11 aprile 2012

In nome del padre (padano), cronaca di un rito politico


La politica può essere vista come una religione laica, una religione civile, con i suoi riti, le sue istituzioni, le sue feste, la sua solennità; questo non lo dico io oggi, ma numerosi scienzati sociali degli ultimi due secoli; all'interno della politica, i vari attori, chi più chi meno, mettono l'accento sui simbolismi e sulle dinamiche proprie alle cerimonie religiose. Il raduno leghista di Bergamo di ieri sera è un ottimo esempio di come una riunione politica possa diventare una cerimonia rituale, in questo caso, un po' primitiva.
Le prime parole di Bossi, nel filmato che viene mandato a tutto volume su una folla agitata, sono "fratelli padani", non compagni, non camerati, ma fratelli,"fratelli padani! i popoli vincono sempre, non gli eserciti". Una identità quindi, forte, un legame di sangue, una promessa di vittoria. Lo stesso Bossi che aprirà poi il suo intervento, secondo a quello di Maroni, ricordando la Pasqua e la Messa.
"Fratelli leghisti" sono le prime parole di Maroni; i concetti da lui espressi sono pochi, e molto semplici, ma li ripete per trenta minuti, mentre la folla piano piano si calma e si dispone a incanalare l'energia nella direzione suggerita dai capi, grandi sacerdoti e stregoni di questo evento. Primo concetto, "la Lega è diversa", non si sa perché, non si sa come, ma è diversa; "la Lega non è morta", anzi "non morirà mai". Secondo concetto, catartico e di purificazione "chi ha sbagliato paga", e qui viene introdotto un elemento irrinunciabile, il capro espiatorio, perché chi ha sbagliato sono solo tre, e per loro c'è solo l'espulsione, "fuori dalle palle", Bossi jr, Belsito, Rosy Mauro. Per gli ultimi due vengono spese parole di sano razzismo, Belsito, dirà Bossi, non è propriamente lombardo, per Rosy Mauro Maroni prefigura la cacciata dal Sindacato padano, perchè sia un vero sindacato padano, con un padano a capo; una carezza alla pancia dei fratelli leghisti. Pulizia, dunque, e nuove regole, regole non scritte, declamate in assembea ma senza alcun valore legale, per ripartire di nuovo, e unità. Il concetto di unità viene fondato classicamente su un nemico, ancor più che su un obiettivo; e se l'obiettivo è uno solo, "Padania indipendente" (e qui l'ex ministro degli interni sa che sta prendendo in giro i fratelli padani), i nemici sono tanti, la crisi economica (che peraltro non tange né Maroni né Bossi, stipendiati da quello Stato nemico della padania indipendente), un governo che "distrugge il tessuto sociale del nord con una immigrazione selvaggia" (altra carezza alla pancia padana), l'Europa e la finanza internazionale, e infine la partitocrazia e Roma, che tentano di portar via soldi, cose e valori ai sindaci leghisti, "grandissimi valorosi guerrieri del territorio" e tentano di dividere la "potentissima" Lega per annientarla.
I legami della Lega con 'ndrangheta e mafie? Un orrore, innominabile, che non esiste, che viene negato senza alcuna spiegazione; più tardi Bossi adombra che l'unico responsabile di tali legami sia Belsito, colpevole anche di peggio, visto che ha parlato al telefono sapendo di essere intercettato. L'unica verità, dirà il capo carismatico, è che c'è stato un complotto del "centralismo romano", complici alcune magistrature del sud, per dividere, "tutto il resto sono storie". Storie, il cerchio magico non esiste, c'è solo un povero padre che ha sbagliato, e che chiede scusa.
Mentre riprende la musica sacra (si inizia con la celtica, si chiude col Va pensiero) i tre officianti (Calderoli non ha parlato) baciano a turno la bandiera padana. Resta un mistero, doloroso - come faranno i fratelli padani a bersi questa incredibile accozzaglia di puerili imbonimenti.

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