8 novembre 2009
PERSONAL con garbo
Succede che dopo tanto tempo resto un giorno intero in casa, e che ho tutta una casa tutta per me, che è una cosa che ti accorgi quanto sia bella solo quando manca, la sera alle diciotto esco e cerco di capire che negozi ci sono intorno casa per comprare da mangiare.
Dietro casa, vicinissimo, mai visto, perchè le altre volte sono andata in direzione degli autobus e solo oggi per la prima volta faccio le giratine intorno casa, c'è Il Teatro delle Vittorie, che è una cosa che per me è un non luogo da anni e non pensavo mai che esistesse davvero davanti a me, io credevo che stesse dentro la televisione fino da quando avevo cinque anni.
Poi mi sono accorta di quanto questa zona sia borghese che è quasi peggio del Teatro Parioli, che è pure più bruttino e con le luci più povere però ha un che di perverso e di decadente come tutto il quartiere, come se la storia fosse ferma ancora a quando esisteva l'aristocrazia e la borghesia, come se tutto non fosse esploso ormai da anni ma continuasse a fluttuare a mezzaria.
E mi sono detta che a distanza di tanti anni finalmente sento tutta la immensa fortuna di aver perso tutto e non essere diventata come queste mummie impaludate nei loro umili cappotti da milleduecento euro che di sabato sera arrancano vecchi e logori tra un bar raffinato e una chiacchiera intelligente come era scritto da destino e come il destino si è divertito a disdire.
Considerando la distanza tra me e il mondo e i miei piedi scalzi in natura che era l'altro lusso supplementare e che pure quello è stato disdetto, cedendo al tarlo di bere un bicchiere di vino in piazza tra macchine pingui e salatini al forno, osservando lo sciamare di poveri cristi con le rose da vendere, con occhi patafisici ho scandagliato il territorio fino a chilometri di distanza tutto nel raggio intorno alla ricerca del mio tesoro che però brillava assai lontano e altamente irraggiungibile così l'ho messo di nuovo in lista al primo posto e ogni giorno ce lo rimetto per quanto.
Ed ho comprato un pezzo di carne di vitellone che faceva vergogna ai poveri e ai vegetariani ma non a me che lo desideravo, del latte, dei croccantini per i gatti che mi sono stati affidati, e insalata rucola senza pensare altro che in superficie e senza alcun vasto programma, che come fai.
Se mai mi fosse balzata l' idea di essere triste, che capita di rado, mi è bastato vedere le vetrine con i loro grigi e scuri per sentirmi colma di privilegi e grazie che non possono essere comprati ma arrivano da soli se giochi bene le tue carte, cosa diversa da inserire le carte di credito nell'apposita fessura e digitare il codice.
Mi sono rivista quattordicenne con la minigonna scozzese e la mantella, colmare vuoti facendo shopping, offrire cene ad amici e nemici, girare con gli assegni in tasca che ancora le carte non esistevano e combattere le serate a confrontarmi con i borderline della città, che probabilmente erano più interessati agli assegni e alla minigonna che a quello che dicevo.
Ci sono pezzi della mia memoria che nel tremendo turbine di quotidiano sto riacciuffando solo ora e li avevo sepolti nel deserto dove non ero mai più tornata fino ad oggi. Ci sono profili su facebook che paiono salottini ben arredati e altri che ci potrebbero stare i pinguini dal gelo che ci senti.
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