valutata questa incresciosa e grave situazione e di avere finalmente reagito, cosa purtroppo non accaduta per la 61esima Assemblea Generale. Siamo, come noto e confermiamo, sul piano politico, parlamentare, delle lotte nonviolente mobilitati a sostegno dell’opera del Governo italiano, avendo nella scorsa estate promosso una prestigiosa mobilitazione internazionale che ribadiva in modo finalmente indiscutibile la ultradecennale leadership dei nostri governi e del Movimento radicale pro-moratoria.
Purtroppo non si è saputo farne tesoro e questo fatto pesa come ipoteca su una nuova adeguata mobilitazione, che pur torneremo a proporre ed organizzare.
Che a metà ottobre non si abbiano ancora il testo della risoluzione, l’elenco dei suoi promotori, co-sponsor e sottoscrittori è fatto (o misfatto?) intollerabile.
Di nuovo sono indispensabili ulteriori mobilitazioni parlamentari e – ormai, lo affermiamo per la prima volta – istituzionali, poiché sono in gioco il prestigio della Repubblica italiana e quello dell’Unione europea, mentre si rischia di provocare un profondo riflesso di stanchezza, se non di esasperazione, da parte di quella maggioranza pro-moratoria degli stati membri dell’ONU che abbiamo documentato esistere da anni.
Anziché continuare a bombardare l’opinione pubblica con mera propaganda anti-pena di morte (che in un paese come il nostro dove il 70% dei cittadini è già convinto suona come stucchevole, superflua e sostanzialmente ipocrita oltre ad essere un esempio di un giornalismo disinformativo antidemocratico e sleale) sarebbe auspicabile che di questa vicenda, politicamente e giornalisticamente complessa, intrigante, scandalosa, la opinione pubblica venisse finalmente e davvero informata.

5 ottobre 2007

TRE OTTOBRE DUEMILASETTE




Mercoledì scorso, 3 ottobre, mi trovavo a passare di fronte al Tribunale di Siena; ero immerso in cupe meditazioni sulla macchia di ginger che mi ero accorto di avere sul risvolto dei miei magnifici pantaloni bianchi di canapa.
La folla del giorno di mercato mi disgustava e deliziava insieme con il suo cicaleccio dissipatorio; un paese dei balocchi, carico di tendine ricamate, magliette ammiccanti e polli allo spiedo.
Davanti al Tribunale un gruppetto di umani mi ha distolto dalla considerazione che andavo svolgendo, rivolta a dimostrare la palese colpa degli dèi dispettosi che vanno a giro spargendo macchie di ginger sui pantaloni della gente perbene.
Una grande donna, dotata di un forte carattere evidente alla prima occhiata, indossava delle scarpe nere da istitutrice e delle calze con piccoli pallini bianchi; era dotata di moderno telefonino telepatico con auricolari e parlava rivolta a un altro del gruppo, un distinto avvocato con la giacca impunturata e gli occhiali da persona saggia.
“ Alle agenzie hanno detto di non parlare del processo di stamani: ordini dall’ alto.”
Nel gruppo due ragazzi parlavano di scacchi, e due signore mature scartavano pacchetti di sigarette ciarlando di testamento biologico e eutanasia. Ce n’era abbastanza per attirare la mia attenzione, stimolata, oltre che dai pallini bianchi delle calze e dai laccetti delle scarpe, dall’ eccezionalità degli argomenti, ben diversi da quelli che avevo colto fino allora tra la gente del mercato: bronchiti, parenti, cotolette, ecc.
Con la scusa di osservare meglio la ormai famosa macchia, mi fermai accanto alle due signore.
Furono loro, a onor del vero, a attaccar discorso; e nel giro di cinque minuti ero già stato informato che si trattava di tre imputati per una disobbedienza civile: la proprietaria delle calze a pallini, che era nientepopodimenoche una segretaria di partito, Radicali Italiani, una delle signore e uno dei ragazzi; il secondo ragazzo era l’ addetto tecnico alla registrazione per Radio Radicale, nonché figlio della seconda signora, dirigente dello stesso partito e responsabile locale.
I tre delinquenti, un giorno di giugno di cinque e rotti anni fa, si riunirono in Piazza del Campo e al grido di : “per la libertà di cura: mariuana terapeutica” arringarono la folla sui benefici della canapa e i danni del proibizionismo e annunciarono la imminente distribuzione di bustine di ottima skunk olandese gratis per dialogare in modo nonviolento e civile con l’ autorità giudiziaria e l’opinione pubblica e l’inclito pubblico tutto sull’ opportunità del permanere di leggi illiberali ed incivili in campo di droghe. Furono tratti in questura, interrogati e denunciati. E quel giorno, 3 ottobre 2007, si apriva la prima udienza per quei fatti del giugno 2002, dopo una serie di rinvii e patetici contrattempi.
Oh che eroi moderni! Quale eccezione al generale svaccamento politico e intellettuale, all’ asfittico familismo provinciale toscano, agli ipocriti drogaparty privati dei politici! Senza alcuna speranza di benefici materiali, sbeffeggiati e emarginati da destra e sinistra, uniti nel nobile tentativo di salvare il mondo dalle disgrazie del proibizionismo armati di nonviolenza, i tre disubbidienti esprimevano un indubbio richiamo ad un passato leggendario ed insieme un salto in un futuro liberale possibile se non probabile.
Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi, ma anche beato quel popolo che avendone bisogno li trova, e dannato quel popolo che trovandoli li ignora.
Mentre così dentro di me ragionavo, il gruppo ad un cenno dell’ avvocato è scomparso ordinatamente dentro il buio palazzo; ho proseguito fino a un punto di ristoro, dove per rinfrancarmi mi son fatto servire un vodka martini. Invano ho cercato sui giornali locali qualche notizia che riguardasse il gruppo di disubbidienti civili nonviolenti; né mai più, penso, ne sentirò parlare.

Victor Joseph

COMUNICATO UFFICIALE

Processo Bernardini: rinvio per la disobbedienza civile sulla marijuana terapeutica
Siena, 3 ottobre 2007

I disobbedienti hanno ottenuto un buono in condotta per il comportamento tenuto in Piazza del Campo, avvertendo in anticipo gli agenti, non opponendo resistenza e consegnando la marijuana in loro possesso. Questa la deposizione degli agenti che nel giugno 2002 erano presenti nella piazza del palio ed hanno effettuato il fermo dei tre disobbedienti radicali, cioè la Segretaria del partito, Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini.
Nel corso dell’interrogatorio di ieri i tre imputati hanno voluto spiegare le ragioni di quella disobbedienza civile di 5 anni fa tutta incentrata sulla marijuana vietata in Italia anche per uso terapeutico per curare le gravi inappetenze dei malati di Aids, gli spasmi di coloro che sono affetti da sclerosi multipla, gli effetti collaterali della terapia chemioterapica nei malati oncologici. Bernardini, Sterzi e Braccini, ascoltati ieri dal tribunale senese, sono stati rinviati all’udienza del 18 giugno 2008 quando verrà ascoltato il perito che analizzò la sostanza sequestrata ai radicali.

IL MIO COMUNICATO

ENNESIMO PROCESSO, ENNESIMO RINVIO

Ieri, 3 ottobre, si è svolta, a distanza di 5 anni e 4 mesi dai fatti, la prima udienza del processo per cessione di mariuana in Piazza del Campo a Siena, una delle 22 azioni nonviolente di disobbedienza civile che la Segretaria di R.I., insieme a decine di militanti radicali, è andata realizzando in tutta Italia, con risposte contraddittorie da parte delle autorità giudiziarie e nel silenzio più totale dei mezzi di informazione.
L’ udienza, che mi vedeva imputata insieme a Rita Bernardini e a Giulio Braccini, si è conclusa con un rinvio per l’ ascolto di un perito assente perché non individuato.
Sono stati ascoltati i testimoni dell’ accusa, cioè i poliziotti che avevano condotto il fermo e la perquisizione; e noi imputati.
Ho avuto modo di confermare la mia disobbedienza e a domanda specifica del nostro avvocato, Giuseppe Rossodivita, ho affermato di aver agito per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dell’autorità giudiziaria sulle incongruenze e sugli effetti delle leggi sulla droga allora vigenti; non che oggi vada meglio, anzi.
In particolare, la cessione gratuita del 2 giugno 2002, a Siena, è stata dedicata alla mariuana terapeutica e a tutti quei malati che in molti altri paesi possono trarre vantaggio da terapie derivate dai principi attivi della canapa, mentre in Italia la loro libertà di cura viene messa in forse dall’impossibilità legale di procurarseli.
Qualche piccolo passo in avanti recentemente si è fatto; alcune AUSL hanno autorizzato l’importazione di farmaci legalmente fabbricati e venduti,ad esempio, in Inghilterra.
Ma ancora lunga è la strada da fare mentre le strategie proibizioniste sulle droghe continuano a produrre danni immensi, umani ed economici, in tutto il mondo.
Claudia Sterzi

2 ottobre 2007

immagine di una disubbidienza civile


immagine di una disobbedienza civile


DISUBBIDIENZE CIVILI /2

perchè negarsi un tuffo nel passato, nel 2002, al tempo dei fatti?
due articoli dal vecchio caro disobbedisco


EDITORIALE


La disubbidienza civile del 7.6.2002, in Piazza del Campo a Siena, è stata dedicata alla canapa terapeutica e ad Ennio Boglino; con lui a tutti i malati privati del loro diritto alla libertà di terapia.
Ennio Boglino è un esempio di come la mancanza di regole certe possa essere generata dal proibizionismo, specie se applicato pervicacemente a fenomeni sociali così estesi da essere di massa.
Il fatto che non sia regolamentata razionalmente nelle nostre "civiltà" occidentali la circolazione di erba e di fumo ( centinaia di milioni di consumatori nel mondo ) fa sì che un malato di malattia degenerativa che soffre di dolori, così forti da resistere al trattamento con morfina farmaceutica, non ha accesso nel suo paese al Marinol, farmaco contro il dolore a base di principi attivi estratti dalla canapa, venduto nelle farmacie americane, inglesi, olandesi, ma vietato in Italia; questo è il caso di Ennio Boglino, uno dei tanti radicali che ha reso politico il suo privato dando voce e corpo alla battaglie nonviolente; è il caso di milioni di malati che sono privati della libertà di accesso ad alcune terapie per motivi ideologici, clericali, o commerciali.
Il diritto alla libertà di cura e di ricerca scientifica riguarda da vicino tutti noi, così come, più in generale, il diritto ad uno stato laico che non pretenda di cercare reati là dove non ci sono vittime e di creare vittime di reati inesistenti.

Piazza del Campo, Siena, ore 16: la manifestazione con cessione gratuita di sostanza stupefacente, annunciata dai giornali cittadini anche grazie alle vibrate proteste di Lega e di A.N., inizia con un violento scroscio di pioggia breve ma intenso; a seguire una violenta contestazione di un signore, poi risultato il noto ex fantino "Spillo", che in preda ai fumi dell'alcool, droga legale, comincia ad inveire contro di noi radicali ma viene prontamente allontanato da poliziotti in borghese.
La conferenza stampa di Rita Bernardini, presidenta di radicali Italiani, e di Giulia Simi, coordinatrice radicale di Siena, è ascoltata da: qualche decina di giovani cannabinolanti, qualche tossico, 6 o 7 poliziotti della mobile e della digos in borghese, 6 o 7 giornalisti, qualche turista e passante.
Si parla di mariuana terapeutica, di antiproibizionismo, di droghe-non-droghe, di disubbidienza civile; gli ascoltatori seguono, annuiscono, chiedono il volantino, leggono i cartelli.
Poi inizia la cessione, e in Piazza del Campo si crea un piccolo tumulto; tre o quattro poliziotti si stringono in cerchio intorno a noi ( Rita Bernardini, Giulio Braccini, io che scrivo Claudia Sterzi ), che distribuiamo bustine di carta contenenti in tutto 8 grammi di erba di ottima qualità, come poi certificato dalla perizia tossicologica; gli altri si danno alla caccia dei "riceventi" ( checchè ne dicano le cronache ufficiali, abbiamo distribuito più della metà delle bustine; io, almeno, in questura non ne ho portata nemmeno una ) e, sembra, vola qualche cazzotto; ci dispiace ma noi, disubbidienti civili, non ci prendiamo alcun cazzotto e veniamo fermamente ma molto civilmente scortati in questura dove, nel termine di un'ora e mezzo, riceviamo caffè, fanta, pepsi, perquisizione, dichiarazioni di solidarietà da questore e funzionari e, per finire, regolare verbale.
I giornalisti, considerata la noia delle province, sono raggianti: finalmente a Siena è successo qualcosa! Infatti il giorno dopo il fatto è raccontato, con discreta rilevanza e chiarezza relativamente sufficiente, su Nazione, Tirreno, Giornale della toscana, Corriere di siena, Cittadino di oggi.
Saremo riusciti con ciò a dare una smossa al Consiglio regionale toscano dove la mozione sulla mariuana terapeutica ( già approvata dalle regioni lombardia e basilicata e da altri consigli provinciali e comunali ) giace da qualche settimana ?
E a fare un piccolo passo con la battaglia antiproibizionista nonviolenta? Speriamo!
Claudia Sterzisterzi@iol.it



IO FERMATO CON LA MARIJUANA TERAPEUTICA
Dal GIORNALE DELLA TOSCANA di
sabato 8 giugno 2002

Caro direttore,

ti scrivo dalla questura di Siena, dove mi trovo (sono le ore 17.00) per aver ceduto gratuitamente della marijuana a dei passanti, in piazza del Cam­po, insieme alla compagna Claudia Sterzi e alla Presidente di Radicali Italiani Rita Bernardini. Claudia e Rita mi redarguiscono sul fatto che si è trattato di una manifestazione per la «legalizzazi­one della marijuana terapeutica» (« ... e subito! »), e io concordo in pieno, per quanto non disdegni il lato ludico della faccenda. La marijuana, infatti,«migliora il tono dell'umore» (come direbbe un medico), ma soprattutto è di utilità terapeutica in casi di glaucorna, asma, anoressia psichica e tera­pie intensive, disintossicazione da droghe pesan­ti, dolori di vario genere e natura (compresi quelli terminali), sintomatologia delle malattie degene­rative del sistema nervoso, epilessia e altro ancora.
Ebbene, questa sostanza, che non sarà miraco­losa come può far presumere l'elenco di cui so­pra, ma che comunque può lenire i dolori di milio­ni di malati, in Italia è probita, sic et simpliciter, senza nemmeno il banale distinguo fra chi ne fa uso a scopo ricreativo e chi invece ne ha effettivo bisogno (fermo restando che, per un liberale, nes­suno può proibire nulla a un terzo nel suo stesso interesse). I cartelli che portavamo al collo, du­rante la disobbedienza civile, dicevano: «No al do­lore, sì alla marijuana terapeutica», e la folla che ci attorniava era ricettiva. C'era un gruppo di ragazzi (palesemente in attesa della distribuzione), che annuivano gravi ai nostri discorsi sulla legalità. C'era una quantità di persone che ci guardavano come se fossimo pazzi («questi vogliono andare in galera»), o forse, tanto per citare Pasolini, come se fossimo «pazzi di libertà». C'erano, naturalmente, dei signori molto discreti e molto attenti, che hanno aspettato che finissimo di esporre le nostre idee ai convenuti per palesarsi nel loro ruolo di poliziotti in borghese. Quando abbiamo compiuto la cessione, gli agenti ci hanno fermato e ci hanno condotto in questura. L'applauso della folla, mentre ve­nivamo civilmente tradotti verso le macchine della polizia, è stata la soddisfazione più grande.
Ma perché siamo stati così mat­ti da farci arrestare? Perché abbia­mo deciso di portare scompiglio nella sonnolente Siena in cui (ci dice un giornalista) «non succede mai nulla»? Prima di tutto bisogna ricordare che questa non è la pri­ma disobbedienza civile per la le­galizzazione delle droghe leggere organizzata dai radicali. Senza mettersi a riproporre tutta la pap­pardella sulla «continuità radicale» in questo campo (dal '76 in poi), vorrei solo ricordare che ne­gli ultimi giorni atti di questo tipo ne abbiamo compiuti a Roma e in Basilicata. A Roma siamo stati co­stretti a denunciare la questura lo­cale per omissione di atti d'ufficio: nonostante li avessimo avvertiti, nessun agente si è presentato sul luogo del delitto. Il fatto è che amiamo tanto la legalità da disob­bedirle quando è il caso, preten­dendo in ogni caso il suo rispetto da parte delle forze dell'ordine. Perché le squadre mobili di tutta Italia son costrette a perdersi die­tro a ragazzini che si fanno le can­ne (e la marijuana non ha mai, di­co mai, ucciso nessuno) piuttosto che perseguire reati più seri. Per­ché vogliamo discutere nella sede competente, l'aula di un tribunale, della costituzionalità (o meno) di una legge proibizionista peral­tro impossibile da far rispettare. Una cosa a cui tengo moltissimo: noi non agiamo come certi sedi­centi «disobbedienti», quale il famìgerato Casarini, che prima in­frangono la legge e poi piagnucola­no di essere stati inquisiti. Noi pre­tendiamo che la legalità segua il suo corso, vogliamo cambiarla dal­l'intemo e in modo nonviolento. In questo momento io, Claudia e Rita, stiamo aspettando che i la­boratori della locale polizia accerti­no che quel che abbiamo distribui­to era davvero marijuana. Quan­do verremo rilasciati, ci batteremo perché il processo abbia luogo, sperando che stavolta ne venga fuori un verdetto minimamente coerente: nei casi precedenti, infatti, siamo stati a volte assolti «per l'alto valore morale dell'atto», altre condannati, per lo stesso identico reato; il tutto alla faccia della certezza del diritto. Intanto, gli stessi agenti che ci hanno portato qua in questura ci esprimono solidarietà, in alcuni casi ci dànno ragione al cento per cento. «Vi abbiamo fer­mato perché è nostro dovere far rispettare la legge». E uno di loro ci racconta di come suo padre sia morto di cancro, fra atroci soffe­renze, senza poter lenire il dolore con farmaci insensatamente proi­biti. Mentre lo stesso questore, Sal­vatore Festa, ci viene a trovare un attimo e saluta le signore con per­fetto baciamano. Un grazie a loro, a quanti vorranno unirsi a noi (e a loro) in questa lotta per la legalità, e a lei, caro direttore, per l'attenzione.

Giulio Braccini

DISUBBIDIENZE CIVILI / 1

Bernardini sotto processo: domani il Tribunale di Siena deciderà la sorte della Segretaria di Radicali Italiani e di altri due militanti
a cinque anni di distanza dall’atto di disobbedienza civile in Piazza del Campo
2 ottobre 2007

Era il 7 giugno di cinque anni fa quando Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini venivano fermati per aver distribuito piccole dosi di marijuana nella piazza del palio a Siena. Quella disobbedienza civile, in particolare, aveva come obiettivo la legalizzazione della marijuana terapeutica utile per contrastare la nausea e il vomito provocato dai farmaci chemioterapici e lo stato di inappetenza nei malati di AIDS, oltre che agli spasmi provocati dalla sclerosi multipla e per curare il glaucoma.
“Le leggi italiane continuano ad avere l’impronta di uno Stato proibizionista – afferma alla vigilia del processo Rita Bernardini - che però ipocritamente incassa i proventi di altre droghe come le sigarette e i superalcolici per non parlare degli psicofarmaci prescritti a go-gò a milioni di italiani da medici generici e persino pediatri.”
La Segretaria di Radicali Italiani, che domani verrà processata dal Tribunale di Siena per aver distribuito marijuana in Piazza del Campo, non ritratta anzi insiste: “Sono anni, ormai, che i radicali si battono per la legalizzazione delle droghe, non solo per evitare spaccio e delinquenza, ma anche per snellire il sistema giudiziario da un’interminabile serie di processi. Basti pensare che i fatti di cui verrò accusata domani sono accaduti nel 2002!” Come la Segretaria, così anche gran parte del gruppo dirigente radicale, a cominciare dal leader Marco Pannella, ha subito nel corso degli anni di militanza condanne e processi per atti di disobbedienza civile, finendo in alcuni casi anche in galera (Pannella, Cappato, Luigi Del Gatto).
Ricordiamo che le disobbedienze civili dei radicali italiani per cambiare la legislazione vigente sulla droga, hanno coinvolto, dal 1995 ad oggi 43 persone. Di queste, 14 sono state condannate in via definitiva, 17 assolte in via definitiva, 8 sottoposte a misure di restrizione delle libertà personali, 9 hanno tuttora procedimenti in corso. In seguito alle sentenze definitive, 13 persone non possono più candidarsi alle elezioni regionali, provinciali, comunali.

28 settembre 2007

DIRITTI DELLE DONNE ED EMANCIPAZIONE DEI POPOLI


Vedo scorrere in televisione le immagini che in questi giorni focalizzano la nostra attenzione lì, dove centinaia di monaci scalzi conducono una azione nonviolenta destinata alla repressione. Che cosa sappiamo della Birmania?
Non avevo mai notato un grande interesse per la Birmania; non ricordo notizie, informazioni, documentari; sono i birmani che sono riusciti a attrarre la nostra attenzione. Però un’ associazione mi frullava nel cervello, qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco, ma aveva a che fare con la crudeltà e con i diritti delle donne.
Poi mi sono ricordata, e ancora una volta ho compreso gli effetti miracolosi della rimozione sociale, perché certe cose è meglio scordarle.
Durante i due anni passati a studiare, per una tesi in sociologia dei processi culturali, il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, mi sono occupata, per una comparazione antropologica, di altre forme di violenza estrema sulle donne; gli esempi non mi sono mancati, dalle donne pakistane sfigurate con l’acido da mariti un po’ nervosi alle ragazze giordane bruciate vive da zii e cognati perché disonorate.
Fra ciò che si può perdonare a Mao Tze Dong ( o Tung come usava prima ) c’è certamente la incisiva eradicazione della mutilazione e deformazione dei piedi delle bambine, pratica durata per due millenni; la stessa cosa non si può dire del governo birmano, che ha trasformato le donne giraffa in una attrazione turistica e occasione di lavoro.
Le donne Padaung, Birmania, fino dai 5 anni vengono forzate all’ allungamento del collo a dismisura con l’ uso di una serie di magnifici anelli di ottone aggiunti con il passare degli anni, fino a 30 cm. di lunghezza e una dozzina di chili. La simpatica tradizione, descritta nei pieghevoli pubblicitari e nelle pagine web delle agenzie di viaggi, simboleggia l’assoluto dominio dell’ uomo sulla donna; un marito geloso e furibondo può segare e togliere gli anelli alla donna sospettata di adulterio, condannata a morte certa per soffocamento perché la trachea liberata dal sostegno artificiale non è più in grado di sostenere il peso e i muscoli del collo dopo tanti anni sono atrofizzati. Oggi è uno dei pochi lavori che una donna Padaung può fare: la donna giraffa per i turisti. Da tutto il mondo occidentale migliaia di viaggiatori non mancano di includere nei tour del sud est asiatico una visita nei villaggi Padaung dove migliaia di foto vengono scattate e riportate in patria per farle vedere agli amici.
Senza correre a facili e banali conclusioni, si può osservare che là dove i diritti delle donne sono calpestati vergognosamente nel silenzio di tutti il livello di violenza e autoritarismo è alto; non è un facile determinismo, ma un fatto sociale, che i diritti delle donne e dei minori e perché no? degli animali vanno insieme ai diritti umani in generale.
E’ inutile e controproducente rimuovere, nella falsa emancipazione occidentale, lo stato penoso dei diritti delle donne e dei bambini in gran parte del mondo. L’ indifferenza oltre a non aiutare nessuno genera mostri sociali, come questa giunta birmana che coperta da cina e russia concede a malapena e obtorto collo, è il caso di dire, l’ingresso a un inviato onu.

27 settembre 2007

festa


oggi si festeggia il testo la data la faccia in maniera totalmente patafisica nonciodimenoche immaginaria

si festeggia gli imbarazzi le passioni l'ombra di ciascuno di noi

i portoghesi i polacchi i birmani

un fritto misto di diritti umani

che cosa è primario che cosa secondario e poi perverso

questo grande grande grande disegno di topor ci sta bene




25 settembre 2007

LUNEDI' SCORSO


ROBA DA PAZZI / Una tranquilla giornata di sciopero della fame
di Claudia Sterzi

Il lunedì mattina mi faccio svegliare dalla Voce: l’insieme di due delle voci maschili da me preferite impastate con l’odore di nicotina che arriva dalla radio ha la magica facoltà di cullarmi nella notte accompagnandomi nei sogni e parimenti di ridestarmi incitata all’azione la mattina presto.
Il primo pensiero non può essere altro che il fatto di essere in digiuno: è una condizione che non sfugge al corpo che per pochi attimi. Da due settimane.
Da oggi di nuovo a oltranza; inutile affannarsi a spiegare che cosa vuole e che cosa non vuole dire l’oltranza. Fatto sta che non si mangia uguale; il digiuno si può anche affrontare con un sorriso e con la gioia di fare una azione reale, quello che con il sorriso non si può affrontare è la nidiata di serpenti che si aggroviglia tutto intorno alla moratoria, con il palese scopo di strangolarla in culla.
Prima l’ eurotauro, cioè la burocrazia europea che non ha ad oggi rivali in lentezza e scarso rendimento effettivo; poi l’ esasperante elefantiasi di tutti coloro che vogliono metterci il cappello sopra e la firma sotto; la Polonia con i suoi simpatici richiami all’eutanasia e all’aborto, che mi ricordano tanto i paralleli tra coppie di fatto e pedofilia, tra aborto e terrorismo; il Portogallo che si impadronisce del “testo che non c’è” e se lo sbertuccia a modo suo. Un manicomio.
Al centro del dibattito politico, secondo il tg3, l’”antipolitica di Beppe Grillo”; “un’ottima idea”, dice Di Pietro, e che altro dovrebbe dire, da bravo poliziotto?
Sul forum radicale inserire notizie sulla moratoria provoca immancabilmente l’intervento dell’ Arpia che scacazza su tutto fuorché su Capezzone.
Certamente una realtà aliena, un forum parolaccia, un luogo dove si sfogano i rancori di tutti coloro che sbagliarono il Partito con la famiglia e viceversa, un manicomio senza pari. C’è addirittura un topic intero sull’interpretazione autentica di che cosa vuol dire Pannella quando invita a rispettare Capezzone conoscendo ciò che fa; proposizione etimologicamente più che corretta, di una chiarezza, più che patente, lampante.
Una realtà aliena, ma non più aliena di quella che vivo, impegnata nel quotidiano sulla moratoria senza che ne parli nessuno se non io.
Sul forum trovo però anche una bella notizia dal compagno Benedetto che da oggi inizia un digiuno indiano purificatorio, in appoggio anche a noi di nuovo oltranzisti; io trovo che se ne sentiva il bisogno e lo ringrazio.
La vita radicale toscana,vista attraverso la mailing list aperta, è a dir poco vivace. Sulla cionesca vicenda dei lavavetri, che solo il Cioni si poteva inventare, in toscana abbiamo avuto ben due iniziative radicali: troppa grazia! Una disubbidienza civile radicale classica sulla legittimità del provvedimento, attuata da Donatella, Brava!, Poretti, e una lettera al Sindaco di Firenze, soprannominato Venerdì e diventato Domenica ( capisco che qui c’è un po’ di ermetismo, ma il pezzetto di cronaca locale è per addetti ). Non ricordo più chi ha dato il via al dibattito, ma i Tamburini dicono che a lavare i vetri non ci sono andati perché non li avevano invitati; di fronte alle garbate frecciatine di Donvito Bau, baciamo le mani, si è sentito inclinato ad intervenire anche il nostro inviato all’ Onu, delegato per il governo della toscana radicale, Sua Reverendissima Grazia e Giustizia Matteo Mecacci, baciamo le mani pure a lui.
Maledetta toscana! Patrimonio dell’ Unesco e di tutti fuorché dei toscani, espressione di eccellenza sia nel bene che nel male; veramente maledetta con il suo governo inamovibile e conseguente blocco globale, con i suoi splendori terminali; con le sue relativamente numerose e floride associazioni radicali, ognuna per se stessa, tutte contro tutte.
Ci mancava solo decideretoscana.net, potevamo farne senza?
Intanto, mi immagino, gli addetti ai “lavori” di apertura dell’ Assemblea Onu, fra pranzi di affari e cene di incontro si stanno mangiando le risorse che noi radicali non abbiamo; stanno bellamente facendo passare tempo, perdendolo, forse solo perché non hanno niente da perdere. O perché pensano che è giusto che la pena di morte ci sia, ma non hanno neanche il coraggio di dirlo e sostenerlo. O perché sono pagati dai produttori di seggiole elettriche. O tutte queste cose insieme, con in più la possibilità che sia anche perché sono proprio ignoranti, e non hanno idea delle procedure necessarie per proporre una risoluzione all’Onu.
Che cosa possiamo fare? Oltre a limitarci a digiunare, autofinanziarci e dialogare con le amministrazioni locali perché firmino appelli e illuminino monumenti.
Che cosa possiamo fare perché i cittadini italiani godano del loro diritto ad una informazione libera e corretta? Non è bastato neanche che sei radicali guastatori occupassero la sede Rai per giorni e notti; forse non dovevano più uscire perché delle belle promesse c’era poco da fidarsi. Forse noi oltranzisti non dovevamo sospendere lo sciopero e morire di fame nel silenzio generale, magari per ferragosto! Anche se ci mettessimo accampati in sciopero della fame permanente davanti ai palazzi del governo si troverebbe il modo di cancellarci.
In tutto questo manicomio globale perché non rallegrarsi delle notizie dalla Cina? Che sia per via delle Olimpiadi, che sia per la necessità di tenere aperto un dialogo con il resto del mondo, il Partito comunista cinese ha dato una svolta formale in direzione contraria alle esecuzioni capitali. Stessa cosa, anche se con altre modalità, in Texas dove pure il governatore si era tanto agitato sul suo diritto di ammazzare chi gli pareva a casa sua.
Alla fine i nemici della moratoria, oltre ai paesi islamici fondamentalisti e produttori di petrolio, sono proprio le resistenze interne al gruppo proponente e sponsor. La moratoria delle esecuzioni capitali è così bella che tutti vogliono poter dire: è figlia mia! E, come nella parabola del re Salomone, sono disposti a farla a pezzi: meglio morta che di un altro!
Per me, la risoluzione può presentarla il Portogallo, il Ruanda, il comune che so? di Radicondoli, può presentarla chi vuole: ma che sia in grado di presentarla all’apertura, come da impegni presi. Non ha forse preso l’impegno il Governo italiano di fronte al suo Parlamento? E il Governo europeo non si è forse impegnato con il suo Parlamento? Che cosa stanno combinando a spese nostre?
La sera i telegiornali scorrono senza lasciare traccia: nel mondo, a sentir loro, non accade nulla. Prodi è sveglio come un grillo, Madonna ha adottato un’ altra bimba e la Seredova è incinta.
Penso ai solitari radicali che digiunano ognuno a casa sua, molti sperduti nelle province italiane, con lo sguardo saldo alla meta della moratoria. A tutti quelli che per la moratoria stanno lavorando in tutto il mondo. Mi appaiono, scusate la retorica, come punti di luce.

S.A.R.


CONSULENZA SOCIOLOGICA / Segue fattura

di Claudia Sterzi


La definizione della metodologia nelle scienze sociali è ancora oggetto di discussione; non è possibile applicare alle scienze sociali le stesse teorie di ragionamento scientifico e categorie di esperimento che si applicano alle scienze fisiche.
Ciononostante la ricerca antropologica e sociologica e la comunità scientifica sono andate avanti brancolando un po’ nel buio, dotandosi di temporanee regole di indagine provvisorie, quindi non rigide, ma, facendo esperimento anche di questa esperienza, consolidate da decenni di pratica.
Una delle regole fondamentali della ricerca antropologica ( anche sulla differenza tra antropologia e sociologia il discorso è aperto ) è la cosiddetta osservazione partecipante. Si tratta di mantenere un equilibrio tra il coinvolgimento e il distacco, fra l’ “immersione nel campo” e la “visione oggettiva”, e di saper cogliere anche in se stessi quelle divisioni pregiudiziali del mondo che renderebbero l’osservazione parziale: in linguaggio tecnico, oggettivizzare il soggetto.
Solo una simile disposizione permette di cogliere i fatti sociali nella loro configurazione effettiva; questo concetto viene ripetuto a sfinimento nei corsi universitari, anche se la ripetizione non garantisce la comprensione. E’ in realtà un concetto importante; ha recuperato l’antropologia dalle paludi dell’eurocentrismo e ha aperto alla sociologia la possibilità di proseguire oltre l’analisi di idealtipi.
Così se si vuole indagare sulla rimozione operata dai media nei confronti del popolo radicale, è necessario un certo coinvolgimento, grazie al quale si evita di dire sciocchezze come Franceschini, ( di recente, intervistato a RR, ha sostenuto che Marco Pannella non ha bisogno di visibilità, anzi ne ha anche troppa, dato che tutto ciò che fa lo fa solo per apparire ), e un certo distacco, che allontani il rischio opposto del vittimismo irresponsabile.
Di rimozione sociale si parla in effetti non da molto; il termine rimozione, trasferito dal linguaggio psicologico, a livello sociale consiste nella distruzione di blocchi interi di informazione, vuoi filtrati individualmente, vuoi selezionati all’origine con meccanismi automatici o controllati.
La rimozione non avverrebbe affatto per un semplice sovraccarico di informazione, come si era ritenuto fino ad ora, ma sarebbe frutto di una selezione mirata che individua “pensieri molesti” e “ciò di cui non si deve parlare” ancora prima che arrivino alla consapevolezza, personale o sociale che sia.
Non c’è bisogno di un grande vecchio per dare l’ordine di rimuovere i radicali dai media, bastano alcuni input ben distribuiti e poi l’ingranaggio si attiva da sé, penetrando nei meccanismi della riproduzione sociale quotidiana. Già il fatto che i radicali si occupino di molti temi rimossi socialmente, come la fame nel mondo, o l’eutanasia, tutti i fenomeni clandestini, o le mutilazioni genitali, genera un effetto di naturale rifiuto.
Che i radicali siano esclusi dai media è una certezza che viene dai dati del Centro d’Ascolto; anche se, grazie alle premeditate azioni di Daniele Capezzone, i dati di presenza del 2006 e 2007 sono falsati dalle sue presenze a titolo personale.
Non solo la rimozione opera, nella esclusione stigmatizzante dei radicali: spesso, quando l’informazione viene data, è incompleta, manipolata, caricaturizzata ecc.; parte del linguaggio viene letteralmente rapinato e attribuito ad altri, come è successo al termine radicale attribuito alla “sinistra radicale” o addirittura “ ala radicale del Governo”, intendendo sempre la sinistra che un tempo era semplicemente estrema.
Un’ interazione non si consuma mai da sola; anche gli esclusi sono parte dell’esclusione.
Senza scomodare la sociologia dei gruppi, è evidente che un gruppo escluso sviluppa strategie di rafforzamento interno, che se promuovono il senso di appartenenza e la spinta identitaria ottengono anche l’effetto di aumentare le distanze dagli escludenti, che in genere non aspettano altro.
Se poi si aggiunge una vita interna al gruppo a dir poco vulcanica si capisce che i radicali non possono dimenticarsi oltre del Caso italia.
Una parte minoritaria del gruppo radicale ha piena coscienza della centralità del tema; i radicali mancano non solo dai telegiornali, ma anche da tutto il palinsesto televisivo e di stampa. Abbiamo visto uno speciale su Enzo Tortora senza che si parlasse della sua militanza; idem per Pier Paolo Pasolini e per Leonardo Sciascia. Si parla e si discute di finanziamento pubblico ai partiti, testamento biologico, libertà di ricerca scientifica, senza invitare i radicali. Si rimuove la storia radicale dai programmi delle facoltà di scienze politiche tanto che a Firenze è possibile laurearsi in scienze politiche senza averne sentito mai parlare, se non per la buona sporadica volontà di un assistente giovane o di uno studente anziano. I radicali sono esclusi dal Senato, dalla storia, dalla cultura, dai mezzi di informazione e a volte, purtroppo, si escludono anche uno con l’altro.
Un’ altra parte dei radicali dà la colpa a Marco Pannella, e personalizza il problema, che tanto personale non è, se ricordiamo le censure che hanno colpito Luca Coscioni e colpiscono oggi l’operato al Governo di Emma Bonino; o l’anatema lanciato su Rita Bernardini, rea di averle cantate e suonate ai giornalisti fin dall’avvio del suo discorso di insediamento come Segretaria di Radicali Italiani, trattandoli da scribi e farisei ipocriti quali sono.
Marco Pannella gode di un veto particolare aggiunto, è vero. E’ vero anche che tirar fuori gli scheletri dagli armadi degli altri non ti rende simpatico a chi ne ha tanti, e, come ha detto un parlamentare intervistato da Radio Radicale “ non si può invitare Pannella senza che si metta a parlare di palermitani e corleonesi “.
Questo indica anche la paura e l’ignoranza di chi lo ha detto, del quale non ricordo il nome, che non conosce il popolo che governa; se facesse un giro in autobus o in qualcun altri dei miseri luoghi dove si consuma la vita della normale e povera gente, dei nostri indios, come li ha chiamati Amato, scoprirebbe che il trucco dei ladri di Pisa ( litigavano di giorno e andavano insieme a rubare di notte ) è ormai scoperto e svelato in tutti i suoi aspetti, e che i governati sono astuti quanto i governanti; solo, hanno meno risorse, privilegi e tempo da perdere.
Piuttosto, i radicali stanno a dimostrazione vivente della falsità del teorema craxi-amato che tutti rubavano, dell’ eccezione al teorema popolare che i politici sono tutti uguali, teorema che discende dal precedente dei ladri di pisa.
Altri radicali non danno importanza alla questione, perché sono fortemente presi e coinvolti dalle azioni che portano avanti, caso Italia o no; magari pensano anche che sia meglio presentarsi alle elezioni da soli, né con questa destra né con questa sinistra, e pace se non si entra nei palazzi; forse non considerando che un soggetto politico è politico in quanto accetta di assumersi responsabilità di Governo.
Senza contare, in questa iniziale disanima delle sottocategorie del gruppo radicale, gli infiltrati e le lingue biforcute.
Alla fine non è vitale capire ora se il muro costruito tra i radicali e l’opinione pubblica è istituzionale o è un meccanismo sociale autoriprodotto, molto più vitale è trovare un accordo nel definirlo e tentare le possibili strade per abbatterlo.

S.A.R. ( Società di Antropologia Radicale )

7 settembre 2007

dal due settembre . . .


c'è una certa stanchezza in questa battaglia perchè tutti spergiurano di non volere altro che la moratoria ma i rimandi e i temporeggiamenti hanno dimensioni estenuanti perchè non si combatte contro un aperto nemico ma contro i nemici mimetizzati nelle burocrazie e nel buonsenso perchè il silenzio dell'informazione è totale e avvolge nella sua impenetrabile nebbia le ragioni e la ragione

         wake me up when september ends

3 settembre 2007

viva viva


GIORNO UNO ( E TRE! )


Istituzionalmente parlando, oggi è il primo giorno del nuovo sciopero della fame, non ad oltranza per ora, che ho ritenuto di onorare con un articoletto sulle comunità di recupero, partendo dal caso di Don Pietro detto Pierino Gelmini, che a forza di pane mortadella e mele ( nessun intento di dileggio, se lo dice da sè! ) si è piazzato a capo di una holding del proibizionismo. E chissà che ci sta a fare anche in Thailandia e Bolivia. Il primo giorno ormai passa come per incanto, non importa neanche pensare a chi non può scegliere se mangiare o no, venerdì abbiamo avuto una riunione sulla moratoria nella quale mi sono miseramente accortocciata nelle mie parole producendo un intervento che non esito a definire di merda e che sono comunque riuscita a portare in fondo nonostante il vuoto pneumatico nel quale il mio cervellino di gallina è sprofondato mentre pannella mi guardava con i suoi begli occhi azzurri.
La moratoria secondo me è messa male, male malino. Io poi non se ne parla.

DON PERIGNON


DON GELMINI EMPIRE
di Claudia Sterzi

Don Michele Santoro ne sa una più del diavolo; sapeva bene quello che faceva quando, nel maggio scorso, ha dedicato una parte del suo programma, Anno Zero, a Don Cantini e in particolare a una delle sue “predilette pupille”, che si è prodotta in un outing intenso e mi auguro per lei terapeutico. La sua sofferta testimonianza, punteggiata da particolari scabrosi, ha portato alle stelle l’audience ma non ha fornito informazione corretta sul fenomeno, tutt’altro che isolato e saltuario, delle violenze fisiche e psicologiche compiute da uomini di chiesa su minori o comunque su giovani affidati alle loro sollecite cure; effetto che, a giudicare dalla selezione degli ospiti, era voluto e non secondario.
Comunque la si pensi, scrivere di questo argomento comporta una serie di riflessioni preventive che vanno dal garantismo nei confronti di presunti innocenti al dovere giuridico di tutelare i minori, dal rischio di accanimento anticlericale a quello di omertà corporativa.
Da quanto ne può sapere dai media un cittadino qualunque, le accuse di abusi lanciate su Don Pierino Gelmini da due ex ospiti della comunità Incontro, non hanno altro fondamento che le stesse due testimonianze, non molto credibili di fronte alla parola del sant’uomo, che da anni lavora nel recupero di tossicodipendenti, malati di aids e sbandati vari.
Alcuni politici, Gasparri in testa, si sono schierati a difesa pregiudiziale di Don Pierino; pregiudiziale perché, se non possiamo avere certezza del suo reato se non da indagini e giusti processi, non possiamo neanche presumere una calunnia prezzolata dei due ragazzi solo perché tossicodipendenti, ex o no che siano.
Inoltre l’eventuale abuso di un ragazzo in comunità non è un reato minore, anzi è aggravato dall’autorità che il responsabile esercita e dal suo potere di ricatto che gli permette di rispedire in carcere chi non tragga giovamento dalla vita comunitaria.
Il rischio di cadere nel linciaggio mediatico è presente, ma anche quello di lasciare in mano centinaia di giovani in condizioni di disagio a un eventuale prete pedofilo che esercita una carità a dir poco pelosa non è da meno; questo, nessuno è venuto in televisione a dirlo.
Il sito di Don Gelmini ne celebra in modo stucchevole la vita e le opere: umile nel suo servizio agli ultimi, poverello come San Francesco, tanto che sostiene di essersi nutrito a lungo a “pane, mortadella e mele”, si narra come la sua missione sia nata dall’incontro con un tossicodipendente di strada. Da quel giorno la parola d’ordine del Don diventa “vieni, ti porto a casa mia” e la rete di comunità Incontro, oggi dotata di sedi in tutta Italia e nel mondo, con lo “scopo sociale di assistenza ai tossicodipendenti, alcolisti, anziani, portatori di menomazioni psichiche e fisiche ed a quanti siano emarginati, abbandonati od in particolari condizioni di necessità” ( 164 sedi residenziali in Italia e 74 sedi residenziali in altri Paesi: Spagna, Francia, Svizzera, Slovenia, Croazia, Thailandia, Bolivia, Costa Rica, Brasile, Stati Uniti, Israele ), di un giornale ( Il Cammino ), di una rete tv ( Tele Umbria Viva ), comincia a prendere forma.
Ma se si digita il nome di Don Gelmini su un motore di ricerca internet, un’altra realtà appare, una realtà che non è certo da prendere per oro colato, ma pure merita attenzione per alcuni aspetti.
Non sono solo pettegolezzi e voci anonime quello che si trova; parla la cronaca giudiziaria, parlano articoli di giornalisti con nome e cognome.
Il nostro monsignore, come si fa chiamare, è stato inquisito e condannato per truffa, emissione di assegni a vuoto e bancarotta fraudolenta insieme al fratello, Padre Eligio, negli anni ’70; la storia, contornata di festini, ville lussuose e jaguar in giardino ( pane e mortadella? ) fece ai suoi tempi un bello scandalo. Fuggito alla giustizia si rifugiò in Vietnam, dove fu accusato di essersi appropriato indebitamente di altri patrimoni. Tornato in Italia ha scontato quattro anni di carcere venendo spesso tenuto in isolamento dal direttore del carcere perché “troppo promiscuo”. Niente che dimostri un reato d’abuso, certo, ma elementi pertinenti all’analisi tanto quanto la versione ufficiale rose e fiori.
Pagato il debito con la giustizia, Don Gelmini viene scagionato da altre accuse, sempre patrimoniali, ed ha la fortuna di incontrare generosi donatori ( uno degli ultimi, Berlusconi, gli ha staccato un assegno con tanti zeri ) che lo aiutano e costruire la rete comunitaria, esente ici e godente di finanziamenti statali cospicui. Il fratello gestisce la rete di comunità Mondo X e un resort di lusso “La frateria di Padre Eligio”, esente ici ecc.ecc.
Parlano anche le presunte vittime. Qualcuna in forma anonima, ma altre con nome e cognome; i racconti comprendono elementi simili, gli stessi presenti nelle testimonianze delle vittime di Don Cantini: scelta di soggetti variamente deboli, a basso potenziale di denuncia legale e pubblica, coercizioni psicologiche, mescolarsi di abusi fisici e rituali religiosi, oculata gestione del dopo abuso.
Si può capire che se non ci fossero Don Gelmini, Padre Eligio, Muccioli, e compagnia credente non sapremmo come affrontare quell’emergenza che le strategie proibizioniste producono.
Si può capire come la società italiana preferisca chiudere gli occhi e affidare il recupero al chiuso delle comunità, piuttosto che affrontare il problema, ma un effettivo e continuo controllo su chi gestisce i miliardi che girano intorno a tali comunità e soprattutto la vita di tanti giovani è doveroso.
Dovrebbe capire e condividerlo anche Don Gelmini. Invece la sua reazione è stata invelenita, scomposta e poco caritatevole; si è scagliato sui ragazzi divulgando ai quattro venti la loro qualità di tossici e ladri, disposti a vendersi per due denari, ha gridato al complotto ebraico – massonico – radical chic, al linciaggio mediatico.
In attesa del proseguimento delle indagini, ecco, per curiosità, la lista delle onorificenze che l’umile servitore degli ultimi si è conquistato, e che fanno bella mostra nel suo sito:
Esarca Mitrato del Patriarcato di Antiochia e tutto l'Oriente, nella Chiesa greco-melkita cattolica,
Premio Internazionale "Marcello Candia 1985""Albero d'Oro" (Roma, Campidoglio 15 dicembre 1990)Premio "Albert Schwaitzer", della Fondazione Johann Wolfgang von Goethe de Bâle (Strasburgo, 10 giugno 1992)Distinzione "Servitor Pacis" della Path to peace Foudation", che sostiene la Missione permanente della Santa Sede all'ONU (New York, 15 giugno 1999)
Commendatore al merito, della Repubblica italianaCavaliere dell'Ordine Equestre della Santa Croce di Gerusalemme (29 giugno 1969)Maggiore Garibaldino e Primo Cappellano della Legione Garibaldina (21 ottobre 1974)Cavaliere di Gran Croce del Reale Ordine Cavalleresco Militare di San Casimiro (29 giugno 1980)Gran Comandante dell'Ordine di Georg Whasington (New York, 25 novembre 1981)Membro della "Honor Legion of the Police Department City of New York" (4 luglio 1983)Commendatore dell'"Orde del Merit" del Principato di Andorra (24 dicembre 1986)Onorificenza di 1a classe del Nobilissimo "Ordine della Corona di Thailandia", da S.A.R. il re Bhumibol AdulyadejLaurea ad honorem in Pedagogia dell'Università degli Studi di Lecce (17 ottobre 1995)Diploma del Governo del Distretto Federale di Brasilia (17 dicembre 1996)Decorazione "Andrés Ibañez" della Prefettura di Santa Cruz (Bolivia)Ufficiale dell'Ordine del "Condor de los Andes", dal Presidente della Repubblica di BoliviaMedaglia al merito per servizi umanitari, del Governo municipale di Santa Cruz de La Sierra (Bolivia)Decorazione "Bandera de Oro", del Senato Nazionale della Repubblica di Bolivia (21 ottobre 1998)Collare dell'Ordine patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme che porta il nome dell'Apostolo Paolo (riservato agli alti prelati), conferito da S.B. Maximos V il 29 giugno 1999.

31 agosto 2007

DUBITO

DUBITO

Non sono state affatto incoraggianti le parole di Romano Prodi, intervenuto ieri alla presentazione del rapporto annuale di Nessuno Tocchi Caino.
Prodi ha parlato di una dura battaglia civile, di una bandiera culturale; di speranza, di mancanza di certezze, di rischio.
Si è mostrato incerto e dubbioso sull’istanza di moratoria, rispetto a quella di abolizione, e non ha fatto parola sul sostegno che altri sponsor, al di fuori dell’Unione Europea, hanno offerto.
I telegiornali della sera hanno posto un forte accento sul caso Foster, un caso di condannato graziato sulle migliaia che ogni anno nel mondo non vanno a finire altrettanto bene.
Il tg2 ha montato uno strano servizio che iniziava con prodi intervistato per la strada, proseguiva con qualche istante di intervista a Sergio D’Elia, finiva con una dichiarazione d una responsabile di Alleanza Nazionale sulla necessità di boicottare Yahoo per il suo comportamento rispetto alla censura cinese dell’accesso a Internet.
Dubito; sarò prevenuta, sarò azzardata, ma dubito. Anche perché, come ha ricordato Marco Pannella, lo stesso Prodi ha speso parole simili fino dal 2003, senza che alle parole sia seguita l’azione necessaria alla presentazione della Risoluzione all’Onu.
Mi pare che ora come non mai tutti coloro che sono sinceramente impegnati per questo obiettivo abbiano bisogno del sostegno della nonviolenza.

30 agosto 2007

DI NUOVO GIORNO UNO

Oggi, 30 agosto 2007, riprendo lo sciopero della fame a oltranza, sospeso lo scorso 18 giugno per onorare la straordinaria risposta all’appello per la moratoria delle esecuzioni capitali; sciopero della fame come azione nonviolenta di dialogo e sostegno a quanti si sono impegnati a presentare la Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali al voto nell’imminente apertura dell’ assemblea Onu.

29 agosto 2007

istruzioni per l'uso

naturalmente viene prima la lettera di Vecellio, poi le risposte di Rana e mia.

LETTERA AGLI OLTRANZISTI E NON SOLO DI V.VECELLIO

Lettera ai miei compagni “oltranzisti” (e naturalmente non solo a loro)

di Valter Vecellio
Mettetevi comodi, dobbiamo parlare. Ma prima è forse opportuno che si sappia che sto covando una grossa e crescente irritazione. Quando abbiamo deciso di interrompere la nostra azione nonviolenta e di smettere di nutrirci – come facevamo da settimane – con cappuccini e spremute di arancia, un po’ tutti eravamo consapevoli che si concedeva a Romano Prodi e Massimo D’Alema un’apertura di credito che forse non meritavano. Avevano dato assicurazioni, avevano mostrato di comprendere, avevano garantito che avrebbero meritato la fiducia che si accordava loro cessando il digiuno, e che avrebbero corrisposto a quanto oltre cinquanta premi Nobel, Parlamento Europeo e Parlamento Italiano indicavano, e chiedevano loro di fare. In fin dei conti, conveniva anche a loro, a Prodi e a D’Alema: se l’Italia avesse guidato lo schieramento per la moratoria, e se l’assemblea delle Nazioni Unite questa proposta – che già oggi è accolta dalla maggioranza degli stati membri – avesse approvato per la moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo, a farsene lustro e a incassare i “dividendi” politici della cosa, non sarebbero stati proprio loro? Prodi e D’Alema? Roba, non si esagera, da premio Nobel per la Pace.

E invece? Invece nulla. Giorno dopo giorno, è trascorso il mese di luglio, stiamo per archiviare quello di agosto. E sul fronte moratoria, cosa sta facendo il Governo, e soprattutto: cosa intende fare? E vengo alle due cose che mi hanno procurato (e tuttora me ne procurano) irritazione. Doveva essere organizzata una manifestazione con i premi Nobel a New York. A quanto pare non se ne farà nulla; e non per indisponibilità dei Nobel, o per le alte spese che la cosa può comportare, o altro motivo. Semplicemente non se ne farà nulla perché nulla è stato fatto. Bello vero? Marco Pannella ed Emma Bonino hanno inviato una lettera a Prodi e D’Alema. Lo stesso Pannella lo ha raccontato, in almeno due puntate della sua trasmissione domenicale a “Radio Radicale”. Lettera di cui non è stato divulgato il contenuto, ma che evidentemente riguarda la questione moratoria. Non è la prima lettera; se abbiamo capito bene, in precedenza ce ne erano state altre due. A nessuna di queste lettere si è risposto. Indice, perlomeno di maleducazione.

Bene: che il governo Prodi, sia preoccupato di regalare ogni giorno pacchi di voti allo schieramento di centro-destra grazie a dichiarazioni d’intenti uno più dissennato dell’altro, è cosa che dovrebbe innanzitutto inquietare Fassino, Rutelli, i vertici e i dirigenti dei DS e della Margherita. Un governo che non ha molte medaglie da esibire a un’opinione pubblica scontenta e perplessa, non riesce a comprendere che vincere sulla moratoria e guadagnarsi questo ruolo a livello internazionale, non può che essere un formidabile ricostituente; preferiscono invece confermare di non saper fare le cose giuste, mentre fanno benissimo quelle cose sbagliate. Ma non è, evidentemente, problema del solo governo Prodi. Personalmente non sono disposto – e credo che non si debba essere disposti come collettivo degli oltranzisti, e come radicali – ad accettare questa situazione di lenta, inesorabile inedia, che rischia di allontanarci ancora una volta da un obiettivo che sembrava a portata di mano. Poi c’è anche una questione di forma: che non si sia neppure accusato di aver ricevuto la lettera di Pannella e Bonino è sem-pli-ce-men-te offensivo. Si offende Pannella, si offende Bonino, si offende ciascuno di noi.

Come si dice: inermi, non inerti. Sapevamo in partenza che non sarebbe stato né semplice né facile. Non per un caso abbiamo avuto cura di dire che si era conseguito un importante successo, ma non si poteva parlare di vittoria. Bene: se ne dovrà evidentemente parlare, discutere; precisare percorsi e strategie; ricominciare a tessere e a consolidare alleanze.

Volete sapere se sono arrabbiato? La risposta è sì, sono molto arrabbiato; e pazienza se questa non è una categoria politica. Sono molto arrabbiato perché le esecuzioni capitali proseguono in Cina e in Iran, in Giappone e negli Stati Uniti. La moratoria forse non avrebbe impedito quei delitti, ma chi li compie si sarebbe sentito forse meno potente, più”solo”. Il governatore del Texas forse avrebbe risposto all’Unione europea in modo più gentile, non da arrogante come è stato. Sono molto arrabbiato perché nonostante promesse ed assicurazioni l’ente radiotelevisivo di Stato tutto fa, ma non produce informazione corretta; sono molto arrabbiato con me stesso, perché forse siamo stati troppo fiduciosi e abbiamo perso tempo prezioso.

“E’ giunto il tempo di affrontare il passaggio decisivo per portare a compimento la nostra iniziativa: la moratoria universale delle esecuzioni capitali”. Lo scrive Romano Prodi, nella prefazione al “Rapporto 2007” di Nessuno tocchi Caino sulla pena di morte nel mondo. Se è giunto il tempo, cosa si fa, si intende fare, si è fatto? Per nostra parte, credo che si dovrà riprendere quel che è stato interrotto. Presto.

gli operai rientrano al cantiere dopo le ferie . . .


RISPOSTA DI MICHELE RANA A VALTER VECELLIO
Moratoria, è prudente decidere di riprendere il digiuno ad oltranza.

Da oltranzista, prima dell’estate, non posso non interpretare quello che, in questi giorni, non accade in termini di iniziativa governativa italiana ed europea come un sintomo negativo.
Valter Vecellio ha ragione. L’assenza di qualsivoglia risposta dalla Farnesina alle tre sollecitazioni del deputato europeo Marco Pannella e del Ministro Bonino, insieme alle notizie di un’invereconda escalation di esecuzioni capitali provenienti dai diversi continenti, tanto da stati democratici quanto da stati che non lo sono, costituiscono i più chiari sintomi della forte probabilità che, al posto della presentazione della proposta della moratoria universale sulle esecuzioni capitali alla prossima Assemblea delle Nazioni Unite di Settembre, si concretizzi un altro “poi”, un altro rinvio.

Proprio le esecuzioni di questi giorni stanno lì a dimostrare che in questo modo la più classica commissione di un “nulla di fatto” mediante una strategia puramente omissiva purtroppo non assumerà solo l’aspetto di una mera inadempienza burocratica ma darà un contributo, che definire causale non è azzardato, all’azione – più sicura - dei boia in mezzo mondo.

Noi radicali non possiamo permettercelo; non possiamo, ora, desistere e rassegnarci. Dobbiamo continuare ad interrogare il potere affinché adempia quello che è in suo dovere fare.

Vista la posta in gioco, poi, in un paese democratico serio, un’informazione degna di questo nome e il servizio pubblico radio-televisivo avrebbero, nonostante la “sospensione politica” agostana, incalzato il Ministro D’Alema e il Presidente Prodi, sui loro impegni istituzionali ed internazionali al rispetto dei quali sono stati vincolati più volte dal voto del Parlamento italiano.

In un paese normale sarebbe stato, proprio nel corso del suo processo costituente, prioritario sapere come la probabile leadership del nascente Partito Democratico interpretasse l’iniziativa pro moratoria e, magari, l’informazione avrebbe chiesto lumi a tutti i candidati alla sua guida circa le loro posizioni su questa delicata iniziativa di politica internazionale; non solo in un paese normale questi ultimi avrebbero sentito l’esigenza di sostenere l’azione radicale, di dichiarare o ribadire, in prossimità della scadenza di Settembre, la loro adesione all’iniziativa per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Ma nulla di tutto questo finora è successo, in Italia. Una motivazione in più, credo, per sostenere la necessità della ripresa della nostra iniziativa nonviolenta ad oltranza.
Sostenere, seppur tramite parentesi, legalità e diritto, è un nostro imperativo categorico; difendere le delibere parlamentari (e con questo il Parlamento) fin qui eluse è di gran lunga più nobile e dignitoso, in una democrazia parlamentare, che continuare a subire questo finto dibattito di queste finte elezioni alla Segreteria del Partito Democratico.

Purtroppo non mi aspetto molto – soprattutto dai media - ma, personalmente, valuterò con attenzione quello che avrà da dire all’Italia e dirci, a noi radicali, il Presidente del Consiglio Romano Prodi, il 30 Agosto, nel corso del “Premio Abolizionista dell’anno”; valuterò come la carta stampata, la tv pubblica e quella privata e gli altri mezzi di informazione tratteranno la questione e la collegheranno, o meno, all’opportunità internazionale costituita dall’approvazione della proposta di moratoria e poi deciderò se confermare questo giudizio della necessità di ripresa dell’iniziativa nonviolenta.


immagine riapertura cantiere


ANNUNCIO RIAPERTURA CANTIERE

RISPOSTA AL DIRETTORE DI NOTIZIE RADICALI
di Claudia Sterzi, oltranzista

Bene, caro Vecellio, mi sono messa comoda; ho letto la tua lettera. Poi, siccome per parlare bisogna essere in più di uno, ti rispondo.
Non ho nessuna fiducia negli impegni che D’ Alema, Prodi, e il CAGRE tutto, hanno preso; questo perché, come si dice, la fiducia nasce dall’esperienza.
Ho sospeso lo sciopero della fame più per festeggiare il grande risultato dell’appello che per fiducia nelle parole dei politici che da che mondo è mondo parlano con lingua biforcuta ( tranne eccezioni. Chi? Indovina! ).
Ma gli avvenimenti e i non avvenimenti di questa estate hanno mosso la mia irritazione e rabbia, come dici te, e la mia intenzione di combattere questa battaglia nonviolenta fino in fondo, a oltranza, appunto.
Ciò che dice il governatore texano è la stessa cosa che ha dichiarato il portavoce del ministro degli esteri iraniano qualche settimana fa: sono affari interni, ci si governa da noi, ecc. Come se i diritti universali dell’uomo e gli enti sovranazionali fossero uno scherzetto per pochi idealisti.
L’estate ci ha portato notizie di esecuzioni capitali in molte parti del mondo, insieme ai consueti morti cinesi, che fanno meno notizia perché non se ne conosce nomi e visi, ma che sono capaci di condannare a morte tre persone per “furto di petrolio”..
Iran, Arabia Saudita, Bangladesh, Corea del Nord, Yemen, per esempio.
L’ estate non ci ha portato notizie di azioni, previsioni, lavoro diplomatico e preparatorio effettivo per la promessa messa ai voti della Risoluzione all’Assemblea Onu ormai quasi corrente; tutti sono pronti a prendersi gli onori ma nessuno a farsi carico degli oneri.
La battaglia per la moratoria, nelle sue caratteristiche di universalità e straordinarietà merita tutto il nostro impegno di radicali nonviolenti, transnazionali e transpartitici, impegno reso ormai urgente e necessario dal dissesto del percorso dei diritti umani nel mondo.
Che fare? Per parte mia, che sono convinta dell’efficacia delle armi nonviolente, dichiaro che:

da domani, 30 agosto 2007, riprendo lo sciopero della fame a oltranza, sospeso lo scorso 18 giugno per onorare la straordinaria risposta all’appello per la moratoria delle esecuzioni capitali; sciopero della fame come azione nonviolenta di dialogo e sostegno a quanti si sono impegnati a presentare la Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali al voto nell’imminente apertura dell’ assemblea Onu.

Spero che presto saremo di nuovo un gruppo e che potremo, magari il 10 ottobre 2007, giornata mondiale, dal 2003, ed europea, da questo anno, contro le esecuzioni capitali, festeggiare l’approvazione della moratoria tra i successi della nonviolenza.

24 agosto 2007

almeno . . . / ad giorno3

Roma, 23 agosto 2007 - “Giornata macabra per la democrazia e la pace e per le speranze in un futuro di solidarietà e umanità”: è la reazione di René van der Linden, presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nell’apprendere dell’esecuzione capitale in Texas e delle tre altre in Giappone, mentre è in missione diplomatica nei Territori palestinesi per tentare un dialogo proficuo in Medio Oriente.
Contestando fermamente le giustificazioni del Governatore del Texas e del Ministro della Giustizia di Tokio che ritengono la pena di morte un giusto castigo, René van der Linden ribadisce che l’uccisione di un essere umano, seppure criminale, non è mai sinonimo di giustizia ma solo un atto di vendetta. “È una reazione violenta dello Stato che incrementa la violenza e compromette la pace”, secondo van der Linden.
“Anche se, purtroppo, questa macabra pratica è talvolta auspicata dai cittadini, bisogna avere il coraggio di abolirla. E mi rivolgo soprattutto a quei paesi che pretendono di coltivare la democrazia, anteporre lo stato di diritto e tutelare i diritti dell’uomo”, sostiene il Presidente dell’Assemblea di Strasburgo.
“Ancora più grave è la pratica della pena capitale negli Stati Uniti e in Giappone, che, godendo dello Statuto di Osservatori all’Assemblea parlamentare di Strasburgo, infrangono l’impegno che hanno assunto di rispettare i valori fondamentali del Consiglio d’Europa”.
Oltre che per la pena di morte che si sostituisce alla tortura e alle pene disumane e degradanti, il Presidente van der Linden ha espresso preoccupazione anche per le condizioni in cui vivono i condannati a morte, sia in Giappone che negli Stati Uniti. E ha ricordato il fenomeno del cosiddetto braccio della morte che nel 1989 la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha definito “una condizione che esaspera l’angoscia psichica del detenuto” e, quindi, classificato come un tipo di tortura.
Nell’auspicare la soppressione del braccio della morte, che è un’esasperazione inutile di una pratica disumana, René van der Linden ha sollecitato Stati Uniti e Giappone a istituire almeno un ulteriore ricorso giudiziario dopo la condanna definitiva.
(www.lanazione.quotidiano.net)