24 aprile 2007

GIORNI SETTE E OTTO/2

si, mangiare è un vizio, un vizio assurdo; diranno, i miei quattro lettori, ma a questa la fame le dà alla testa! No,
diletti figli,
mangiare è un vizio; non nutrirsi, che è funzione fisiologica sana e sacrosanta, ma mangiare come noi popolo decadente del terzo millennio occidentale mangiamo, si.
Infatti se non si mangia ci si sente soli.
Non c'è più la barista deferente che ci porge "il solito", e chi ha fatto la barista sa di che lacrime grondi e di che sangue ricordarsi qual'è il solito di ognuno di noi, non c'è più la sollecita mamma/moglie che ci ammannisce i manicaretti amati, niente più amici festanti che giungono con la bottiglia di buon vino, fine dei riti e dei miti sulla dubbia bontà delle accozzaglie tra fagioli zolfini e cozze voraci.
Fine della bottega speciale che apre le porte solo di fronte alla nostra pingue carta di credito, e qui il noi è proprio immaginifico perchè come tutti sanno la carta di credito appartiene al mio glorioso passato, fine della fattoria nel chianti dove l'onesto fattore è ancora memore dei nostri avi, fine dell'untuoso bottegaio che strizza l'occhio mentre incarta il mezzo chilo di lardo di colonnata quando ne avevi chiesto venti grammi dicendo: lascio?
E domani ci sarà da spiegare all'amica materialista e gaudente perchè non passerai la giornata di festa come al solito obnibulandoti di vino bianco e carne di manzo chianino; sarà più difficile che spiegare a d'alema perchè l'esibizionista è lui.

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