8 dicembre 2010
“Alchimie contemporanee”, un percorso d’arte tra arcaicismo e attualità.
5 dicembre 2010
I quotidiani scandali del proibizionismo / Agenda Coscioni di dicembre 2010
di Claudia Sterzi
1975, Italia: le droghe diffuse sono fumo marocchino o indiano, erba, eroina, LSD, anfetamine, cocaina; per la legge italiana, che risale al 1954 e al caso Montesi ( una ragazza morta durante un festino sesso droga e rock and roll al quale partecipavano giovani uomini politici D.C. ), non c'è differenza tra droghe leggere e pesanti, né tra spacciatore e consumatore.
Questa legge, superficiale e proibizionista, nel 1975 ha già prodotto centinaia di morti e migliaia di crimini, ed è in modo chiaro tra i fattori che facilitano lo strepitoso successo commerciale dell'eroina dai ceti alti ai bassi, dalle città ai paesi, fino a diventare la "piaga sociale" che conosceremo negli anni seguenti.
Analizziamo qualche dato, anche se molti dei dati, trattando di fenomeni illegali quindi clandestini, sono in realtà stime; una relazione del Ministero degli Interni, che considera gli anni dal 1990 al 2006, ci dà il numero di 500.000 circa tossicodipendenti segnalati, o persone segnalate come tossicodipendenti. Il 1990 è l’anno di emanazione della Iervolino Vassalli, legge proibizionista che distingue tra droghe e cannabis e tra consumatore e spacciatore, ma che, nel titolo dedicato alla repressione delle sostanze illecite, inizia con le parole: “È vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope” ( comma 1, poi abrogato, per referendum radicale, vinto nel 1993 ). Dal 1990 al 2006, la progressione è in netta ascesa, non solo nel numero dei segnalati, ma anche delle sanzioni erogate. Dopo 15 anni di proibizionismo, il numero dei segnalati si è triplicato (12000 nel 1990, 37000 nel 2006), il numero delle sanzioni è quasi decuplicato (850 nel 1990 7200 nel 2006); fra le tendenze degli ultimi anni, che sono tendenze non solo italiane, ma europee e internazionali, si confermano la diminuzione dell’età di approccio, l’aumento del consumo di cocaina e del consumo di droghe sintetiche, il poliuso, cioè l’uso contemporaneo di sostanze diverse, legali ed illegali.
L’Osservatorio europeo stima in 4,5 milioni il numero di adulti che, in Europa, ha consumato cocaina nel 2008; la cocaina attualmente si contende il secondo posto fra le droghe più diffuse in Europa, dopo la canapa e alla pari con le droghe sintetiche. Il meccanismo attraverso il quale l’uso di cocaina è stato incentivato da parte dei distributori è lo stesso già collaudato più volte, quello che permise una rapida ascesa del consumo di eroina negli anni ’70. D’improvviso vengono a mancare gli altri tipi di droga in commercio e viene proposto un nuovo prodotto a prezzo promozionale; in realtà il mercato delle droghe illegali è saldamente organizzato a livello mondiale e ben poco sfugge ad un ferreo controllo centralizzato.
Non stupiscono quindi i recenti sequestri di psicofarmaci contrabbandati illegalmente ed usati insieme all’alcool; infatti la differenza tra psicofarmaco e sostanza psicoattiva non c’è, psicofarmaci, droghe e doping sono sfaccettature di uno stesso mercato, quello chimico-farmaceutico; le prime droghe di sintesi furono inventate nei laboratori delle industrie farmaceutiche e sarebbe assai ingenuo non ipotizzare uno scambio di informazioni tra industria legale e industria illegale.
Le distinzioni classiche tra droghe leggere e pesanti, tra spacciatore e consumatore, tra droga doping psicofarmaci sono fuorvianti; distraggono.
La distinzione tra uso e abuso non viene sottolineata, mentre è fondamentale; non si può parlare di tossicodipendenza in presenza di un uso saltuario di farmaci o di droghe.
La legge che oggi, nel 2010, ci portiamo sulle spalle, modificata nel 2006 dal decreto Fini Giovanardi (vedi Box) non è molto migliore, anzi. Reintroducendo la confusione tra droghe leggere e pesanti ha prodotto disinformazione, vicinanza dei mercati, oltre ad essere di incentivo per la vendita di droghe pesanti, più leggere e comode da trasportare e più redditizie a parità di rischio. La distinzione tra consumatore e spacciatore resta legata ad una quantità troppo ridotta di sostanza, o di principio attivo, e facilmente il semplice consumatore di cannabis viene etichettato come tossicodipendente.
Policemen Escorting the Montesi Family
Didascalia originale: Escorted by police, the family of Wilma Montesi leaves Rome's Palace of Justice after being interrogated in her death, which set off Italy's "scandal of the century." Despite charges that Miss Montesi died after a drug sex party, in which many notables allegedly participated, the Montesi family maintains that her death was accidental. Left to right are: a policeman; Manda, 21; brother, Sergio; her pretty sister, Wanda, 21; her mother, Mrs. Maria Montesi; her father Rodolfo (half hidden); and another policeman.
IMMAGINE:
© Bettmann/CORBIS
DATA DELLO SCATTO
4 ottobre 1954
LUOGO
Rome, Italy
COLLEZIONE
Bettmann
25 novembre 2010
Il fantasma di Giancarlo Arnao in Silver Tower
23 novembre 2010
APERITIVO E NONVIOLENZA ( il prezzo del Negroni )
13 settembre 2010
Delirio politico d'attualità
26 agosto 2010
15 agosto 2010
4 agosto 2010
Chiedo scusa se parlo di Belen
Se un tempo questa frase si riferiva alle trattative con le prostitute, e sottintendeva "il guanto", o profilattico, oggi, a leggere i verbali degli interrogatori delle inchieste sulle discoteche milanesi, si riferisce alla coca.
Verbali squadernati nei giornali, on line, secondo un ormai vecchio costume italiano, che mette tutto in piazza, anche notizie riservate o coperte da segreto. Quasi tutto.
Se infatti non si può non apprezzare il coraggio o l'incoscienza delle starlettes che, interrogate, non hanno sostenuto di essere vittime di un'imboscata né di un agguato, ma hanno ammesso l'uso collettivo di cocaina, ci si chiede anche con chi le tirassero tutte queste righe, Belen, Francesca, Fernanda, Alessia Aida ecc.
I primi giorni non è uscito un solo nome di uomo, poi sono arrivati i tronisti, gli isolani famosi, un "rampollo" della "Milano bene", ma quel che manca sono i nomi degli uomini di politica e di potere che pure frequentavano bagni e privé dei locali. Che poi, scusate, ma che tristezza tirare in bagno ...
Allora viene il sospetto che la chiusura temporanea delle discoteche milanesi serva a ripulire file e liste clienti da certi nomi, e solo da quelli. Poco male se le vippetine e i vippettini compaiono nello scandalo e risultano consumatori; anche perchè per loro non ci sarà quella pesante mano che afflige i comuni cittadini quando ammettono l'uso di cocaina. Non compariranno i veri vip, per i quali si può solo dire: io so, ma non ho le prove.
27 luglio 2010
Droghe pesanti, energie non rinnovabili, proibizionismo e violenza.
Per festeggiare mi sono riunita fra me e me, ed ho lasciato la mia mente libera di percorrere i sentieri che più le garbavano.
Nel tardo pomeriggio, verso le sei, sono andata a passeggio verso la Riserva Naturale di Monte Mario, e vi sono penetrata dall'ingresso del Maresciallo Giardino, scavalcando una simpatica famiglia che si è accampata occupando un rudere e un pezzo di strada; il capofamiglia, vedendomi curiosare sorridente, mi ha chiesto il denaro per comprare la bombola del gas, il che mi ha fatto ridere di cuore.
Roma è, qua e là, permanentemente, invasa da cartelloni politici dove destra e sinistra si danno allegramente di ladri l'uno con l'altro, ogni giorno. Questo a Firenze non accade, ed è buffo leggere come i governanti di questa città spendano i soldi del popolo per trattarsi da lestofanti a vicenda, mentre il suddetto popolo fatica a campare e fa pure la fame. Due bande di bravi, di sgherri, che leticano su chi è più malvivente, ben diversi dal potere monolitico, invasivo e percolato che ammorba la Toscana.
Nella Riserva ho soggiornato almeno un'ora, ma non ho incontrato nessuno, se non due signore che sembravano le sorelle lesbiche di Pippi Calzelunghe. Mi sono venute molte idee, persa in un verde reso surreale dal rumore di traffico in sottofondo; alcune condivisibili, altre un po' meno, qualcuna strettamente privata.
Di ritorno, mi sono applicata allo studio delle connessioni tra violenza, criminalità, narcotraffico e proibizionismo, in riferimento ai casi sudest asiatico/eroina e sudamerica/cocaina; ho consultato le statistiche delle morti violente a livello globale, ho seguito a giro per il mondo la scia di terrore e sangue che segue le rotte delle droghe. Ho considerato, però, anche le guerre scatenate per il controllo su petrolio, metano, risorse naturali ecc.; intorno alla mezzanotte ho digitato su google "droghe pesanti energie non rinnovabili".
Ho ricevuto un premio, che vi giro senza indugio. Una autorevole fonte che rinforza le mie convinzioni e apre nuove strade alle riflessioni di domani.
http://www.mail-archive.com/ecologia@peacelink.it/msg00028.html
Buon martedì, compagni.
24 luglio 2010
Come è finita la storia di Daniela Ranaldi detta Danielona (da Facebook per noi)
C.S.
Hai capito ... era depressa e 11 grammi li deteneva per uso personale; che persona umana, lei e il giudice. Il bilancino, poi era del babbo morto da poco. Oh povera Danielona.
Danielona è stata assolta. Coca era per uso personale.
18 luglio 2010
Sulle dimissioni di Massimo Bordin da direttore di Radio Radicale
ANALISI DI UNO STUPIDO DETTAGLIO
“La guerra a Bordin è cominciata, è uscita dalla Gauloises mattutina di Pannella, sta facendo il giro del Partito, e allora “le piccole serpi” esultano. Le piccole serpi, secondo un radicale disincantato, sono i massimi consiglieri di Pannella: Maurizio Turco, Marco Cappato, Sergio D’Elia, Matteo Mecacci, Walter Vecellio.
Le piccole serpi sono quelli che chiacchierano tutto il giorno con Marco, gli raccontano, gli spiegano, s’inventano, immaginano complotti, propongono contrattacchi, fanno killeraggio telefonico, prima amano e poi sputacchiano Daniele Capezzone.” 2 novembre 2007, su Il Foglio, “Il soldato Bordin e le piccole serpi”.
Questo bel ritrattino del partito più vecchio d’Italia uscì in pieno secondo congresso di Padova. Il Congresso dopo l’uscita di Capezzone dalle nostre fila, dopo la Rosa nel Pugno con i socialisti ma non con tutti i socialisti, la RnP con Daniele segretario che con la RnP non c’entrava niente, gli otto senatori eletti e non nominati.
Durante l’era Capezzone erano usciti dalla vita attiva del Partito Olivier Dupuis, Danilo Quinto, Benedetto della Vedova, per limitarsi alle cariche dirigenti. Un turn over con un po’ di burn out, ma nei limiti fisiologici di un movimento politico a guida carismatica. Casi tutti uno diverso dall’altro.
Prima del 2000 il Partito lo frequentavo da lontano, e non ne posso dire niente, ma mi è parso di grande interesse, in questi giorni, leggere la lettera che Massimo Teodori scrisse al Foglio (sempre il Foglio!) il 28 aprile 2000, rivolgendosi a Marco Pannella in occasione del suo settantesimo compleanno.
“Non è una clausola di stile affermare il fatto che tu sei già nella storia. Una storia che con il tempo farà giustizia delle omissioni distorsioni e disattenzioni che la cronaca ti ha talvolta crudelmente riservato”, scriveva Teodori nel 2000, e questo mi fa piacere, perché è lo stesso concetto che ho espresso nell’ ottobre 2007 scrivendo una “Hands off Pannella” che riscriverei ancora oggi parola per parola, a difesa incondizionata di Marco e delle scelte legate all’ “affaire Capezzone”. Una lettera che mi valse la citazione Pannella Bordin e la definitiva antipatia dei radicali fiorentini e toscani in generale.
Proseguiva, Teodori, con delle domande sulle quali forse si sarebbe fatto bene a riflettere meglio, per esempio:
“ Perchè hai sempre rifiutato gli appelli a divenire leader di un movimento politico che andasse aldilà della tua persona? … Perché sei sempre alla ricerca di “compagni di strada” purchè mai venga messa in discussione la tua retta via? … Perché ti circondi di replicanti, esecutori e pretoriani che saranno i primi a pugnalarti alle spalle dopo averti adulato?”
Ma anche i geni politici, i grandi uomini, si sa, sono umani, e portano, indissolubilmente legati alle doti, i difetti caratteriali di ogni uomo. In più, con un processo che è simile, su un altro campo, a quello dei simpatici amici israeliani, quando un gruppo sociale si sente, o è, sottoposto a attacchi continui, schiaccianti, violenti, e non si sente, o non è, difeso o sostenuto da altre configurazioni di potere, si involve e mette in atto al suo interno gli stessi meccanismi che lamenta nell' esterno: aggressività, censura, manipolazione, violazione di principi fondanti, liste di proscrizione e prescrizione, scorrettezze procedurali ecc.
“La metamorfosi del bene e del male, ovvero come il regime ha o non ha trasformato i radicali in una setta” potrebbe essere il titolo di uno studio di sociologia dei processi culturali che richiederebbe, a me, e a chi altrimenti?, qualche mese di tempo e di agio. Avendo studiato e scritto negli anni ’80 su una dozzina di casi di sette religiose e spirituali, salta agli occhi che ci sono analogie e differenze. Vedremo.
Nel frattempo quel che posso dare al dibattito che in questi giorni è nato intorno alle dimissioni di Massimo Bordin dal ruolo di direttore di Radio Radicale sono uno spunto di riflessione e un fatto. I fatti, si dice, non sono in grado di modificare dei convincimenti basati su cattiva informazione; anzi, a volte rafforzano quegli stessi convincimenti che falsificano; oltretutto, la mia parola non vale niente, ma io conservo una buona coscienza umana e, il mio fatto, ve lo offro uguale.
Lo spunto, piccolo e sintetico, è una delle differenze tra la vicenda Capezzone e quella Bordin; per Daniele, in difesa di Daniele, si mobilitarono le forze interne al Partito, una spaccatura della quale ancora oggi si portano i segni, specialmente a livello locale. Per Massimo, a difesa delle sue posizioni, si sono mobilitati centinaia di cosiddetti esterni, consumatori, come li ha definiti Marco, della Radio. Consumatori ma anche simpatizzanti, e magari votanti, chissà. Se abbiamo 1400 iscritti circa e centinaia di migliaia di voti alle elezioni, bisognerà pure che da qualche parte vengano, quei voti, e niente di strano se fossero voti di ascoltatori. Che magari, dopo aver seguito Stampa e regime, colgono anche qualche minuto di informazione sulle battaglie per esempio di Rita Bernardini per le condizioni carcerarie in Italia, o altro. Consumatori che andrebbero onorati con interventi pubblici, chiari e trasparenti, di chi ancora tace, cioè tutta la dirigenza radicale, ad esclusione di Pannella, Bonino, e dello stesso Bordin.
Il fatto è uno stupido dettaglio; il suddetto venerdì 2 novembre 2007 chiesi all’attuale senatore Marco Perduca un suo parere sull’articolo del Foglio. Mi fidavo, sinceramente, di lui, ero ancora una militonta che si vergognava ad intervenire in pubblico, lui era per me uno dei rappresentanti di quell’ antiproibizionismo radicale nonviolento che anche stamani è fra le mie passioni principali (l’antiproibizionismo, non Perduca!); inoltre nel mio scontro con i radicali fiorentini era palesemente dalla stessa parte mia, e questo me lo rendeva ancor più simpatico.
E’ ovvio, mi spiegò Perduca: l’articolo Bordin se lo è scritto da solo, per spianarsi la strada ad una uscita che già progetta nel suo futuro. Me lo dette per certo, e io sbalordita non pensai a chiedergli le sue fonti. Era un brutto rospo, per me, da buttar giù, infatti dopo averlo masticato inutilmente per 11 giorni, e averlo risentito riportato nei corridoi da altre voci e altre fonti, tutte rigorosamente fuori microfono, lo sputai sul forum di Radicali.it, che allora era uno strumento di dibattito pubblico tra radicali che cominciava a mostrar la corda, ma vedeva la partecipazione di numerosi dirigenti.
Presi spunto da una intervista su Libmagazine, di Luca Martinelli a Massimo Bordin, pochi giorni dopo, dove si parlava di molte cose interessanti, e, nell’ultimo paragrafo, si riportavano le opinioni del Direttore di RR su quello stesso articolo: “su due giornali, in particolare su uno, sono apparsi giudizi poco lusinghieri da parte di esponenti - ovviamente anonimi, ma virgolettati - della classe dirigente radicale. E' stato scritto che l'editore, cioè Pannella, non apprezza le rassegne stampa ed in generale il modo in cui è diretta Radio Radicale. Beh, l'editore non le ha smentite. Sì, grandi pacche sulle spalle, apprezzate pure, ma non ha smentito. Due dirigenti radicali sono venuti pure da me, dicendomi "Guarda, sono tutte balle, non è vero". Io ho ringraziato, ma ho risposto "Dille anche dal palco, se me le dici mi fa piacere, ma voglio dire, se la questione è pubblica, dovrebbero essere pubbliche anche le smentite". Che non ho avuto. Che devo pensare, dunque? … Ad ogni modo, state tranquilli: finchè non mi cacciano, continuerò a fare rassegna stampa”.
Sul forum riportai la spiegazione di Perduca, senza citarlo, che ancora tutto questo coraggio non l’avevo, sollevai un po’ di discussione e presi qualche cortese offesa. Il direttore rispose che neanche ci aveva pensato, a scriverselo da solo, nessun altro fiatò, e la cosa finì lì. Ne vengono fuori due ipotesi principali.
Prima ipotesi, il senatore radicale Marco Perduca, quel senatore per eleggere il quale ho votato il capolista Achille Serra, che dio mi perdoni, è un calunniatore, una delle piccole serpi di cui sopra che soffiano per i loro miseri interessi personali nelle orecchie di un grande leader che meriterebbe più rispetto ai suoi grandi anni, e nelle orecchie dei militanti considerati come deficienti da manipolare.
Seconda ipotesi, il direttore della nostra Radio, per il quale e per la quale abbiamo dato impegno e fiducia da militanti quanta ne avevamo, da anni costruisce futuri alternativi e informazione scorretta, scrivendo pezzi en travesti e, magari, passando lui stesso informazioni riservate a quella bella personcina che si chiama Christian Rocca. Questa ipotesi corrisponde ai mormorii in Torre Argentina, che più che mormorii non sa emettere, fino a che Marco non darà la sua versione definitiva. Si dice che Massimo Bordin abbia avuto, o cercato, una offerta migliore, e per quello se ne è andato, cioè si dice che si è venduto. E la follia introversa di questo luogo fa pure dire che non sarà una grande perdita, non solo perché personaggio di poco valore, ma pure di poco rilievo nell' acquisizione di consenso.
Per me l’ipotesi vera è la prima, lo scrivo anche se so quanto mi costa e mi costerà; per mia fortuna ho già pagato un bell’anticipo. Ai miei pochi lettori il divertimento di scegliere o di farne altre.
Arrivederci e grazie,
Claudia Sterzi
30 maggio 2010
Antiproibizionismo, Partito Radicale Transnazionale, politiche sulla droga
Questo è il mio primo intervento per il PRT, ed è una relazione. L’argomento della mia relazione è come la visione antiproibizionista radicale si stia rivelando, nella lunga durata, ragionevole e razionale e come questo può servirci nell’analisi che ieri abbiamo intrapreso in questo Consiglio Generale. Per svolgerla, prenderò spunto dai nuovi sviluppi nelle politiche sulle droghe nei paesi latino americani e in Portogallo, integrando con casi e dati da altre parti del mondo.
E’ necessario ricordare che cosa è l’antiproibizionismo radicale e come si è sviluppato nel tempo e nello spazio, seppure in modo sintetico e non del tutto dettagliato. La battaglia radicale sull’ antiproibizionismo inizia in Italia molti anni fa; fra le prime azioni radicali su questo argomento, la disobbedienza civile di Marco Pannella, nel 1975. In quell’ anno, per la legge italiana, che risale al 1954 non c'è differenza tra droghe leggere e pesanti, né tra spacciatore e consumatore.
Il Partito radicale è impegnato per la riforma della legge sulla droga e in particolare per impedire l'ingresso nel circuito carcerario e criminale dei consumatori di stupefacenti e dei tossicodipendenti. Il 2 luglio 1975 Marco Pannella convoca una conferenza stampa a Roma nel corso della quale fuma una sigaretta con hashish in pubblico; immediatamente arrestato e portato in carcere, riesce così ad aprire il dibattito pubblico sull'argomento.
Il commissario di polizia Ennio di Francesco che lo arresta, gli invia nei giorni seguenti un telegramma di solidarietà per il valore dell'iniziativa e viene rimosso dal suo incarico.
"Si trattava di far uscire dal carcere, allora, un gruppo di ragazzi. I ragazzi uscirono. Noi non facemmo dimostrazioni pubbliche a quell'epoca perchè, dopo 40 giorni, di 170 ragazzi detenuti ne rimasero in carcere solo 17".
A quella disobbedienza civile molte altre sono seguite e forse non tutti i nostri compagni non italiani sanno che alcuni dirigenti radicali, Marco Pannella e Rita Bernardini per primi, ma anche Sergio Stanzani, non possono essere candidati alle elezioni amministrative per questo motivo. Di pochi giorni fa un tentativo di estendere tale impedimento anche alle elezioni politiche.
Le persone che hanno partecipato alle disobbedienze civili sono 43; la maggior parte delle disobbedienze civili si sono svolte in Italia, mentre il 20 dicembre 2001 a Manchester (UK), alla Stazione di Polizia di Stockport, Marco Cappato compì una cessione di cannabis in solidarietà con il deputato Chris Davies, arrestato per lo stesso motivo.
Un altro arresto, nel novembre del 1990, a New York: Emma Bonino distribuisce siringhe sterili e monouso, per denunciare il divieto che impedisce ad oltre 175mila tossicodipendenti sieropositivi new-yorchesi di acquistare siringhe se non dietro ricetta medica.
Quando si parla di antiproibizionismo radicale non si può limitare però il discorso alle politiche sulle droghe. Era il giugno del 1975 quando Emma Bonino veniva arrestata per disobbedienza civile contro la legge di allora, che vietava l’aborto. Con lei vengono arrestati anche Adele Faccio, Giorgio Conciani e Gianfranco Spadaccia. L’accusa è procurato aborto. Quegli arresti sono il detonatore per imporre l’attualità di una tragedia, quella dell’aborto clandestino, che fino a quel momento tutti, ad esclusione dei radicali, ipocritamente preferivano ignorare. Grazie alla campagna radicale si apre un dibattito politico che porterà alla regolamentazione legislativa dell’interruzione di gravidanza.
Come per la droga, lo scopo non era certo quello di incentivare l’aborto o l’uso di droga; lo scopo era di limitare i danni delle politiche proibizioniste. La stesso ragionamento espresso in anni più recenti da Luca Coscioni, leader della battaglia per la libertà di ricerca scientifica e per la libertà di cura e terapia. Lo stesso ragionamento che ha visto i radicali, guidati in quella lotta da Piero Welby, battersi per la legalizzazione dell’eutanasia.
Ma torniamo al tema delle droghe. Quando molti decenni fa Marco Pannella dichiarava che se dovevamo fare una previsione di come ci sarà una metamorfosi del male totalitario fascista, comunista e via dicendo, il proibizionismo sarebbe stato la nuova reincarnazione di quello che è stato battuto, aveva visto giusto.
Oggi escono studi che attestano come, per esempio, l'aumento esponenziale di sparatorie, decapitazioni e rapimenti che ha accompagnato la guerra alla droga del Governo messicano era scientificamente prevedibile. Bastava aver riletto la copiosa letteratura scientifica sull'argomento.
"Lo rivela uno studio dell'International Centre for Science in Drug Policy, gruppo no profit di scienziati canadesi e britannici che ha esaminato oltre 300 studi internazionali sull'argomento pubblicati negli ultimi 20 anni.
Ogni volta che una comunità tenta di aumentare il livello di repressione dei reati legati agli stupefacenti, si produce un aumento dei profitti delle organizzazioni criminali che operano sul mercato nero. A sua volta, questo provoca un aumento vertiginoso della violenza fra gang e cartelli rivali per il controllo del sempre più lucrativo mercato delle droghe. E ogni volta che un boss del narcotraffico viene catturato o ucciso, spiegano gli studiosi, i sostituiti tendono ad essere più brutali e meno sofisticati del precedente. Insomma, un circolo vizioso di violenza di cui fanno le spese milioni di cittadini innocenti.
Lo studio punta il dito soprattutto sulla spesa per l'apparato repressivo degli Stati. Nella guerra alla droga, infatti, è il sistema giudiziario-repressivo (forze dell'ordine, carceri, tribunali) che riceve la stragrande maggioranza dei fondi pubblici, invece del sistema sanitario e quello educativo.
I ricercatori offrono anche un interessante parallelo fra la guerra messicana alla droga, che ha prodotto decine di migliaia di morti in pochi anni, e il proibizionismo statunitense all'alcool negli anni 1920. Queste esperienze non sono solo accomunate dal proibizionismo, ma anche dal tasso di incremento delle violenza e di arricchimento delle grandi organizzazioni criminali".
Per le stesse ragioni i tre ex presidenti latinoamericani, il brasiliano Henrique Cardoso, il messicano Zadillo e il columbiano Graviria, che già avevano lanciato un appello per la depenalizzazione dell' uso di marijuana, un anno fa a Rio De Janeiro, hanno presentato recentemente le conclusioni di una commissione regionale su Droghe e democrazia in San Paolo. Il verdetto è stato che la guerra alla droga è un fallimento; le reti di trafficanti hanno messo radici e il denaro di questo commercio illegale ha infettato la politica. Gli ex presidenti dei tre paesi più popolosi dell' America Latina, in un programma chiamato Droghe e democrazia, propongono un punto di vista diverso del problema della droga: che il consumo sia visto più come un problema di salute pubblica che penale, che si consideri la depenalizzazione delle droghe leggere, e si continui a combattere il traffico, come un elemento essenziale della criminalità organizzata transnazionale; considerare gli effetti della corruzione nel traffico e la sua penetrazione nel campo politico.
Nel dicembre 2009 l'ENCOD (European Coalition for Just and Effective Drug Policies), in Europa, ha pubblicato alcune note sul rapporto "Drug Decriminalization in Portugal. " dell' Istituto di ricerca americano Cato Institute (Washington DC). Il rapporto mette insieme sette anni di dati, dalla depenalizzazione del consumo di droghe, avvenuta nel luglio 2001, che ha riguardato l'acquisto, il possesso e il consumo di tutte le droghe senza eccezioni, eroina e cocaina incluse. Una legge che non ha paragoni al mondo. Glenn Greenwald, uno dei 25 costituzionalisti liberali più influenti degli Usa, e giornali come The Economist hanno sottolineato i buoni risultati dell'esperienza portoghese. Da quella data in Portogallo il consumo di droghe non è un reato, ma una violazione soggetta a una sanzione amministrativa, cioè una multa. L'uso personale è multato, mentre i dipendenti o consumatori regolari sono inviati alla "Commissione per disincentivare il consumo di droga", formata da un giudice, uno psicologo e un assistente sociale. Il personale di questi servizi è addestrato psicologicamente e socialmente a misurarsi con casi di tutti i tipi, specialmente con quelli più difficili. Gli operatori hanno imparato che trattare il consumatore come un essere umano meritevole di rispetto produce risultati quasi immediati. In questo modo il contatto con i consumatori è affidato non alle forze dell'ordine ma alla responsabilità di personale specializzato; trattare i tossicodipendenti come membri a pieno titolo della società al posto della stigmatizzazione di una accusa penale in tribunale. Si evita tutto l'armamentario consueto del sistema giudiziario e penitenziario; i membri della "Commissione di dissuasione" vestono in modo informale, e sono tenuti per legge a rispettare in ogni momento i diritti del reo. Il consumatore non è più visto come un criminale, ma come un paziente: col risultato di spingere i consumatori problematici a rivolgersi ai servizi socio-sanitari.
Gli esiti della depenalizzazione dell'uso sono decisamente positivi; per esempio, il numero dei decessi droga-correlati, che nel corso degli anni novanta era andato aumentando, è passato da 400 nel 1999 a 290 nel 2006. E, citando ancora il rapporto, a partire dal 2001 il numero di nuovi casi di Hiv e Aids tra i tossicodipendenti è ogni anno in forte calo. "Gli esperti - spiega l'autore Glenn Greenwald - attribuiscono questi trend positivi all'aumentata capacità del governo portoghese di offrire programmi di trattamento ai cittadini: un aumento reso possibile, per svariate ragioni, dalla depenalizzazione".
I tassi di prevalenza (cioè quante persone hanno utilizzato una specifica droga durante la loro esistenza), sono scesi nella maggior parte delle categorie, rispetto a prima che la normativa fosse approvata.
Una precedente relazione dalla Fondazione Beckley nel 2007 arrivava alle stesse conclusioni di Greenwald, in particolare, che la decriminalizzazione ha di fatto spostato l'attenzione su una strategia di prevenzione e di trattamento ed è riuscita a ridurre i problemi derivanti dall'uso di droga.
In una intervista dello scorso gennaio Joao Goulao, presidente dell' Instituto de Droga y Toxicomania (IDT), agenzia governativa portoghese, ha raccontato la sua esperienza: ha cominciato ad occuparsi di tossicodipendenza, come medico, quando alla fine degli anni ottanta la droga invase la società portoghese; dopo aver seguito un corso pratico nella capitale, ha aperto un centro d'assistenza ad Algarve. Dal 1987, e per due decenni, ha lavorato alla prevenzione, al trattamento e al reinserimento dei drogati e oggi coordina la lotta antidroga del suo Paese; da un mese l'Ue-27 l'ha eletto presidente dell'Osservatorio Europeo per le Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT) che ha sede a Lisbona.
All'epoca, gli ambienti più conservatori pronosticavano niente meno che l'apocalisse. "Arriveranno aerei zeppi di studenti per fumare marijuana, sapendo che non andranno in prigione. Gli promettiamo sole, spiaggia e la droga che desiderano", diceva il deputato di destra Paulo Portas. Nessuna delle terribili previsioni si è verificata. Tutt'altro, il consumo delle droghe è diminuito, "soprattutto tra i più giovani - racconta Joao Goulao - I nostri risultati vengono analizzati in altri Paesi. Argentina, Messico e Repubblica Ceca hanno preso spunto dalla nostra linea".
Sulla stessa linea una intervista di pochi giorni fa al brasiliano Alexandre Addor Neto, dirigente della OAS (Organization of American States), pubblicata sulla "La Voz de Galicia". Neto riferisce dell' incontro della Commissione Interamericana per il Controllo dell' Abuso di Droghe (Cicad), aderente all' IDT, svoltosi a Lugo, in Spagna, dal 21 al 23 aprile, fra sindaci e rappresentanti di 40 città e 34 paesi europei, latino americani e caraibici, per scambiarsi le esperienze in materia di riduzione della domanda di droghe, alla quale ha partecipato anche l’organizzazione di Droga y democrazia, quella di Barroso, Zadillo, Graviria.
Appare evidente, infatti, a un sempre maggior numero di autorevoli dirigenti politici, ma anche rappresentanti delle forze dell’ordine e funzionari delle agenzie per le droghe, oltre al fallimento delle politiche di repressione avviate da Bush una decina di anni fa, il legame tra le politiche sulle droghe e la democrazia. Soltanto nell’ultimo mese abbiamo letto le dichiarazioni di un giudice, di politici messicani, del capo della polizia di Columbia. Leggiamo le loro parole e quelle del rappresentante di Law Enforcement Against Prohibition.
"Un ex giudice della Corte Suprema australiana ha rivolto un appello affinché le sostanze stupefacenti siano legalizzate. Kenneth Crispin, in una intervista all'emittente televisiva ABC, ha detto che il divieto sulle droghe da sballo costituisce un fallimento ancora più grande del proibizionismo sull'alcool negli Stati Uniti degli anni 1920.
"Il consumo di droga è esploso durante il periodo della guerra alla droga", ha spiegato. "In ogni parte del mondo, le leggi più repressive tendono ad avere l'effetto di essere accompagnate dai più alti livelli di consumo".
Il prezzo delle sostanze vendute per strada è invece diminuito nonostante la repressione, continua Crispin. La cocaina, per esempio, costa un sesto rispetto a quando è cominciata la guerra alla droga.
Crispin ha spiegato di essere giunto alla conclusione di legalizzare le droghe "con incredibile riluttanza".
Alla domanda sulla possibile risposta della classe politica alla sua proposta, l'ex giudice supremo ha risposto con pessimismo: i politici temono troppo l'impopolarità".
Qualche mese fa, nel dicembre 2009, "un dirigente di polizia americano ora in pensione ha detto ad una platea di Sydney che la guerra alla droga è stata un fallimento e un disastro per le forze di polizia.
Norm Stamper, ex capo della polizia di Seattle nel 2000, è portavoce dell'associazione di polizia Law Enforcement Against Prohibition, un organizzazione statunitense in continua crescita composta da 13.000 agenti di polizia, guardie carcerarie, pubblici ministeri e giudici.
Stamper spiega che da quando Richard Nixon ha dato avvio alla guerra alla droga nel 1971, il motivo più frequente di arresto di giovani americani è diventato il reato non-violento legato al possesso o consumo di droga. Milioni di cittadini sono stati incarcerati, con effetti spesso devastanti per loro e le loro famiglie. Per questo si è creata una contrapposizione insanabile tra la polizia e molti americani che altrimenti rispettano la legge.
"La polizia ha bisogno di partnership con la comunità", ha detto Stamper. "Se stai per ottenere delle informazioni di cui hanno bisogno per combattere la criminalità, c'è bisogno di un forte senso di fiducia. Ma con decine di milioni di giovani americani che sono stati arrestati per reati non-violenti legati alla droga, c'è la diffusa percezione che la polizia sia lì per colpire la gente, piuttosto che aiutarla.
"Se ad esempio si è a lavoro su un omicidio non legato alla droga e si spera che i cittadini si facciano avanti con delle informazioni sull'assassino, spesso la porta ci viene sbattuta in faccia a causa di una infelice esperienza con la polizia nel corso di un arresto per droga."
Stamper ha anche affermato che la guerra ha incoraggiato condotte illegali da parte della polizia, che va dalle perquisizioni illegittime al coinvolgimento nel traffico di droga. Questo ha minato ulteriormente la fiducia della gente nelle forze dell'ordine.
Anche la guerra alla droga in altri Paesi ha danneggiato le forze dell'ordine. In Messico ha portato alla corruzione su vasta scala e migliaia di omicidi da parte dei cartelli della droga. Molte delle vittime sono poliziotti, spesso torturati e decapitati", ha detto Stamper. "Sostanzialmente, i poliziotti onesti in Messico hanno questa scelta: possono cooperare con i cartelli o possono morire. Questa è una diretta conseguenza del modello proibizionista della guerra americana alla droga".
Al confine con il Messico, infatti, sono sempre di più i politici statunitensi convinti della necessità di legalizzare la droga per combattere i devastanti effetti del proibizionismo. La guerra alla droga in Messico ha provocato decine di migliaia di morti in poco piu' di tre anni, le organizzazioni criminali si sono rafforzate e secondo tutte le stime ufficiali stanno ormai prevalendo grazie al mercato nero delle droghe. La violenza sta ormai debordando negli Usa".
"Una coalizione di politici della città di El Paso, al confine con la città gemella Juarez a sud del confine, ha chiesto la legalizzazione della cannabis per ridurre la violenza e indebolire i cartelli della droga.
Oscar Martinez, docente di storia e esperto di questioni relative alle frontiere all'Università dell'Arizona, ha letto il manifesto dei consiglieri comunali a cui egli stesso ha aderito: "Coloro che rivendicano una moralità più alta nel sostenere il proibizionismo sulle droghe non pongono sufficiente attenzione sulle conseguenze disastrose di questa politica tragicamente sbagliata", ha spiegato Martinez. "La cura si è rivelata molto più letale della malattia stessa. Il prezzo del proibizionismo -trasformare città come Juarez in campi di sterminio di proporzioni enormi- è totalmente inaccettabile e moralmente ripugnante".
Con il gruppo di rappresentati locali si è schierato anche il deputato statale Marisa Marquez, democratica eletta a El Paso. "C'ero anch'io a sostenere questa nuova risoluzione perché chiede il riconoscimento della dignità delle persone che vengono uccise a Juarez. Non possiamo ignorare la violazione dei diritti civili e le atrocità che stanno occorrendo", ha detto.
Solo a Juarez, dal 2008 sono state uccise 5,150 persone".
"Il capo della polizia della città di Columbia, nello Stato del Missouri, si è detto favorevole alla legalizzazione della cannabis. Rispondendo alle domande dell'avvocato Dan Viets, membro dell'associazione per la legalizzazione Norml, Ken Burton ha detto: "Sono con voi in questa battaglia, e spero che abbiate successo prima o poi, e poi vedremo come va". "Sono sicuro che ci sono molti poliziotti che sarebbero felici" se la cannabis fosse legalizzata".
"Dopo 40 anni, la guerra alla droga lanciata dagli Stati Uniti è costata mille miliardi e centinaia di migliaia di vita, e per cosa? Il consumo di droga è rampante e la violenza ancora più brutale e diffusa.". E' questo il giudizio sul proibizionismo dell'agenzia di stampa Associated Press nella celebre quanto temuta rubrica di analisi politica IMPACT. (vedi messaggio di Trebach).
L'editoriale, non firmato, presenta una durissima critica sulle politiche antidroga dell'amministrazione Obama, colpevole di voler proseguire sulla strada dei suoi predecessori.
"Questa settimana il Presidente Obama ha promesso di 'ridurre il consumo di droga e il grave danno che causa' con una nuova strategia nazionale che tratterà il consumo di droga come una questione di pubblica sanità", scrive l'AP. "Ma la sua Amministrazione ha aumentato i finanziamenti alle autorità giudiziarie e di polizia a livelli record, sia in termini assoluti di dollari sia in termini percentuali; quest'anno, l'apparato repressivo riceverà 10 miliardi dei 15,5 disponibili per il controllo della droga".
L'analisi prosegue snocciolando origine, cifre e dati di una delle più fallimentari, costose e dannose politiche del XX e XXI secolo".
Appaiono ormai evidenti le interconnessioni fra antiproibizionismo, nonviolenza e democrazia; c’è molta vicinanza fra il concetto di antiproibizionismo, contrapposto a metodi di regime, contrapposto al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione, dell’informazione, della legalità e della legalizzazione, fra l’antiproibizionismo e la nonviolenza da una parte e fra antiproibizionismo e democrazia dall’altra.
Certo che la legalità è sempre stata la bussola per i radicali, ma quando la legalità è solo descritta ma non è presente, ci vuole il ricorso a forme diverse e più incisive di lotta nonviolenta, come sono stati gli strumenti di democrazia diretta, referendum, proposte di legge di iniziativa popolare, petizioni, appelli e il ricorso ad azioni di disobbedienza civile e scioperi della fame e della sete. Per questo le iniziative parlamentari radicali antiproibizioniste su aborto, droga e prostituzione, portate avanti con testardaggine dai radicali negli ultimi 40 anni, hanno sempre avuto bisogno del sostegno della nonviolenza nelle forme di obiezione di coscienza, disobbedienze civili, digiuni, per riuscire ad ottenere significativi ma parziali, e spesso non attuati, risultati.
Prima ricordavo le prime le disobbedienze civili in tema di aborto. Il nodo centrale dell’iniziativa radicale era non certo quello di incentivare le donne ad abortire, bensì la riduzione di quella che era una piaga sociale, l’aborto clandestino, attraverso la legalizzazione, l’informazione, la comunicazione. Le conseguenze peggiori della legge proibizionista che allora vigeva, le subiva chi non aveva i soldi per andare a interrompere la gravidanza a Londra, o in una delle numerose cliniche italiane compiacenti. Il proibizionismo, quindi, come strategia classista produttrice di diseguaglianza, privilegi ed eccezioni, anche in questo senso antidemocratico.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili,con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Quindi un doppio legame: da una parte l’antiproibizionismo come strategia di governo democratico dei fenomeni sociali proposto in alternativa ai metodi proibizionistici violenti propri dei regimi autoritari, dall’altra la nonviolenza e le disobbedienze civili come forme di partecipazione diretta del cittadino al perfezionamento della democrazia.
Negli ultimi anni è stata intrapresa, dai radicali, un’azione sulle convenzioni ONU, che dal 1961 stanno a determinare le strategie proibizioniste; in questa direzione si muove la LIA, Lega Internazionale Antiproibizionista, della quale abbiamo qui il Segretario, Senatore Marco Perduca. Solo che le convenzioni ONU per poter essere cambiate, hanno bisogno della spinta che è venuta dal diffondersi, in tanti paesi, di informazione sugli effetti disastrosi di tali politiche.
Abbiamo visto, negli ultimi giorni, i disordini che si sono scatenati in Jamaica, dove "Christopher 'Dudus' Coke, il boss della droga giamaicano al centro degli scontri che sull'isola caraibica hanno provocato tra i 50 e i 60 morti, potrebbe essere fuggito all'estero.
Lo scrive sul suo sito web il quotidiano britannico Daily Telegraph citando il ministro dell'interno giamaicano Darykl Vaz. 'Non so se sia ancora in Giamaica, e' molto difficile dire', ha affermato.
Coke e' ricercato negli Stati Uniti, dove dovrebbe essere estradato. La battaglia di Tivoli, il ghetto dove i narcos dettano legge, e' esplosa quando la polizia e' andato a cercarlo per consegnarlo agli americani. 'La situazione a Tivoli resta drammatica, da molto tempo la tensione covava sotto la cenere e tutti sapevano che se le autorita' si fossero mosse per arrestare Coke sarebbero stati guai', ha detto al Telegraph Susan Goffe, portavoce della associazione per i diritti umani 'Jamaicans for Justice'.
In tutto questo il premier della Giamaica, Bruce Golding, e' passato al contrattacco, dopo diversi articoli di questi ultimi giorni da parte della stampa internazionale, che ha riferito su legami tra il capo di governo e il narcotrafficante Christopher 'Dudus' Coke.
Golding ha smentito tali nessi, denunciando nel contempo una 'cospirazione' contro il suo governo, rispondendo in particolare alle accuse formulate dalla rete americana Abc e dal quotidiano britannico The Indipendent, secondo il quale Golding e' di fatto 'un affiliato' all'organizzazione criminale guidata da 'Dudus'.
Molti altri media hanno d'altra parte sottolineato che per molti mesi il premier non ha dato ascolto a Washington, che ha chiesto l'estradizione di Coke ormai piu' di un anno fa, rilevando che lo stesso capo del governo ha poi cambiato tale posizione, e dato il via libera all'estradizione la scorsa domenica: giorno in cui e' scattata a Kingston la rivolta delle gang controllate da Coke al fine di bloccare il suo trasferimento a New York, dove il capo narco e' accusato di traffico di droga e armi".
Già nel 2008, partecipando a Bruxelles ad un seminario sui mercati illeciti delle droghe, ho ascoltato Fernando Henrique Cardoso, ex presidente, illustrare come nella realtà brasiliana il mercato delle droghe si intrecci con la corruzione politica e con la criminalità e la violenza. I trafficanti sono dotati di una milizia parallela e arrivano ad influenzare i mass media e lo stesso parlamento e i tragici costi in vite umane muovono ad un ripensamento delle politiche repressive radicate in visioni ideologiche; se l’argomento è tabù, per ridurre i costi per la società occorre secondo Cardoso partire dai dati applicando lo stesso pragmatismo che ha guidato la lotta all’HIV, permettendo una legalizzazione delle droghe per chi accetti di affrontare cure e programmi di recupero, affidando i tossicodipendenti al sistema sanitario e non più a quello carcerario, depenalizzando le piccole quantità di cannabis. Una visione reale che non sia ostaggio di pregiudizi.
Una visione reale che si è ulteriormente allargata, nello stesso seminario, con l’intervento di Jorrit Kamminga, dell’ ICOS ( International Council on Security ); una relazione sullo stato del progetto “Papavero come medicina”, iniziato nel 2005 e che ha portato, nel 2007, il parlamento europeo ad adottare a larghissima maggioranza una raccomandazione sulla “possibilità di progetti pilota per una conversione su piccola scala di parti della attuale coltivazione illecita di papavero in produzione di oppio legale analgesico” , presentata da Marco Cappato e dall’ALDE. Il progetto parte dalla constatazione di come l’ Afghanistan si sia confermato negli ultimi anni maggiore produttore di oppio mondiale e la maggior fonte di eroina; nonostante gli sforzi di contrasto messi in atto dal 2002 ad oggi, con consistenti impegni delle comunità internazionali, la coltivazione di papavero e la produzione di oppio è in continuo aumento, superando ogni anno i suoi stessi records.
Il mercato dell’oppio si intreccia strettamente con l’economia e con la politica di quella zona, e incide negativamente sulle possibilità di ricostruzione e di sviluppo. La distruzione delle coltivazioni, che ha comportato sforzi economici e inquinamento ambientale, non solo non è servita a fermare l’espandersi della produzione, ma ha generato fra gli effetti secondari l’assurgere dei talebani, che offrono aiuti economici e supporto alle famiglie di coltivatori colpiti dalle eradicazioni, al ruolo di salvatori del popolo contadino. La relazione dice molto chiaramente che “in Afghanistan, le attuali politiche di guerra alla droga sono in contrasto con i progetti delle comunità internazionali di stabilizzazione, sviluppo e ricostruzione”. L’importanza della riflessione su questo per la Comunità Europea deriva dall’impegno economico assunto nei confronti di quel paese e dal fatto che la maggior parte dell’eroina afghana è destinata al mercato europeo.
E dalla Cina arriva la notizia che "i tossicodipendenti cinesi subiscono pestaggi sistematici, ricatti, e sono spesso costretti al lavoro forzato, secondo un rapporto diffuso nel gennaio di questo anno dal gruppo umanitario Human Rights Watch. Secondo il rapporto, che si intitola 'Tenebre senza limiti', la nuova legge sulla droga varata dalla Cina nel 2008 consente di tenere i drogati rinchiusi fino a sette anni nei cosiddetti 'centri di riabilitazione', in realta' delle prigioni nelle quali i tossicodipendenti 'non godono neanche dei diritti degli altri detenuti'. I drogati possono essere inviati nei 'centri di riabilitazione' dalla polizia e restare rinchiusi dai due ai sette anni senza nessuna supervisione delle autorita' giudiziarie.
'Invece di mettere in atto una vera terapia per il trattamento della dipendenza dalla droga, la nuova legge cinese espone le persone sospettate di fare uso di droga alla detenzione arbitraria e a trattamenti inumani', afferma Joe Amon, uno degli estensori del rapporto. Gli esperti di Human Rights Watch hanno studiato le condizioni dei tossicodipendenti in due delle province cinesi dove la droga e' piu' diffusa, quello dello Yunnan e del Guangxi che si trovano nel sud della Cina, non lontane dal 'triangolo d'oro' della droga formato da Birmania, Laos, Vietnam e Thailandia.
'Mettere un gran numero di tossicodipendenti nello stesso posto, costringerli al lavoro forzato e a subire violenze fisiche non e' 'riabilitazione'', conclude il rapporto".
In conclusione, considerato quindi come il discorso sulla democrazia non possa prescindere da un approfondimento sulle politiche repressive e proibizioniste, riguardo alle droghe ma non solo, la mia proposta è di prendere contatto con quelle persone e organizzazioni che si stanno muovendo nella direzione da noi indicata fino da 40 anni fa, per coinvolgerle nel Congresso che terremo a novembre; così come la moratoria sulla pena di morte, la battaglia antiproibizionista ha bisogno oltre che dell’azione diplomatica e giurisdizionale anche di quella nonviolenta radicale.
Se infatti è vero, come ha detto ieri Emma, che non esiste democrazia senza legalità, come rompere il circolo vizioso in quei paesi dove non c’è né democrazia né legalità, o in quelli, come l’ Italia, dove la democrazia è solo teorica e la legalità è violata ogni giorno, se non con le armi nonviolente radicali?
Di contro c’è il peso della violenza quotidiana, degli sprechi enormi di denaro pubblico, di milioni di morti in tutto il mondo prodotti da politiche cieche che ingrassano la criminalità e la corruzione e non proteggono i diritti dei consumatori, costretti a rifornirsi in un mercato illegale, quindi non controllato.
In attesa dunque di novembre, del Congresso, dell’ elezione di un Segretario che finalmente possa dettare la linea politica al Partito, stiamo lavorando, ma Marco Pannella non ama il gerundio, lavoriamo, dunque, insieme con Piero Capone, che oggi non ha potuto essere con noi e al quale rivolgo un affettuoso saluto, al Prof. Mario Patrono e, ovviamente a Marco Perduca, per prendere e consolidare vecchi e nuovi contatti.
Viva il Partito Radicale Transnazionale
Viva Marco Pannella.
Claudia Sterzi, militante del PRT
13 marzo 2010
CANDIDATA DELLA LISTA BONINO PANNELLA IN TOSCANA
Laureata in sociologia, è impegnata sull' antiproibizionismo e segretaria della Associazione Radicale Antiproibizionisti; in particolare in queste elezioni regionali i temi di suo specifico impegno sono il funzionamento dei SERT e delle comunità terapeutiche, il trattamento delle tossicodipendenze in carcere, l'introduzione dei farmaci cannabinoidi nel prontuario terapeutico regionale e il sostegno al progetto di produzione di farmaci cannabinoidi presso l'Istituto Farmaceutico Militare Toscano.
Nella foto, Claudia con Rebya Kadeer, leader del popolo uiguro e membro del Consiglio Generale del Partito Radicale Transnazionale
23 febbraio 2010
pomeriggio antiproibizionista a roma
Grazie all’ ospitalità di Paola Cossu e di Maurizio Angeloni, conduttori degli spazi alla Domus Talenti, nel centro di Roma, il dibattito è stato aperto e partecipato, con interventi dal palco e discussione pubblica; la concomitanza con la raccolta di firme per la Lista Bonino Pannella ha indotto molti firmatari a fermarsi un po’ con noi, e due candidati nelle liste di Roma, Sergio Rovasio segretario di Certi Diritti e Antonio Stango dirigente radicale sono intervenuti allargando il tema antiproibizionista sulla cannabis, che era il focus, all’ antiproibizionismo come strategia di governo per i diritti civili delle coppie di fatto l’ uno e per tutto il variegato mondo della prostituzione l’altro.
Ho voluto iniziare la giornata con due video musicali, Bob Marley No woman no cry e Pink Floyd I wish you were here; il cult reggae l’ ha postato Rudra Branzino la sera prima su facebook, e mi è sembrato perfetto per introdurre, in un focus sulla cannabis, accanto alle categorie abusate di terapeutica e ludica, anche quella cosiddetta mistica o spirituale o magica, che molto influisce sugli opposti integralismi in tema di cannabis ( cannabis velenosa e tossica / cannabis santa ).
Con altri video iniziali abbiamo ripercorso la strada che ha portato all’ ordine del giorno votato recentemente al Senato, dove il Governo si impegna a favorire la produzione di un farmaco italiano agevolando il trasferimento dal Centro Industriale di sperimentazione agricola e canapicoltura di Rovigo, che produce farmaci cannabinoidi per la ricerca ed è poi costretto all’ incenerimento, al Centro Farmaceutico Militare di Firenze, autorizzato alla produzione di farmaci non solo per le Forze Armate. Questo progetto è anche nel programma elettorale della Toscana, se mai ci saranno elezioni regolari.
Giancarlo Cecconi, rappresentante dell’ unione di gruppi antiproibizionisti in rete, www.legalizziamolacanapa.org , oltre ad essere uno dei due unici assolti in Italia con motivazione di uso spirituale, è coautore e coproduttore di un bel lavoro informativo sulla canapa, La canapa: una pianta! , che intende portare all’attenzione di tutti i parlamentari italiani; ci ha portato la sua testimonianza e il racconto dei motivi che hanno fatto tramutare un fatto personale in un fatto politico.
Questo coincide con l’altro aspetto della cannabis che era nei titoli del dibattito, cioè l’essere canapa, una pianta, e di come il nostro rapporto con le droghe coinvolga il nostro rapporto con le piante, dalla coltivazione domestica di piante psicotrope locali, che data da millenni, alle moderne coltivazioni clandestine ma protette, gestite come si dice da persone senza scrupoli che agiscono con il puro scopo di lucro senza alcun controllo su pesticidi, fertilizzanti, forzature, sperimentazioni genetiche ecc.
Tanto più che oltre ad essere una pianta la canapa risulta particolarmente legata alla razza umana dall’ esistenza di endocannabinoidi, cioè di cannabinoidi prodotti dal corpo umano, e di recettori cannabinoidi, presenti soprattutto nell’ encefalo e nel sistema immunitario. Paolo Pesel, chimico farmaceutico, esperto di terapia del dolore, sostanze d'abuso e neuroscienze, ha approfondito le implicazioni degli studi sugli endocannabinoidi e sulla sclerosi multipla e laterale amiotrofica.
Paolo Pesel ci ha parlato pure della leggera euforia che viene descritta come un effetto collaterale di qualche cannabinoide, e considerata irrazionalmente come un effetto negativo, da eliminare con farmaci di sintesi, mentre rappresenta un aiuto e un sostegno nell’ affrontare la malattia, dal punto di vista del malato.
Ho voluto spiegare i motivi dell’ accostamento tra cannabis terapeutica e test antidroga; sono le estreme derive del proibizionismo, laddove sconfina invadendo non solo i diritti al libero comportamento privato ma persino quelli dei malati all’ accesso ai farmaci cannabinoidi; impone un accertamento sul corpo della persona anche in assenza di comportamenti rischiosi, nel caso dei test. Ben diverso è infatti il caso di un test eseguito su chi guida come un pazzo e su chi se ne torna tranquillamente a casa; e i test sono una modalità invasiva sul corpo stesso, sulla persona fisica, che non per caso è la prima ad esser tutelata.
Sulla libera coltivazione domestica un contributo è venuto dal seminario di coltivazione indoor che si è svolto a Milano il 13 febbraio, con Marco Cappato, candidato governatore in Lombardia, se mai ci saranno elezioni democratiche, e Luca Merola, del Canapaio Ducale. Sergio Rovasio aveva già richiamato le disobbedienze civili dei radicali sulla coltivazione domestica, abbiamo richiamato anche le iniziative radicali referendarie, parlamentari, di giurisprudenza, oltre che le spinte transnazionali in USA, nei paesi latinoamericani, e in alcuni paesi d’Europa.
In chiusura, la lettura di un comunicato stampa da Fiumicino, che riporta alla triste realtà italiana. Azione Giovani “Giovane Italia” plaude alla proposta del PD “affinché vengano effettutati i test antidroga nelle scuole medie inferiori e superiori del nostro comune”, e rivendica una azione del 2001 vantandosi di aver occupato e impedito un servizio pubblico di SERT perché secondo loro la riduzione del danno, che pure sta nelle convenzioni di tutto il mondo come pilastro delle politiche antidroga, è la cultura della morte. Il comunicato naturalmente fa ampio riferimento alla candidatura di Emma Bonino per la Presidenza del Lazio, se mai ci saranno libere elezioni.
21 gennaio 2010
GIOVANARDI GO HOME
Nella stessa direzione si è mossa la Repubblica Ceca, dove dal primo gennaio 2010 sono in vigore i limiti massimi per il consumo personale di sostanze stupefacenti, in alcuni casi tre volte superiori alle quantità consentite in Olanda. E' divenuto legale il possesso di 15 grammi di marjiuana, 1 grammo di cocaina, 1,5 grammo d'eroina, 4 pasticche di ecstasy. Rimane vietato, e quindi punibile, lo spaccio. Né potrebbe essere altrimenti, visto che tutto il mondo deve obbedire alle folli politiche ONU sulle droghe che come tutti sanno sono dannose oltre che inutili allo scopo.
Da parte sua l’ Olanda, che in Europa è stata l’ inventrice della “proibizione legislativa con il principio amministrativo dell’ espediente” ed era già arrivata nel 1976 a differenziare droghe con rischi accettabili e droghe con rischi inaccettabili, perseguendo politiche di legalizzazione delle prime per contrasto alle seconde, si è scontrata con le convenzioni ONU laddove vietano la vendita all’ingrosso; non è stato difficile per i narcotrafficanti soppiantare i fornitori indipendenti locali, inserendosi nella catena di distribuzione nel punto dove l’espediente non è praticabile. Inoltre la disponibilità dei coffee shop attrae dal resto di un Europa proibizionista milioni di giovani che generano non pochi problemi di ordine, oltre che un florido traffico di droghe pesanti.
Sono poche le categorie che in Italia traggono vantaggio dalla posizione ottusa di Giovanardi; tra queste, narcotrafficanti, mafie e corrotti