21 marzo 2008

siamo tutti tibetani / satyagraha nei boschi

i miei settottundici lettori si potrebbero chiedere: che cosa caspiterina c'entra "siamo tutti tibetani" con il "satyagraha tra i boschi" con questa foto?
C'entra, c'entra . . .

16 marzo 2008

Pannella: Tibet libero significa anche Cina libera

Oggi a Roma una manifestazione davanti all'Ambasciata Cinese, organizzata da Partito Radicale Nonviolento, Nessuno tocchi Caino e Radicali Italiani, congiuntamente alla Comunità tibetana in Italia, all'associazione "Donne tibetane", all'associazione "Italia-Tibet" e all'Intergruppo parlamentare per il Tibet.

Un appello a rispondere alla repressione in Tibet con la non violenza è stato lanciato dal leader radicale Marco Pannella, che è intervenuto al sit-int di protesta a Roma per la repressione in Tibet davanti all'ambasciata cinese.Pannella ha ricordato che "la carta delle Nazioni Unite è chiarissima e occorre rispettare i diritti umani e politici. Tibet libero - ha proseguito Pannella - significa anche Cina libera, mentre a Pechino sta prevalendo una parte del gruppo di potere che ha paura della libertà": si sentono deboli - ha aggiunto - e diventano vili, schiacciano popoli inermi".Quindi. rivolgendosi dal megafono direttamente all'ambasciatore, Pannella ha detto: "L'ambasciatore sappia che siamo convinti che la via della crescita della Cina passa attraverso questa nostra azione e non attraverso la prepotenza del potere statuale a Pechino. Viva la religione della libertà, basta - ha concluso Pannella - con talebani e vaticani".

"Tibet libero", "Lunga vita al Dalai Lama" e "Cina fuori dal tibet" sono tra gli slogan che centinaia di persone (500 secondo gli organizzatori) stanno gridando fuori dall'ambasciata cinese a Roma in segno di protesta contro la repressione di Pechino nella regione autonoma occupata dai cinesi nel 1949. Un mare di bandiere con i colori del Tibet della Sinistra Arcobaleno, dei Radicali italiani, dell'organizzazione non violenta "Nessuno tocchi Caino" sventolano a via Bruxelles.
"E' il momento di agire rispondendo con la massima non-violenza e a estreme armi, estreme risposte", ha esordito Marco Pannella invitando i dimostranti a rispettare quanto affermato questa mattina dal leader spirituale dei tibetani, il Dalai Lama, alla non-violenza dopo i violenti scontri a Lhasa. Secondo l'inossidabile leader radicale i cinesi hanno paura della libertà dei tibetani, ma anche dei connazionali e dei mongoli: "Noi non abbiamo il potere, ma la forza - ha gridato al megafono Pannella - Basta con talebani e vaticani - ha attaccato - difendiamo tutti anche uomini e donne cinesi".


15 marzo 2008: la convocazione della manifestazione davanti all'Anbasciata cinese
Il Partito Radicale Nonviolento, Nessuno tocchi Caino e Radicali Italiani, congiuntamente alla Comunità tibetana in Italia, all'associazione "Donne tibetane", all'associazione "Italia-Tibet" e all'Intergruppo parlamentare per il Tibet invitano alla mobilitazione per domani, domenica 16 marzo 2008 dalle ore 16 a Roma in Largo Equador davanti all'Ambasciata cinese, per sostenere il popolo tibetano e il Dalai Lama sui gravi fatti accaduti a Lasha capitale del Tibet occupato dove, la dura repressione cinese, ha causato fino a ieri la morte di almeno 100 persone.
Mentre a Dharamsala è ripresa in queste ore la "Marcia fino al Tibet" a cui partecipa una delegazione del Partito Radicale Nonviolento, composta da Sergio d'Elia deputato e Segretario Nessuno tocchi Caino, Matteo Mecacci e Marco Perduca, Vice Presidenti del PRN, il Dalai Lama ha detto che l'unità e la stabilità sotto la forza bruta sono, nell'ipotesi migliore, una soluzione temporanea e che è irrealistico aspettarsi unità e stabilità sotto questo tipo di governo. Il Dalai Lama si è anche appellato al Governo e alla leadership cinesi affinché fermino l'uso della forza e inizino a rivedere i propri sentimenti nei confronti del popolo tibetano attraverso il dialogo e ha chiesto ai suoi tibetani di non utilizzare mai la violenza.
Nella giornata di ieri il Dalai Lama, nel corso delle sue preghiere, ha ricordato lo sciopero della fame e della sete condotto da Marco Pannella per il rispetto della parola data e per il Satyagraha Mondiale per la Pace che è stato lanciato nei giorni scorsi.

14 marzo 2008

all'inizio . . .

MANIFESTO DALLA SINAGOGA DI FIRENZE
Noi sottoscritti sosteniamo l'iniziativa nonviolenta del primo grande "SATYAGRAHA MONDIALE PER LA PACE" volto a rapidamente promuovere e costruire e realizzare un'ALTERNATIVA STRUTTURALE alla minaccia, alla probabilità di un prossimo tremendo conflitto che, divampando dal Medio Oriente, si estenda rapidamente al mondo intero.

La situazione del Medio Oriente persiste e si aggrava da decenni. Si tratta, dunque, di una situazione strutturale che produce in quanto tale conflittualità costante, e conflitti sempre più gravi continui. E ne minaccia uno - che quasi tutti nel mondo ritengono non solamente possibile ma ormai probabile - dai costi umani e naturali senza precedenti sia per dimensione geografica sia per l'impiego di nuove armi, a cominciare da quelle di attrazione - o distruzione - di massa, medianiche.

Urge, quindi, ormai (se non è già troppo tardi), costruire una pace, come alternativa strutturale, politica e istituzionale, a questo corso rovinoso delle cose.

La Pace come mera petizione di principio ha purtroppo mostrato - ormai quasi da un secolo - i suoi gravi limiti, la sua insufficienza, quando non la sua tragica nocività. La Pace non può essere solo invocata come valore assoluto, va costruita, strutturata e organizzata nel mondo, a partire dal nostro, europeo e mediterraneo.

Europa continentale e Medio Oriente si sono sempre compenetrate e si compenetrano nella storia attraverso i loro popoli mediterranei. La civiltà mediterranea, egizia, greco-romana, bizantina, infine laica e tollerante, ha visto nascere e affermarsi le tre grandi confessioni monoteiste - l'ebraica, la cristiana, l'islamica - proprio in quel suo lembo di terra che oggi sembrerebbe dovere costituire il luogo e la causa di una possibile orrenda apocalisse civile e umana. Occorre reagire subito.

Il Primo Satyagraha Mondiale per la PACE, di ispirazione gandhiana e nonviolenta, ha per obiettivo un urgente intervento politico e istituzionale, di Riforma delle caratteristiche strutturali delle politiche che si scontrano in Medio Oriente e, a partire da lì, nel mondo.

Il carattere nazionale e sostanzialmente nazionalista, la blindatura ideologica di tutti gli Stati medio -orientali- incluso quello democratico dello Stato di Israele, è un pericolo manifestamente gravissimo, letale per Israele stessa e per l'intera area medio orientale.

Il superamento della sovranità nazionale assoluta come causa di guerre e ipoteca contro lo sviluppo civile e democratico, è alla base del processo federalista europeo, nel quale sono oggi attori pieni 25 Stati democratici, e coinvolti positivamente altri, sì da costituire ormai una comunità di mezzo miliardo di persone dai confini in continua espansione.

E' un vero scandalo intellettuale, antropologico che Unione europea e Israele, con la convergenza di Stati Uniti, non abbiano di già corretto questa situazione patologica: che la sola democrazia consolidata di un territorio - del quale occupa lo 0,2% - si illuda e quindi scelga lo strumento della sovranità nazionale assoluta, sia portata ad una logica di sopravvivenza necessariamente armata, militare, di perenne stato di eccezione. Dunque, è urgente che Israele operi nel quadro giuridico, civile, politico, dell'Unione europea, quale regione - per ora, sottolineiamo: per ora - di frontiera di una comunità istituzionale di mezzo miliardo di persone, con le sue regole, leggi, giurisdizioni, il suo parlamento democratico e un suo potere esecutivo (di certo imperfetto e inadeguato, ma pur sempre corrispondente e legittimato dai suoi trattati costitutivi).

La Unione europea, e l'intera Comunità internazionale, devono anche intervenire nella situazione Medio Orientale con coerenza, rigore e vigore rispetto alla propria legalità, quella costituita dalle dichiarazioni dei Diritti dell'uomo e da ormai centinaia di altri Trattati, Dichiarazioni con forza di legge, Costituzioni nazionali che li includono nel proprio diritto interno.

In Medio Oriente questo non accade, è anzi spesso tradito, ignorato. Si è sin qui posto l'accento esclusivo sul diritto dei Popoli a uno Stato nazionale, e alla sua assoluta sovranità. In tal modo si realizza l'aberrazione di consolidare anziché rimuovere gli ostacoli, frapposti in tanta parte del mondo, al riconoscimento e all'esercizio dei Diritti umani fondamentali.

Stati nazionali che non si fondano su questi diritti e sul diritto che dovrebbe essere vigente, e non lo è, costituiscono violenza e non diritto, producono guerre civili contro le libertà e la vita dei propri popoli e dei loro membri. I palestinesi hanno innanzitutto il diritto di non vedersi imposta una qualsiasi forma di Stato che non sia espressione e forza dei loro diritti umani, politici, sociali, di coscienza.

Se questo viene acquisito, Palestina, Libano, con Israele e la Giordania a ciò molto vicina, con la Turchia e il Marocco che ha chiesto ufficialmente l'adesione alla Unione europea sin dal 1987, e tutto il sud mediterraneo dove affondano le radici più profonde dell'Europa, vedranno riconosciuti ai propri cittadini e ai loro popoli i diritti di coscienza, sociali, economici, politici senza i quali non v'è libertà, non v'è democrazia, non v'è pace (se non sotto la forma di guerra civile di oppressione del proprio popolo).

E' per questo obiettivo che ci appelliamo ai democratici del mondo intero, ai suoi Parlamenti, al sistema delle Nazioni Unite che deve tornare a difendere e affermare i valori e le proclamazioni della sua carta costitutiva, al popolo che si è costituito e naviga in internet, la cui libertà sarebbe ulteriormente negata, piegata a nome delle esigenze di guerra e di sicurezza.

Tale appello potrà essere raccolto, fatto proprio, vissuto nei giorni del Primo Grande Satyagraha Mondiale per la Pace, per la Vita del Diritto e il Diritto di tutti alla Vita, quale CONCRETA ALTERNATIVA all'altrimenti probabile, prossimo scatenamento di una guerra globale, senza confini geopolitici, etici, umani".

5 marzo 2008

l'ho sognato o ho visto nei tg serali Veltroni che dava lezioni di democrazia ai radicali?

Pannella: Non ci devono dare dei posti. Vogliamo che riconoscano che abbiamo ragione.
"Nessuna richiesta di trattativa al Pd, noi vogliamo solo che riconoscano che abbiamo ragione". E, soprattutto, i Radicali non hanno alcuna intenzione di ridurre a carta straccia l'accordo con il Pd, "vediamo quello che succede, ma noi non ce ne andiamo". In una lunga conferenza stampa, Marco Pannella torna a chiedere il "rispetto del patto" siglato col Pd e spiega qual è l'obiettivo dello sciopero della sete, iniziato oggi: "Continuiamo a chiedere che i 9 candidati dei radicali siano messi in posizioni in lista che gli garantiscano l'elezione, come ci avevano assicurato".
"La situazione è semplice, non complessa", spiega Pannella che ripercorre tutte le tappe fino al via libera all'accordo tra Pd e Radicali: dopo il 'no' di Veltroni ad un apparentamento il Pr, "da forza responsabile qual è, ha accettato con umiltà" di non presentarsi alle elezioni con una sua lista, anche "per evitare una probabile sconfitta al Pd", visto che già nel 2006, rivendica Pannella, "il nostro apporto è stato di 400 mila voti strappati all'avversario di centrodestra". Ma il patto prevedeva 9 candidati radicali in posti sicuri, e ora "Veltroni dice cose non veritiere con le quali si prende gli applausi e ci dice che 'ci vuole entusiasmo'. L'obiettivo - insiste Pannella - è scotennarci completamente e dire che non è più possibile andare avanti perché non abbiamo entusiasmo, quindi vi mettiamo fuori". Ma, afferma, "noi non ce ne andiamo", perché "la posta in gioco non è un posto in più o in meno, ma dare alla società italiana la fiducia nella parola data, il mio obiettivo è a difesa della parola data. Siamo qui nella speranza di aiutare il Pd e Veltroni a muoversi nel rispetto della legalità".
Al termine dell'intervento di Pannella, ha preso la parola Furio Colombo, già senatore del centrosinistra e ora ricandidato nelle fila del Pd: "Lo sforzo di Pannella di riportare entusiamo e partecipazione ha il mio sostegno."
"Non ci devono dare dei posti. Vogliamo che riconoscano che abbiamo ragione". Lo ha detto il leader radicale Marco Pannella, in sciopero della fame e della sete perché il Pd rispetti i patti sulle nove candidature di esponenti del partito di Largo di Torre Argentina.
Pannella, riguardo alle candidature dei nove radicali con i democratici ha infatti sottolineato: "Hanno detto 'nove eletti', ce ne sono forse sei", e comunque "se sono otto o uno solo vuol dire che il patto non è stato rispettato". E si è augurato che "questa mancanza clamorosa non derivi da un calcolo per scotennarci completamente", visto che i radicali a questo punto non hanno alternative in vista delle elezioni.

pacta sunt servanda - satyagraha 2008

Roma: ore 17, conferenza stampa con Marco Pannella
Roma, 5 marzo 2008

Oggi, mercoledì 5 marzo, alle ore 17, presso la sede dei Radicali, Via di Torre Argentina, 76 – Roma, Marco Pannella terrà una Conferenza Stampa in difesa della “parola data”, sempre, ovunque e per tutti.
Inizia cosi ufficialmente e formalmente a partire da questa cosa il grande Satyagraha Mondiale del 2008.

4 marzo 2008

è primavera svegliatevi bambine

"Emma cade dalle nuvole" (n.d.e.del blog)
Pd - Radicali, Bonino: non mantenuta la loro proposta di nove eletti


Da note d'agenzia lette a Radio Radicale


"Ieri sera era stata data scritta a mano la lista dei candidati radicali ed emerge chiaramente che la proposta de loro fatta dei nove eletti non è mantenuta". Lo ha detto il ministro per le Politiche Comunitarie, la radicale Emma Bonino, nel filo diretto di questa mattina a Radio Radicale riguardo alle liste dei candidati rese note ieri dal Partito Democratico.
"Non intendo candidarmi in Piemonte perché non sono un soprammobile, da loro sbrecciato, che si può prendere e spostare dove vogliono. Non sono un oggetto che può essere usato o spostato".


Lo ha detto il ministro radicale Emma Bonino parlando al 'Filo diretto' di RadioRadicale questa mattina a proposito della sua candidatura come capolista del Pd in Piemonte."Stanti così le cose - ha aggiunto Bonino - non sono nemmeno convinta che valga la pena di essere candidata da qualche parte".

UNA GIORNATA QUALSIASI

Brutto rospo; duro da buttar giù, che quasi non ci si faceva. Con la faccia di Walter e la panza di Bettini. Un gran brutto rospo.
Sabato scorso, al Comitatone RI-ALC, è stato un incubo; già la domenica precedente, era chiaro che avevano vinto loro. E questa evidenza diventava nei giorni lampante. Hanno vinto loro.
Pieni di debiti, umiliati e offesi, sconosciuti ai più nel nostro impegno e nelle nostre idee, sconfitti da trappoloni e colpi bassi in una battaglia dove le regole non vengono scritte e sono continuamente infrante. Esagero? Non mi pare.
Non importa fare qui la cronistoria di tutte le scorrettezze che abbiamo dovuto subire nel cosiddetto agone politico; chi ci crede, lo sa già. Chi non ci crede, non ci crederà certo perché lo scrivo io.
Sabato, mentre la giornata scorreva, radicali doc da decenni, che pochi giorni prima si erano dichiarati pronti a raccogliere di nuovo migliaia di firme per la strada, a spese proprie e tra difficoltà di ogni genere, ad uno ad uno cedevano le armi: non c’è altra scelta, non c’è alternativa, non si può far altro.
Eppure, anche se ormai è tardi, la prontezza di Veltroni nel suo controproporre ci poteva far pensare che un po’ di paura ce l’aveva, di una lista nostra. Mica l’avrà fatto solo per amor di Emma di pagare 3 milioni di euro per nove cammelli radicali; mica pensa a vincere. Se pensava a vincere accettava la nostra proposta, Lista Bonino collegata a Veltroni premier.
Perché spendere il suo migliore venditore in prima battuta in incontri vestagliati nel loft, perché trattare con pervertiti e con vacche ignude? Gratis nessuno cede tre milioni, a questi chiari di luna.
Nel giro di poche ore, sabato, quasi tutti si sono ipnotizzati su una visione nella quale Veltroni scendeva dall’Olimpo e ci porgeva la mano salvandoci dall’inferno pannelliano. Una pazzia totale, un viraggio completo.
Era come se Wanna Marchi ci avesse convinto che senza il suo aiuto la nostra famiglia sarebbe morta tra atroci sofferenze: non c’è altra scelta, ci ripetevamo l’uno con l’altro, non possiamo far altro.
E dopo aver protestato, dopo aver, chi più chi meno, espresso tutto il disgusto e la rabbia che ci salivano su, umilmente, come un grande corpaccione collettivo agonizzante ma pieno di entusiasmo, nel suo significato etimologico, abbiamo votato unanimi come non accadeva da tempo. Una esperienza totale.
Poi, come sempre, ognuno a casa sua. A spiegare ai parenti, ai figli e ai nonni, al bottegaio al barista ai colleghi che ancora una volta non siamo come gli altri, non lo saremo mai. Che non ci siamo venduti, che non siamo casta, che non abbiamo poltrone né sgabelli.
Ad affrontare l’ira feroce dei simpatizzanti cosiddetti, quelli che non si sono mai iscritti ma l’avrebbero fatto se. Se.
A rimuginare sui ceceni, sui montagnard, sugli uiguri e sui carcerati, sulla miseria e sulla democrazia che non c’è. Sui paradossi estremi della nostra vita politica e personale.
Una giornata storica, la firma dell”accordo”?
Una giornata qualsiasi, una delle tante giornate di regime.
Da domani si ricomincia. Anzi, da subito.