L'altra notte continuavo a sbagliare strada; ogni tanto mi capita, solo che questa volta ho continuato a sbagliare strada per la bellezza di quattro ore; avrei potuto incolparne Michelle Obama, o il mondo cane, ma via via che gli errori si sovrapponevano assumendo un andamento epico, più che romantico, apparivano motivazioni personali di una semplicità commovente.
Sono dovuta arrivare fino al mare e tornare indietro, tanto mi ci è voluto per capire che non sbagliavo strada, ma destinazione.
Che può sembrare strano ma anche no, se si considera che non so che cosa sia una crisi di panico.
Mi è stato chiaro quando mi sono ritrovata, per caso? esattamente dove volevo davvero arrivare, che non era affatto la direzione iniziale, solo che non sapevo il numero e la via, e dai vuoti di memoria affioravano nozioni sparse di politica, ricette di cucina e novelle erotiche.
Quindi, ho tentato una inversione invertita che mi ha ingenerato uno stress nervoso dal sapore di dinamite.
Più semplice di così: navigare a vista ogni tanto fa bene alla salute, una volta che l' odore di dinamite sia svanito.
Continuerei con qualche spassionata considerazione sui concetti di tempo e spazio, direzione e destinazione, teatro panico e arti visive, regole del gioco e gioco delle regole, ma una mattinata di lavoro sui dati elettorali e sulla storia italiana del 1947 ha cancellato quel che restava della gioia di esprimersi.
Finalmente, dopo due giorni, sono pervenuta ad una soluzione aurea e mediana inderogabilmente provvisoria.
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