le tredici risposte tredici stanno qui; più la mia final answer to the wind.
ora si spera di passare a altro.
oltretutto il testo della moratoria non c'è ancora; il diavolo fa le pentole ma non i testi.
30 ottobre 2007
27 ottobre 2007
LETTERA ( A BOCCA ) APERTA
LETTERA
APERTA
AI
RADICALI TOSCANI
Cari amici,
Cari amici,
cari compagni,
ieri sera c’è stata l’assemblea precongressuale toscana; la politica radicale, esterna o interna che sia, è sempre piuttosto paradossale, ma quello che è successo nella brutta e rattoppata saletta che i socialisti fiorentini ci concedono in uso ha sfiorato l’assurdo se non il demenziale.
Vi posso raccontare ciò che ho visto io, cercando di mantenere il distacco necessario all’obiettività, ma sarà dura perché dopo una notte e un giorno sono ancora coinvolta e arrabbiata e se scrivo è perché non riesco proprio a farne a meno. Mi limiterò a considerare il presente, tranne alcune obbligate premesse, perché riconsiderare anche il passato richiederebbe un intero libro.
La convocazione era eccezionalmente convocata da Roma, senza che, per la prima volta, l’Associazione per l’ iniziativa radicale Andrea Tamburi comparisse, e, seconda eccezione, senza la presenza del segretario e/o tesoriere nazionale. Come se localmente nulla esistesse, mentre dalla sua fondazione l’Andrea Tamburi si è distinta fra tutte per iscrizioni e risultati in firme, contributi, contatti, anche se forse non in consenso elettorale locale, dotandosi di una forte identità politica che la ha resa conosciuta a tutto il mondo radicale e anche un po’ oltre.
Certo, si può pensare, l’ associazione fiorentina è nata e si è formata contemporaneamente e insieme alla carriera che Daniele Capezzone ci ha fatto l’onore e l’onere di percorrere in mezzo a noi, da poliziotto in borghese a presidente di commissione parlamentare, ed è naturale che adesso sconti la caduta di credito che la fuoriuscita rapida, raggiunti gli scopi, dello stesso Capezzone dalla politica radicale ha generato.
Inoltre la lettera che questa estate trecento e passa persone, non tutte iscritte, hanno firmato; la lettera che ha accusato la dirigenza radicale di azioni vergognose e scomposte; la lettera che indicava lo scontro in corso con Capezzone come interno, invece che esterno come palesemente era, è stata scritta per un quarto a Firenze, nella persona di Antonio Bacchi, segretario dell’ Andrea Tamburi, membro della direzione nazionale, ex coordinatore regionale della Rosa Nel Pugno, per un pelo non anche onorevole.
Ora è successo che Matteo Maliardi, radicale iscritto da anni a tutti i soggetti radicali ivi compreso l’Andrea Tamburi, ha scritto a Marco Pannella, Emma Bonino, Rita Bernardini, per spezzare una lancia in favore di Antonio Bacchi e della sua lealtà.
Vi risparmio e mi risparmio la trascrizione fedele della lettera, perché è un po’ lunga; il succo è che, senza entrare in argomenti politici, e dichiarando fin dall’inizio di non voler parlare in merito a Daniele Capezzone, si loda e si decanta l’infaticabile e generosa attività del Bacchi a Firenze e in toscana, la sua dedizione alle linee politiche dettate dal partito, la sua assoluta e totale correttezza,
Ora, ne avrà ricevute Pannella di lettere dagli iscritti, su Bacchi, su Capezzone, su tutto? Migliaia e migliaia di migliaia; ha risposto in casi che diventano eccezionali rispetto alle volte che non ha risposto se non collettivamente. Marco Pannella, che anche se non è pensionato ha una certa età, ha deciso nel giorno stesso dell’ assemblea precongressuale di venire a Firenze di persona per rispondere a Matteo Maliardi e con l’ occasione anche ad Antonio Bacchi in merito alla lettera di questa estate.
Immaginiamo qualunque altro partito cosiddetto democratico; quattro esponenti e dirigenti scrivono e fanno sottoscrivere una lettera rivolta alla dirigenza dove la stessa viene accusata di scompostezza, violenza, colpi bassi; immaginate se la dirigenza risponde, pubblica, dialoga. Marco Pannella ha pubblicato, ha discusso, ha dialogato. Inoltre, è forse andato a Bologna, a Torino, a Palermo, a rispondere agli altri quattro estensori del documento? No, ha preso un treno e se ne è venuto a Firenze, a porgere quello che mi è sembrato un palese ramo di ulivo / shalom.
Arrivato a Firenze e trasportato nell’orrore della media periferia fiorentina, dove l’uomo politico più prestigioso che metta piede è Ciucchi, questo uomo che sarà nei libri di storia, se la storia continuerà ad essere scritta, si è visto risbatacchiare in viso l’ulivo e si è ritrovato a sentirsi parlare pari a pari in modo anche piuttosto maleducato da gente che ignora la differenza tra una riunione segreta e una riunione di direzione convocata e registrata e messa on line.
L’assemblea precongressuale radicale toscana era occupata letteralmente da un gruppo di persone che trattavano Pannella da pellaio, fingevano di dimenticare il nome della tesoriera per sottolinearne la presunta incapacità, lamentavano l’inadeguatezza e la mancanza di grinta della segretaria, chiamavano in causa anche la presidenta, senza considerare che quella dirigenza loro stessi, nel congresso più aperto e democratico che esista, la avevano votata un anno fa; colmo dei colmi, volendo insegnare a Marco Pannella che cosa è la storia radicale, che cosa vuol dire essere radicali.
Sembravano dei bambini dispettosi che si rivoltano a un genitore troppo permissivo, un branco di cani ( botoli n.d.t. ) ringhiosi che aggrediscono chi li ha sciolti (mordono la mano che li ha liberati n.d.t. ).
Io spero che Padova non sia così. Ci sono tante cose molto più importanti da portare avanti, tutte quelle cose delle quali non si è parlato, se non in piccola parte, ieri sera a Firenze. Per quanto mi riguarda, se lo scopo è quello di cambiare la dirigenza di Radicali Italiani e appropriarsi di un soggetto politico, non avendo la forza di formarne uno proprio, si vedrà in congresso. Ma fino da ora, vorrei dire quello che ieri sera mi è mancato di dire, non per indecisione, ma perché caratterialmente ho dei tempi di reazione lunghi, un appello o un avviso, a seconda dei casi: giù le mani da Pannella, dalla storia radicale, dai tempi e dagli spazi radicali!
Claudia Sterzi
ieri sera c’è stata l’assemblea precongressuale toscana; la politica radicale, esterna o interna che sia, è sempre piuttosto paradossale, ma quello che è successo nella brutta e rattoppata saletta che i socialisti fiorentini ci concedono in uso ha sfiorato l’assurdo se non il demenziale.
Vi posso raccontare ciò che ho visto io, cercando di mantenere il distacco necessario all’obiettività, ma sarà dura perché dopo una notte e un giorno sono ancora coinvolta e arrabbiata e se scrivo è perché non riesco proprio a farne a meno. Mi limiterò a considerare il presente, tranne alcune obbligate premesse, perché riconsiderare anche il passato richiederebbe un intero libro.
La convocazione era eccezionalmente convocata da Roma, senza che, per la prima volta, l’Associazione per l’ iniziativa radicale Andrea Tamburi comparisse, e, seconda eccezione, senza la presenza del segretario e/o tesoriere nazionale. Come se localmente nulla esistesse, mentre dalla sua fondazione l’Andrea Tamburi si è distinta fra tutte per iscrizioni e risultati in firme, contributi, contatti, anche se forse non in consenso elettorale locale, dotandosi di una forte identità politica che la ha resa conosciuta a tutto il mondo radicale e anche un po’ oltre.
Certo, si può pensare, l’ associazione fiorentina è nata e si è formata contemporaneamente e insieme alla carriera che Daniele Capezzone ci ha fatto l’onore e l’onere di percorrere in mezzo a noi, da poliziotto in borghese a presidente di commissione parlamentare, ed è naturale che adesso sconti la caduta di credito che la fuoriuscita rapida, raggiunti gli scopi, dello stesso Capezzone dalla politica radicale ha generato.
Inoltre la lettera che questa estate trecento e passa persone, non tutte iscritte, hanno firmato; la lettera che ha accusato la dirigenza radicale di azioni vergognose e scomposte; la lettera che indicava lo scontro in corso con Capezzone come interno, invece che esterno come palesemente era, è stata scritta per un quarto a Firenze, nella persona di Antonio Bacchi, segretario dell’ Andrea Tamburi, membro della direzione nazionale, ex coordinatore regionale della Rosa Nel Pugno, per un pelo non anche onorevole.
Ora è successo che Matteo Maliardi, radicale iscritto da anni a tutti i soggetti radicali ivi compreso l’Andrea Tamburi, ha scritto a Marco Pannella, Emma Bonino, Rita Bernardini, per spezzare una lancia in favore di Antonio Bacchi e della sua lealtà.
Vi risparmio e mi risparmio la trascrizione fedele della lettera, perché è un po’ lunga; il succo è che, senza entrare in argomenti politici, e dichiarando fin dall’inizio di non voler parlare in merito a Daniele Capezzone, si loda e si decanta l’infaticabile e generosa attività del Bacchi a Firenze e in toscana, la sua dedizione alle linee politiche dettate dal partito, la sua assoluta e totale correttezza,
Ora, ne avrà ricevute Pannella di lettere dagli iscritti, su Bacchi, su Capezzone, su tutto? Migliaia e migliaia di migliaia; ha risposto in casi che diventano eccezionali rispetto alle volte che non ha risposto se non collettivamente. Marco Pannella, che anche se non è pensionato ha una certa età, ha deciso nel giorno stesso dell’ assemblea precongressuale di venire a Firenze di persona per rispondere a Matteo Maliardi e con l’ occasione anche ad Antonio Bacchi in merito alla lettera di questa estate.
Immaginiamo qualunque altro partito cosiddetto democratico; quattro esponenti e dirigenti scrivono e fanno sottoscrivere una lettera rivolta alla dirigenza dove la stessa viene accusata di scompostezza, violenza, colpi bassi; immaginate se la dirigenza risponde, pubblica, dialoga. Marco Pannella ha pubblicato, ha discusso, ha dialogato. Inoltre, è forse andato a Bologna, a Torino, a Palermo, a rispondere agli altri quattro estensori del documento? No, ha preso un treno e se ne è venuto a Firenze, a porgere quello che mi è sembrato un palese ramo di ulivo / shalom.
Arrivato a Firenze e trasportato nell’orrore della media periferia fiorentina, dove l’uomo politico più prestigioso che metta piede è Ciucchi, questo uomo che sarà nei libri di storia, se la storia continuerà ad essere scritta, si è visto risbatacchiare in viso l’ulivo e si è ritrovato a sentirsi parlare pari a pari in modo anche piuttosto maleducato da gente che ignora la differenza tra una riunione segreta e una riunione di direzione convocata e registrata e messa on line.
L’assemblea precongressuale radicale toscana era occupata letteralmente da un gruppo di persone che trattavano Pannella da pellaio, fingevano di dimenticare il nome della tesoriera per sottolinearne la presunta incapacità, lamentavano l’inadeguatezza e la mancanza di grinta della segretaria, chiamavano in causa anche la presidenta, senza considerare che quella dirigenza loro stessi, nel congresso più aperto e democratico che esista, la avevano votata un anno fa; colmo dei colmi, volendo insegnare a Marco Pannella che cosa è la storia radicale, che cosa vuol dire essere radicali.
Sembravano dei bambini dispettosi che si rivoltano a un genitore troppo permissivo, un branco di cani ( botoli n.d.t. ) ringhiosi che aggrediscono chi li ha sciolti (mordono la mano che li ha liberati n.d.t. ).
Io spero che Padova non sia così. Ci sono tante cose molto più importanti da portare avanti, tutte quelle cose delle quali non si è parlato, se non in piccola parte, ieri sera a Firenze. Per quanto mi riguarda, se lo scopo è quello di cambiare la dirigenza di Radicali Italiani e appropriarsi di un soggetto politico, non avendo la forza di formarne uno proprio, si vedrà in congresso. Ma fino da ora, vorrei dire quello che ieri sera mi è mancato di dire, non per indecisione, ma perché caratterialmente ho dei tempi di reazione lunghi, un appello o un avviso, a seconda dei casi: giù le mani da Pannella, dalla storia radicale, dai tempi e dagli spazi radicali!
Claudia Sterzi
23 ottobre 2007
in onore alle donne giraffa birmane e
TESI IN SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI:
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI:
UNA QUESTIONE DI GENERE CULTURALE
BREVE SINTESI DEL LAVORO SVOLTOIl mio interesse sociologico per le mutilazioni genitali femminili è nato due anni fa, durante la partecipazione alla Conferenza “STOPFGM”, svoltasi presso il Parlamento Europeo, a Bruxelles, a causa di quelli che mi sono sembrati dati, seppure stimati, stupefacenti, cioè 140 milioni di donne, ragazze e bambine mutilate nel mondo, e ancora di più 40.000 presenti in Italia, appartenenti a comunità immigrate.
L’orientamento teorico sull’argomento ha compreso la collocazione del fenomeno nello spazio storico e geografico attraverso la letteratura esistente sull’argomento, etnografica, medica, antropologica, sociologica e letteraria; in seguito il mio interesse si è focalizzato sulla percezione, il punto di vista dei cittadini e delle istituzioni dei paesi di accoglienza, su come il mondo “occidentale” ha reagito all’arrivo di migliaia di donne e bambine mutilate nelle nostre case, nelle nostre scuole, nelle nostre società dove i diritti delle donne e delle bambine sembrano acquisiti e dati per certi.
L’analisi della letteratura istituzionale e scientifica, delle rassegne stampa riguardanti alcuni avvenimenti come “ il caso delle gemelline di Bergamo ” e “ la proposta choc del dottor Abdulkadir ”, ha evidenziato come dato emergente una contrapposizione quasi feroce tra due distinti atteggiamenti, da una parte quello assolutista, con radici nell’Illuminismo, che liquida la prassi definendola barbara, con proposte e azioni di tipo di repressivo e proibizionista, dall’altra quello relativista, di eco Nichilista, che in favore al rispetto per le altre culture e alla paura dei conflitti sembra dimenticare quanto il diritto all’integrità fisica dei minori e i diritti civili, riproduttivi, sociali e sessuali delle donne siano valori fondanti delle nostre stesse società e culture.
L’integralismo e l’emotività espressi in entrambi gli atteggiamenti sembrano denunciare un dato sommerso di resistenza e rimozione collettiva, un rifiuto dell’approfondimento che è indice di un coinvolgimento emotivo e della mancanza del distacco necessario per una valutazione dei problemi e degli effetti secondari delle soluzioni, per una azione orientata alla massimizzazione dei benefici sociali ottenibili.
In effetti nella ricerca bibliografica sono emersi temi paralleli che risuonano in accordo con i molteplici aspetti e livelli di lettura delle mutilazioni genitali femminili, temi tipici anche delle nostre società, nel presente o in un passato non tanto remoto, per esempio il tatuaggio e il piercing, il sistema della schiavitù, la violentizzazione, i reati di obbedienza, il mito e i riti della verginità femminile, la violazione sistematica dei diritti delle donne e delle bambine, la chirurgia estetica, il delitto d'onore, l'estinzione attraverso il matrimonio del reato di violenza sessuale, lo stesso reato considerato un reato contro la morale ma non contro la persona, l’incesto, “naturalmente” del padre sulla figlia, configurabile come reato solo qualora desse luogo a pubblico scandalo e altri.
Le ragioni della resistenza, del diniego opposto a questo tema sembrano individuabili nelle difficoltà del riconoscimento; riconoscersi in modalità così brutali di dominio maschile, in metodi così scoperti di repressione della sessualità femminile e di controllo della riproduzione vorrebbe dire assumere la consapevolezza delle nostre radici, in una “archeologia dell’inconscio”, come la chiama Bourdieu, che ci costringerebbe a riconoscere quanto e quanto a lungo lo stato dei diritti delle donne e delle bambine è stato simile nella nostra storia sociale.
Esistono violazioni continue e gravissime dei diritti di uomini, donne e bambini, popoli in generale, nel mondo; la definizione di tali diritti è relativa ed in continuo mutamento; inoltre esiste nel mondo una invariante questione del “dominio maschile”, in modalità diverse a Kabul o a New York, certamente, ma come effettiva e universale visione condivisa da dominanti e dominati nei fatti quotidiani al di là delle dichiarazioni di intenti e di principi, come necessaria ed urgente, quanto arbitraria, visione e divisione della realtà.
Il mio lavoro non pretende di essere esaustivo su un argomento così vasto; all’inizio non pensavo che la questione del genere fosse centrale nelle MGF, pensavo più ai diritti dei minori, ma da ogni punto di vista il problema del dominio di genere è emerso come principale variabile certa, il dominio di genere per il controllo della riproduzione, fisica e sociale; la mia intenzione è stata quella di studiare i meccanismi di una resistenza collettiva a una realtà che ci riguarda da vicino come paesi ospitanti, cittadini, esseri umani.
Nell’ultimo paragrafo è accennato un progetto di azione sociale a livello locale per affrontare, senza cadere nel pregiudizio o nell’ indifferenza, il problema dell’integrazione delle donne mutilate, e delle loro figlie, nelle nostre società, correggendo i difetti di comunicazione, come antidoto preventivo alla violenza, e di azione, che le due posizioni contrapposte, l'etnocentrica e la multietnica, comportano, mantenendo fermo, per quanto mi riguarda, l'obiettivo politico di lungo termine, cioè l'eliminazione in tutto il mondo di una piaga, poichè letteralmente di una piaga si tratta, che affligge milioni di donne, attraverso un avanzamento complessivo dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e degli uomini.
L’orientamento teorico sull’argomento ha compreso la collocazione del fenomeno nello spazio storico e geografico attraverso la letteratura esistente sull’argomento, etnografica, medica, antropologica, sociologica e letteraria; in seguito il mio interesse si è focalizzato sulla percezione, il punto di vista dei cittadini e delle istituzioni dei paesi di accoglienza, su come il mondo “occidentale” ha reagito all’arrivo di migliaia di donne e bambine mutilate nelle nostre case, nelle nostre scuole, nelle nostre società dove i diritti delle donne e delle bambine sembrano acquisiti e dati per certi.
L’analisi della letteratura istituzionale e scientifica, delle rassegne stampa riguardanti alcuni avvenimenti come “ il caso delle gemelline di Bergamo ” e “ la proposta choc del dottor Abdulkadir ”, ha evidenziato come dato emergente una contrapposizione quasi feroce tra due distinti atteggiamenti, da una parte quello assolutista, con radici nell’Illuminismo, che liquida la prassi definendola barbara, con proposte e azioni di tipo di repressivo e proibizionista, dall’altra quello relativista, di eco Nichilista, che in favore al rispetto per le altre culture e alla paura dei conflitti sembra dimenticare quanto il diritto all’integrità fisica dei minori e i diritti civili, riproduttivi, sociali e sessuali delle donne siano valori fondanti delle nostre stesse società e culture.
L’integralismo e l’emotività espressi in entrambi gli atteggiamenti sembrano denunciare un dato sommerso di resistenza e rimozione collettiva, un rifiuto dell’approfondimento che è indice di un coinvolgimento emotivo e della mancanza del distacco necessario per una valutazione dei problemi e degli effetti secondari delle soluzioni, per una azione orientata alla massimizzazione dei benefici sociali ottenibili.
In effetti nella ricerca bibliografica sono emersi temi paralleli che risuonano in accordo con i molteplici aspetti e livelli di lettura delle mutilazioni genitali femminili, temi tipici anche delle nostre società, nel presente o in un passato non tanto remoto, per esempio il tatuaggio e il piercing, il sistema della schiavitù, la violentizzazione, i reati di obbedienza, il mito e i riti della verginità femminile, la violazione sistematica dei diritti delle donne e delle bambine, la chirurgia estetica, il delitto d'onore, l'estinzione attraverso il matrimonio del reato di violenza sessuale, lo stesso reato considerato un reato contro la morale ma non contro la persona, l’incesto, “naturalmente” del padre sulla figlia, configurabile come reato solo qualora desse luogo a pubblico scandalo e altri.
Le ragioni della resistenza, del diniego opposto a questo tema sembrano individuabili nelle difficoltà del riconoscimento; riconoscersi in modalità così brutali di dominio maschile, in metodi così scoperti di repressione della sessualità femminile e di controllo della riproduzione vorrebbe dire assumere la consapevolezza delle nostre radici, in una “archeologia dell’inconscio”, come la chiama Bourdieu, che ci costringerebbe a riconoscere quanto e quanto a lungo lo stato dei diritti delle donne e delle bambine è stato simile nella nostra storia sociale.
Esistono violazioni continue e gravissime dei diritti di uomini, donne e bambini, popoli in generale, nel mondo; la definizione di tali diritti è relativa ed in continuo mutamento; inoltre esiste nel mondo una invariante questione del “dominio maschile”, in modalità diverse a Kabul o a New York, certamente, ma come effettiva e universale visione condivisa da dominanti e dominati nei fatti quotidiani al di là delle dichiarazioni di intenti e di principi, come necessaria ed urgente, quanto arbitraria, visione e divisione della realtà.
Il mio lavoro non pretende di essere esaustivo su un argomento così vasto; all’inizio non pensavo che la questione del genere fosse centrale nelle MGF, pensavo più ai diritti dei minori, ma da ogni punto di vista il problema del dominio di genere è emerso come principale variabile certa, il dominio di genere per il controllo della riproduzione, fisica e sociale; la mia intenzione è stata quella di studiare i meccanismi di una resistenza collettiva a una realtà che ci riguarda da vicino come paesi ospitanti, cittadini, esseri umani.
Nell’ultimo paragrafo è accennato un progetto di azione sociale a livello locale per affrontare, senza cadere nel pregiudizio o nell’ indifferenza, il problema dell’integrazione delle donne mutilate, e delle loro figlie, nelle nostre società, correggendo i difetti di comunicazione, come antidoto preventivo alla violenza, e di azione, che le due posizioni contrapposte, l'etnocentrica e la multietnica, comportano, mantenendo fermo, per quanto mi riguarda, l'obiettivo politico di lungo termine, cioè l'eliminazione in tutto il mondo di una piaga, poichè letteralmente di una piaga si tratta, che affligge milioni di donne, attraverso un avanzamento complessivo dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e degli uomini.
22 ottobre 2007
RIFIUTO DI SOTTOPORSI ALL'ETILOMETRO: MULTA DA 2500 A 10000 EURO
No, no che non è una svista quella della legge 2 ottobre sulla "guida sotto l'influenza dell'alcool"
non è che non se ne sono accorti
non è una incongruenza
è proprio chiaro cio che è.
Se hai 10.000 euro da spendere puoi anche guidare ubriaco, se non provochi incidenti; lo stato di diritto è a pagamento, solo per chi può.
Se non li hai sei obbligato a farti l'etilometro, l'esame delle urine e se ti va male anche la perquisizione anale.
I ricchi possono ubriacarsi, drogarsi, ecc.
I poveri no. Come sempre era e sempre sarà nei secola saeculorum amen.
I poverissimi sono l'eccezione; essi infatti possono bere se glielo offrono, guidare una macchina se gliela prestano, rifiutarsi di fare l'etilometro, non pagare la multa e non avere niente da sequestrare. che fortuna
20 ottobre 2007
per avvantaggiarsi,
che nei prossimi giorni ci avrò molto da fare, subito un ricordo anche dello scorso dicembre a bruxelles
disubbidisco pure a brussels
diletti figli
segue ma non conclude
brussels brussels
una alternativa chiamata . . .
disubbidisco pure a brussels
diletti figli
segue ma non conclude
brussels brussels
una alternativa chiamata . . .
un anno
19 ottobre 2007
"Nel nostro rapporto con il Governo", avverte l'esponente della Rosa nel Pugno, "il banco di prova si chiama anche moratoria Onu delle esecuzioni capitali".
ecco fatto; il testo della moratoria dice che c'è, ma è come al lupo al lupo, ormai non ci credo più, i portoghesi continuano bellamente a remare contro non si sa perchè, tutto langue nella melma delle burocrazie eu e onu, due dei maggiori pachidermi trogloditi del mondo, e la moratoria diventa per gioco ennesimo di illusionismo, argomento di spinta su un governo e su un congresso.
padova meno dieci
niente otto senatori; anche stamani.
niente riforma delle leggi sulle droghe e sulle tossicodipendenze; anche il galles ci dà dei punti.
l'uso del termine "sinistra radicale" impazza: tenterei un parziale autorisarcimento proletario, rubando i termini:
rifondazione liberazione resistenza, tutti con l'aggettivo - radicale - radicale rifondazione, radicale liberazione, radicale resistenza. tiè
in via del tutto eccezionale, foto personale di laurea circondata da amici radicali compreso l'attuale covicepresidente del senato del prntt
18 ottobre 2007
può un cannibale fare sciopero della fame?
altro che i normanni bevevan calvados!
oggi la notizia del clan emerogastronomico nigeriano:
“BRESCIA - Manette alla cupola nigeriana. In sei, a Brescia, si spartivano prostituzione, droga, immigrazione clandestina e il business delle carte di credito clonate. Per entrare nel clan, gli affiliati dovevano bere del sangue umano.
L'operazione si deve alla squadra mobile che la notte scorsa ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare. Altre tre persone sono irreperibili e sono ricercate. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Brescia, Torino e Caserta.
L'associazione, spiegano gli investigatori, era una organizzazione di stampo mafioso su base etnica: un gruppo formato da confraternite studentesche nigeriane contro le quali lo stesso governo del Paese africano avrebbe sollecitato interventi. Era previsto un rito di affiliazione in cui gli associati bevevano del sangue; indossavano un abbigliamento di colore azzurro. Il gruppo organizzava spedizioni punitive contro bande rivali: la polizia ne ha sventata una che sarebbe dovuta avvenire tempo fa in provincia di Verona, utilizzando anche delle asce.
Attraverso la clonazione di carte di credito gli affiliati acquistavano biglietti aerei che rivendevano a prezzi irrisori ai connazionali. E' infine emerso che almeno una parte degli acquisti veniva effettuata presso commercianti compiacenti.”
L'operazione si deve alla squadra mobile che la notte scorsa ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare. Altre tre persone sono irreperibili e sono ricercate. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Brescia, Torino e Caserta.
L'associazione, spiegano gli investigatori, era una organizzazione di stampo mafioso su base etnica: un gruppo formato da confraternite studentesche nigeriane contro le quali lo stesso governo del Paese africano avrebbe sollecitato interventi. Era previsto un rito di affiliazione in cui gli associati bevevano del sangue; indossavano un abbigliamento di colore azzurro. Il gruppo organizzava spedizioni punitive contro bande rivali: la polizia ne ha sventata una che sarebbe dovuta avvenire tempo fa in provincia di Verona, utilizzando anche delle asce.
Attraverso la clonazione di carte di credito gli affiliati acquistavano biglietti aerei che rivendevano a prezzi irrisori ai connazionali. E' infine emerso che almeno una parte degli acquisti veniva effettuata presso commercianti compiacenti.”
un cannibale, intervistato, ci delizia con i suoi resoconti gastronomici:
"La Germania è sotto choc per l'intervista televisiva andata in onda sull'emittente privata Rtl al cannibale di Rotenburg, Armin Meiwes, 46 anni, che nel 2001 aveva ucciso un esperto berlinese di computer. Davanti alle telecamere il cannibale ha raccontato che al "primo boccone" ebbe "una sensazione strana", perchè attendeva "da 30 anni quel momento". "La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, ma più sostanziosa - ha aggiunto - è buona davvero".
Meiwes, che sta scontando una condanna all'ergastolo nel carcere di Kassel, dove lavora nella lavanderia, ha spiegato di non provare alcun tipo di rimorso. "E' "una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me". La vittima consenziente aveva mangiato il proprio pene arrostito insieme al suo aguzzino, che poi aveva sezionato il cadavere del tecnico e aveva mangiato 20 chili della sua carne, conservando il resto nel congelatore. Il cannibale ricorda di aver amato molto da bambino la favola di "Hansel e Gretel", che gli leggeva la madre, trovando particolarmente "interessante quando Hansel deve essere mangiato": "Voi non immaginate nemmeno quanti Hansel si aggirano su Internet". A suo dire, in Germania ci sarebbero oltre 10mila tra cannibali e potenziali vittime che cercano di mettersi in contatto tra loro via internet.
La conoscenza della sua vittima Meiwes l'aveva fatta proprio in rete, dove gli aveva proposto di farsi uccidere e mangiare. Dal suo punto di vista, il cannibale di Rotenburg si considera "una persona servizievole, sempre disposto ad aiutare chiunque", ma ammette tuttavia che gli altri lo possano vedere come "qualcosa di mostruoso", poiche' "solo in linea di principio sono una persona normale".
Meiwes, che sta scontando una condanna all'ergastolo nel carcere di Kassel, dove lavora nella lavanderia, ha spiegato di non provare alcun tipo di rimorso. "E' "una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me". La vittima consenziente aveva mangiato il proprio pene arrostito insieme al suo aguzzino, che poi aveva sezionato il cadavere del tecnico e aveva mangiato 20 chili della sua carne, conservando il resto nel congelatore. Il cannibale ricorda di aver amato molto da bambino la favola di "Hansel e Gretel", che gli leggeva la madre, trovando particolarmente "interessante quando Hansel deve essere mangiato": "Voi non immaginate nemmeno quanti Hansel si aggirano su Internet". A suo dire, in Germania ci sarebbero oltre 10mila tra cannibali e potenziali vittime che cercano di mettersi in contatto tra loro via internet.
La conoscenza della sua vittima Meiwes l'aveva fatta proprio in rete, dove gli aveva proposto di farsi uccidere e mangiare. Dal suo punto di vista, il cannibale di Rotenburg si considera "una persona servizievole, sempre disposto ad aiutare chiunque", ma ammette tuttavia che gli altri lo possano vedere come "qualcosa di mostruoso", poiche' "solo in linea di principio sono una persona normale".
Vi state chiedendo che cosa ci azzeccano vladimir e joseph con i cannibali? non ci posso credere . . .
15 ottobre 2007
come gongola re piero
come era felice re piero stamani come gongolava nel dare i numeri della partecipazione alle primarie: 3 milioni e rotti che a un euro l'uno minimo fanno 3 milioni e rotti di euri minimo solo in toscana trecentoventisettemila roba che neanche l'incasso delle coop il ventiquattro dicembre. tre milioni e rotti di miracolati assunti sindacalizzati intimiditi affezionati famigli che di domenica nei secoli fedeli si sono agghindati tinti e pinti e si sono messi in coda per dare un euro a testa minimo a valter veltroni. bene bravo sette più
13 ottobre 2007
Pannella: Moratoria Universale a quando?
Siamo di nuovo a zero, per adempimenti e impegni preannunciati. Ritardi e errori Ue tornano a prevalere, a indebolire iniziativa italiana.
Roma, 12 ottobre 2007
Dichiarazione di Marco Pannella
Mi corre letteralmente l’obbligo, a nome del Partito Radicale e dell’intera galassia radicale, di indicare al Presidente del Consiglio ed al Ministro degli Esteri del nostro Governo quanto resti e s’aggravi il pericolo che, per l’ennesima volta, si impedisca di fatto all’Assemblea Generale dell’ONU di proclamare quella Moratoria Universale sulla pena di morte che da 14 anni – per patente quanto scandalosa e tutt’ora non spiegabile responsabilità dell’Unione europea – non riesce in tal modo ad essere conquistata dalla comunità internazionale.
Siamo infatti ormai a metà ottobre e nessuna Risoluzione in proposito è ancora acquisita, conosciuta e presentata. Un pesante gioco ostracistico vanifica delibere istituzionali dei Consigli affari generali dell’UE, dei Parlamenti italiano e europeo e ha strutturalmente la forza di vanificare i conseguenti obblighi delle presidenze in esercizio semestrale dell’Ue.
Diamo atto al Governo italiano di avere nelle ultime settimane finalmente meglio valutata questa incresciosa e grave situazione e di avere finalmente reagito, cosa purtroppo non accaduta per la 61esima Assemblea Generale. Siamo, come noto e confermiamo, sul piano politico, parlamentare, delle lotte nonviolente mobilitati a sostegno dell’opera del Governo italiano, avendo nella scorsa estate promosso una prestigiosa mobilitazione internazionale che ribadiva in modo finalmente indiscutibile la ultradecennale leadership dei nostri governi e del Movimento radicale pro-moratoria.
Purtroppo non si è saputo farne tesoro e questo fatto pesa come ipoteca su una nuova adeguata mobilitazione, che pur torneremo a proporre ed organizzare.
Che a metà ottobre non si abbiano ancora il testo della risoluzione, l’elenco dei suoi promotori, co-sponsor e sottoscrittori è fatto (o misfatto?) intollerabile.
Di nuovo sono indispensabili ulteriori mobilitazioni parlamentari e – ormai, lo affermiamo per la prima volta – istituzionali, poiché sono in gioco il prestigio della Repubblica italiana e quello dell’Unione europea, mentre si rischia di provocare un profondo riflesso di stanchezza, se non di esasperazione, da parte di quella maggioranza pro-moratoria degli stati membri dell’ONU che abbiamo documentato esistere da anni.
Anziché continuare a bombardare l’opinione pubblica con mera propaganda anti-pena di morte (che in un paese come il nostro dove il 70% dei cittadini è già convinto suona come stucchevole, superflua e sostanzialmente ipocrita oltre ad essere un esempio di un giornalismo disinformativo antidemocratico e sleale) sarebbe auspicabile che di questa vicenda, politicamente e giornalisticamente complessa, intrigante, scandalosa, la opinione pubblica venisse finalmente e davvero informata.
5 ottobre 2007
TRE OTTOBRE DUEMILASETTE
Mercoledì scorso, 3 ottobre, mi trovavo a passare di fronte al Tribunale di Siena; ero immerso in cupe meditazioni sulla macchia di ginger che mi ero accorto di avere sul risvolto dei miei magnifici pantaloni bianchi di canapa.
La folla del giorno di mercato mi disgustava e deliziava insieme con il suo cicaleccio dissipatorio; un paese dei balocchi, carico di tendine ricamate, magliette ammiccanti e polli allo spiedo.
Davanti al Tribunale un gruppetto di umani mi ha distolto dalla considerazione che andavo svolgendo, rivolta a dimostrare la palese colpa degli dèi dispettosi che vanno a giro spargendo macchie di ginger sui pantaloni della gente perbene.
Una grande donna, dotata di un forte carattere evidente alla prima occhiata, indossava delle scarpe nere da istitutrice e delle calze con piccoli pallini bianchi; era dotata di moderno telefonino telepatico con auricolari e parlava rivolta a un altro del gruppo, un distinto avvocato con la giacca impunturata e gli occhiali da persona saggia.
“ Alle agenzie hanno detto di non parlare del processo di stamani: ordini dall’ alto.”
Nel gruppo due ragazzi parlavano di scacchi, e due signore mature scartavano pacchetti di sigarette ciarlando di testamento biologico e eutanasia. Ce n’era abbastanza per attirare la mia attenzione, stimolata, oltre che dai pallini bianchi delle calze e dai laccetti delle scarpe, dall’ eccezionalità degli argomenti, ben diversi da quelli che avevo colto fino allora tra la gente del mercato: bronchiti, parenti, cotolette, ecc.
Con la scusa di osservare meglio la ormai famosa macchia, mi fermai accanto alle due signore.
Furono loro, a onor del vero, a attaccar discorso; e nel giro di cinque minuti ero già stato informato che si trattava di tre imputati per una disobbedienza civile: la proprietaria delle calze a pallini, che era nientepopodimenoche una segretaria di partito, Radicali Italiani, una delle signore e uno dei ragazzi; il secondo ragazzo era l’ addetto tecnico alla registrazione per Radio Radicale, nonché figlio della seconda signora, dirigente dello stesso partito e responsabile locale.
I tre delinquenti, un giorno di giugno di cinque e rotti anni fa, si riunirono in Piazza del Campo e al grido di : “per la libertà di cura: mariuana terapeutica” arringarono la folla sui benefici della canapa e i danni del proibizionismo e annunciarono la imminente distribuzione di bustine di ottima skunk olandese gratis per dialogare in modo nonviolento e civile con l’ autorità giudiziaria e l’opinione pubblica e l’inclito pubblico tutto sull’ opportunità del permanere di leggi illiberali ed incivili in campo di droghe. Furono tratti in questura, interrogati e denunciati. E quel giorno, 3 ottobre 2007, si apriva la prima udienza per quei fatti del giugno 2002, dopo una serie di rinvii e patetici contrattempi.
Oh che eroi moderni! Quale eccezione al generale svaccamento politico e intellettuale, all’ asfittico familismo provinciale toscano, agli ipocriti drogaparty privati dei politici! Senza alcuna speranza di benefici materiali, sbeffeggiati e emarginati da destra e sinistra, uniti nel nobile tentativo di salvare il mondo dalle disgrazie del proibizionismo armati di nonviolenza, i tre disubbidienti esprimevano un indubbio richiamo ad un passato leggendario ed insieme un salto in un futuro liberale possibile se non probabile.
Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi, ma anche beato quel popolo che avendone bisogno li trova, e dannato quel popolo che trovandoli li ignora.
Mentre così dentro di me ragionavo, il gruppo ad un cenno dell’ avvocato è scomparso ordinatamente dentro il buio palazzo; ho proseguito fino a un punto di ristoro, dove per rinfrancarmi mi son fatto servire un vodka martini. Invano ho cercato sui giornali locali qualche notizia che riguardasse il gruppo di disubbidienti civili nonviolenti; né mai più, penso, ne sentirò parlare.
Victor Joseph
COMUNICATO UFFICIALE
Processo Bernardini: rinvio per la disobbedienza civile sulla marijuana terapeutica
Siena, 3 ottobre 2007
I disobbedienti hanno ottenuto un buono in condotta per il comportamento tenuto in Piazza del Campo, avvertendo in anticipo gli agenti, non opponendo resistenza e consegnando la marijuana in loro possesso. Questa la deposizione degli agenti che nel giugno 2002 erano presenti nella piazza del palio ed hanno effettuato il fermo dei tre disobbedienti radicali, cioè la Segretaria del partito, Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini.
Nel corso dell’interrogatorio di ieri i tre imputati hanno voluto spiegare le ragioni di quella disobbedienza civile di 5 anni fa tutta incentrata sulla marijuana vietata in Italia anche per uso terapeutico per curare le gravi inappetenze dei malati di Aids, gli spasmi di coloro che sono affetti da sclerosi multipla, gli effetti collaterali della terapia chemioterapica nei malati oncologici. Bernardini, Sterzi e Braccini, ascoltati ieri dal tribunale senese, sono stati rinviati all’udienza del 18 giugno 2008 quando verrà ascoltato il perito che analizzò la sostanza sequestrata ai radicali.
Siena, 3 ottobre 2007
I disobbedienti hanno ottenuto un buono in condotta per il comportamento tenuto in Piazza del Campo, avvertendo in anticipo gli agenti, non opponendo resistenza e consegnando la marijuana in loro possesso. Questa la deposizione degli agenti che nel giugno 2002 erano presenti nella piazza del palio ed hanno effettuato il fermo dei tre disobbedienti radicali, cioè la Segretaria del partito, Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini.
Nel corso dell’interrogatorio di ieri i tre imputati hanno voluto spiegare le ragioni di quella disobbedienza civile di 5 anni fa tutta incentrata sulla marijuana vietata in Italia anche per uso terapeutico per curare le gravi inappetenze dei malati di Aids, gli spasmi di coloro che sono affetti da sclerosi multipla, gli effetti collaterali della terapia chemioterapica nei malati oncologici. Bernardini, Sterzi e Braccini, ascoltati ieri dal tribunale senese, sono stati rinviati all’udienza del 18 giugno 2008 quando verrà ascoltato il perito che analizzò la sostanza sequestrata ai radicali.
IL MIO COMUNICATO
ENNESIMO PROCESSO, ENNESIMO RINVIO
Ieri, 3 ottobre, si è svolta, a distanza di 5 anni e 4 mesi dai fatti, la prima udienza del processo per cessione di mariuana in Piazza del Campo a Siena, una delle 22 azioni nonviolente di disobbedienza civile che la Segretaria di R.I., insieme a decine di militanti radicali, è andata realizzando in tutta Italia, con risposte contraddittorie da parte delle autorità giudiziarie e nel silenzio più totale dei mezzi di informazione.
L’ udienza, che mi vedeva imputata insieme a Rita Bernardini e a Giulio Braccini, si è conclusa con un rinvio per l’ ascolto di un perito assente perché non individuato.
Sono stati ascoltati i testimoni dell’ accusa, cioè i poliziotti che avevano condotto il fermo e la perquisizione; e noi imputati.
Ho avuto modo di confermare la mia disobbedienza e a domanda specifica del nostro avvocato, Giuseppe Rossodivita, ho affermato di aver agito per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dell’autorità giudiziaria sulle incongruenze e sugli effetti delle leggi sulla droga allora vigenti; non che oggi vada meglio, anzi.
In particolare, la cessione gratuita del 2 giugno 2002, a Siena, è stata dedicata alla mariuana terapeutica e a tutti quei malati che in molti altri paesi possono trarre vantaggio da terapie derivate dai principi attivi della canapa, mentre in Italia la loro libertà di cura viene messa in forse dall’impossibilità legale di procurarseli.
Qualche piccolo passo in avanti recentemente si è fatto; alcune AUSL hanno autorizzato l’importazione di farmaci legalmente fabbricati e venduti,ad esempio, in Inghilterra.
Ma ancora lunga è la strada da fare mentre le strategie proibizioniste sulle droghe continuano a produrre danni immensi, umani ed economici, in tutto il mondo.
Claudia Sterzi
Ieri, 3 ottobre, si è svolta, a distanza di 5 anni e 4 mesi dai fatti, la prima udienza del processo per cessione di mariuana in Piazza del Campo a Siena, una delle 22 azioni nonviolente di disobbedienza civile che la Segretaria di R.I., insieme a decine di militanti radicali, è andata realizzando in tutta Italia, con risposte contraddittorie da parte delle autorità giudiziarie e nel silenzio più totale dei mezzi di informazione.
L’ udienza, che mi vedeva imputata insieme a Rita Bernardini e a Giulio Braccini, si è conclusa con un rinvio per l’ ascolto di un perito assente perché non individuato.
Sono stati ascoltati i testimoni dell’ accusa, cioè i poliziotti che avevano condotto il fermo e la perquisizione; e noi imputati.
Ho avuto modo di confermare la mia disobbedienza e a domanda specifica del nostro avvocato, Giuseppe Rossodivita, ho affermato di aver agito per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dell’autorità giudiziaria sulle incongruenze e sugli effetti delle leggi sulla droga allora vigenti; non che oggi vada meglio, anzi.
In particolare, la cessione gratuita del 2 giugno 2002, a Siena, è stata dedicata alla mariuana terapeutica e a tutti quei malati che in molti altri paesi possono trarre vantaggio da terapie derivate dai principi attivi della canapa, mentre in Italia la loro libertà di cura viene messa in forse dall’impossibilità legale di procurarseli.
Qualche piccolo passo in avanti recentemente si è fatto; alcune AUSL hanno autorizzato l’importazione di farmaci legalmente fabbricati e venduti,ad esempio, in Inghilterra.
Ma ancora lunga è la strada da fare mentre le strategie proibizioniste sulle droghe continuano a produrre danni immensi, umani ed economici, in tutto il mondo.
Claudia Sterzi
2 ottobre 2007
DISUBBIDIENZE CIVILI /2
perchè negarsi un tuffo nel passato, nel 2002, al tempo dei fatti?
due articoli dal vecchio caro disobbedisco
EDITORIALE
La disubbidienza civile del 7.6.2002, in Piazza del Campo a Siena, è stata dedicata alla canapa terapeutica e ad Ennio Boglino; con lui a tutti i malati privati del loro diritto alla libertà di terapia.
Ennio Boglino è un esempio di come la mancanza di regole certe possa essere generata dal proibizionismo, specie se applicato pervicacemente a fenomeni sociali così estesi da essere di massa.
Il fatto che non sia regolamentata razionalmente nelle nostre "civiltà" occidentali la circolazione di erba e di fumo ( centinaia di milioni di consumatori nel mondo ) fa sì che un malato di malattia degenerativa che soffre di dolori, così forti da resistere al trattamento con morfina farmaceutica, non ha accesso nel suo paese al Marinol, farmaco contro il dolore a base di principi attivi estratti dalla canapa, venduto nelle farmacie americane, inglesi, olandesi, ma vietato in Italia; questo è il caso di Ennio Boglino, uno dei tanti radicali che ha reso politico il suo privato dando voce e corpo alla battaglie nonviolente; è il caso di milioni di malati che sono privati della libertà di accesso ad alcune terapie per motivi ideologici, clericali, o commerciali.
Il diritto alla libertà di cura e di ricerca scientifica riguarda da vicino tutti noi, così come, più in generale, il diritto ad uno stato laico che non pretenda di cercare reati là dove non ci sono vittime e di creare vittime di reati inesistenti.
Piazza del Campo, Siena, ore 16: la manifestazione con cessione gratuita di sostanza stupefacente, annunciata dai giornali cittadini anche grazie alle vibrate proteste di Lega e di A.N., inizia con un violento scroscio di pioggia breve ma intenso; a seguire una violenta contestazione di un signore, poi risultato il noto ex fantino "Spillo", che in preda ai fumi dell'alcool, droga legale, comincia ad inveire contro di noi radicali ma viene prontamente allontanato da poliziotti in borghese.
La conferenza stampa di Rita Bernardini, presidenta di radicali Italiani, e di Giulia Simi, coordinatrice radicale di Siena, è ascoltata da: qualche decina di giovani cannabinolanti, qualche tossico, 6 o 7 poliziotti della mobile e della digos in borghese, 6 o 7 giornalisti, qualche turista e passante.
Si parla di mariuana terapeutica, di antiproibizionismo, di droghe-non-droghe, di disubbidienza civile; gli ascoltatori seguono, annuiscono, chiedono il volantino, leggono i cartelli.
Poi inizia la cessione, e in Piazza del Campo si crea un piccolo tumulto; tre o quattro poliziotti si stringono in cerchio intorno a noi ( Rita Bernardini, Giulio Braccini, io che scrivo Claudia Sterzi ), che distribuiamo bustine di carta contenenti in tutto 8 grammi di erba di ottima qualità, come poi certificato dalla perizia tossicologica; gli altri si danno alla caccia dei "riceventi" ( checchè ne dicano le cronache ufficiali, abbiamo distribuito più della metà delle bustine; io, almeno, in questura non ne ho portata nemmeno una ) e, sembra, vola qualche cazzotto; ci dispiace ma noi, disubbidienti civili, non ci prendiamo alcun cazzotto e veniamo fermamente ma molto civilmente scortati in questura dove, nel termine di un'ora e mezzo, riceviamo caffè, fanta, pepsi, perquisizione, dichiarazioni di solidarietà da questore e funzionari e, per finire, regolare verbale.
I giornalisti, considerata la noia delle province, sono raggianti: finalmente a Siena è successo qualcosa! Infatti il giorno dopo il fatto è raccontato, con discreta rilevanza e chiarezza relativamente sufficiente, su Nazione, Tirreno, Giornale della toscana, Corriere di siena, Cittadino di oggi.
Saremo riusciti con ciò a dare una smossa al Consiglio regionale toscano dove la mozione sulla mariuana terapeutica ( già approvata dalle regioni lombardia e basilicata e da altri consigli provinciali e comunali ) giace da qualche settimana ?
E a fare un piccolo passo con la battaglia antiproibizionista nonviolenta? Speriamo!
Claudia Sterzisterzi@iol.it
IO FERMATO CON LA MARIJUANA TERAPEUTICA
Dal GIORNALE DELLA TOSCANA di
sabato 8 giugno 2002
Caro direttore,
ti scrivo dalla questura di Siena, dove mi trovo (sono le ore 17.00) per aver ceduto gratuitamente della marijuana a dei passanti, in piazza del Campo, insieme alla compagna Claudia Sterzi e alla Presidente di Radicali Italiani Rita Bernardini. Claudia e Rita mi redarguiscono sul fatto che si è trattato di una manifestazione per la «legalizzazione della marijuana terapeutica» (« ... e subito! »), e io concordo in pieno, per quanto non disdegni il lato ludico della faccenda. La marijuana, infatti,«migliora il tono dell'umore» (come direbbe un medico), ma soprattutto è di utilità terapeutica in casi di glaucorna, asma, anoressia psichica e terapie intensive, disintossicazione da droghe pesanti, dolori di vario genere e natura (compresi quelli terminali), sintomatologia delle malattie degenerative del sistema nervoso, epilessia e altro ancora.
Ebbene, questa sostanza, che non sarà miracolosa come può far presumere l'elenco di cui sopra, ma che comunque può lenire i dolori di milioni di malati, in Italia è probita, sic et simpliciter, senza nemmeno il banale distinguo fra chi ne fa uso a scopo ricreativo e chi invece ne ha effettivo bisogno (fermo restando che, per un liberale, nessuno può proibire nulla a un terzo nel suo stesso interesse). I cartelli che portavamo al collo, durante la disobbedienza civile, dicevano: «No al dolore, sì alla marijuana terapeutica», e la folla che ci attorniava era ricettiva. C'era un gruppo di ragazzi (palesemente in attesa della distribuzione), che annuivano gravi ai nostri discorsi sulla legalità. C'era una quantità di persone che ci guardavano come se fossimo pazzi («questi vogliono andare in galera»), o forse, tanto per citare Pasolini, come se fossimo «pazzi di libertà». C'erano, naturalmente, dei signori molto discreti e molto attenti, che hanno aspettato che finissimo di esporre le nostre idee ai convenuti per palesarsi nel loro ruolo di poliziotti in borghese. Quando abbiamo compiuto la cessione, gli agenti ci hanno fermato e ci hanno condotto in questura. L'applauso della folla, mentre venivamo civilmente tradotti verso le macchine della polizia, è stata la soddisfazione più grande.
Ma perché siamo stati così matti da farci arrestare? Perché abbiamo deciso di portare scompiglio nella sonnolente Siena in cui (ci dice un giornalista) «non succede mai nulla»? Prima di tutto bisogna ricordare che questa non è la prima disobbedienza civile per la legalizzazione delle droghe leggere organizzata dai radicali. Senza mettersi a riproporre tutta la pappardella sulla «continuità radicale» in questo campo (dal '76 in poi), vorrei solo ricordare che negli ultimi giorni atti di questo tipo ne abbiamo compiuti a Roma e in Basilicata. A Roma siamo stati costretti a denunciare la questura locale per omissione di atti d'ufficio: nonostante li avessimo avvertiti, nessun agente si è presentato sul luogo del delitto. Il fatto è che amiamo tanto la legalità da disobbedirle quando è il caso, pretendendo in ogni caso il suo rispetto da parte delle forze dell'ordine. Perché le squadre mobili di tutta Italia son costrette a perdersi dietro a ragazzini che si fanno le canne (e la marijuana non ha mai, dico mai, ucciso nessuno) piuttosto che perseguire reati più seri. Perché vogliamo discutere nella sede competente, l'aula di un tribunale, della costituzionalità (o meno) di una legge proibizionista peraltro impossibile da far rispettare. Una cosa a cui tengo moltissimo: noi non agiamo come certi sedicenti «disobbedienti», quale il famìgerato Casarini, che prima infrangono la legge e poi piagnucolano di essere stati inquisiti. Noi pretendiamo che la legalità segua il suo corso, vogliamo cambiarla dall'intemo e in modo nonviolento. In questo momento io, Claudia e Rita, stiamo aspettando che i laboratori della locale polizia accertino che quel che abbiamo distribuito era davvero marijuana. Quando verremo rilasciati, ci batteremo perché il processo abbia luogo, sperando che stavolta ne venga fuori un verdetto minimamente coerente: nei casi precedenti, infatti, siamo stati a volte assolti «per l'alto valore morale dell'atto», altre condannati, per lo stesso identico reato; il tutto alla faccia della certezza del diritto. Intanto, gli stessi agenti che ci hanno portato qua in questura ci esprimono solidarietà, in alcuni casi ci dànno ragione al cento per cento. «Vi abbiamo fermato perché è nostro dovere far rispettare la legge». E uno di loro ci racconta di come suo padre sia morto di cancro, fra atroci sofferenze, senza poter lenire il dolore con farmaci insensatamente proibiti. Mentre lo stesso questore, Salvatore Festa, ci viene a trovare un attimo e saluta le signore con perfetto baciamano. Un grazie a loro, a quanti vorranno unirsi a noi (e a loro) in questa lotta per la legalità, e a lei, caro direttore, per l'attenzione.
Giulio Braccini
due articoli dal vecchio caro disobbedisco
EDITORIALE
La disubbidienza civile del 7.6.2002, in Piazza del Campo a Siena, è stata dedicata alla canapa terapeutica e ad Ennio Boglino; con lui a tutti i malati privati del loro diritto alla libertà di terapia.
Ennio Boglino è un esempio di come la mancanza di regole certe possa essere generata dal proibizionismo, specie se applicato pervicacemente a fenomeni sociali così estesi da essere di massa.
Il fatto che non sia regolamentata razionalmente nelle nostre "civiltà" occidentali la circolazione di erba e di fumo ( centinaia di milioni di consumatori nel mondo ) fa sì che un malato di malattia degenerativa che soffre di dolori, così forti da resistere al trattamento con morfina farmaceutica, non ha accesso nel suo paese al Marinol, farmaco contro il dolore a base di principi attivi estratti dalla canapa, venduto nelle farmacie americane, inglesi, olandesi, ma vietato in Italia; questo è il caso di Ennio Boglino, uno dei tanti radicali che ha reso politico il suo privato dando voce e corpo alla battaglie nonviolente; è il caso di milioni di malati che sono privati della libertà di accesso ad alcune terapie per motivi ideologici, clericali, o commerciali.
Il diritto alla libertà di cura e di ricerca scientifica riguarda da vicino tutti noi, così come, più in generale, il diritto ad uno stato laico che non pretenda di cercare reati là dove non ci sono vittime e di creare vittime di reati inesistenti.
Piazza del Campo, Siena, ore 16: la manifestazione con cessione gratuita di sostanza stupefacente, annunciata dai giornali cittadini anche grazie alle vibrate proteste di Lega e di A.N., inizia con un violento scroscio di pioggia breve ma intenso; a seguire una violenta contestazione di un signore, poi risultato il noto ex fantino "Spillo", che in preda ai fumi dell'alcool, droga legale, comincia ad inveire contro di noi radicali ma viene prontamente allontanato da poliziotti in borghese.
La conferenza stampa di Rita Bernardini, presidenta di radicali Italiani, e di Giulia Simi, coordinatrice radicale di Siena, è ascoltata da: qualche decina di giovani cannabinolanti, qualche tossico, 6 o 7 poliziotti della mobile e della digos in borghese, 6 o 7 giornalisti, qualche turista e passante.
Si parla di mariuana terapeutica, di antiproibizionismo, di droghe-non-droghe, di disubbidienza civile; gli ascoltatori seguono, annuiscono, chiedono il volantino, leggono i cartelli.
Poi inizia la cessione, e in Piazza del Campo si crea un piccolo tumulto; tre o quattro poliziotti si stringono in cerchio intorno a noi ( Rita Bernardini, Giulio Braccini, io che scrivo Claudia Sterzi ), che distribuiamo bustine di carta contenenti in tutto 8 grammi di erba di ottima qualità, come poi certificato dalla perizia tossicologica; gli altri si danno alla caccia dei "riceventi" ( checchè ne dicano le cronache ufficiali, abbiamo distribuito più della metà delle bustine; io, almeno, in questura non ne ho portata nemmeno una ) e, sembra, vola qualche cazzotto; ci dispiace ma noi, disubbidienti civili, non ci prendiamo alcun cazzotto e veniamo fermamente ma molto civilmente scortati in questura dove, nel termine di un'ora e mezzo, riceviamo caffè, fanta, pepsi, perquisizione, dichiarazioni di solidarietà da questore e funzionari e, per finire, regolare verbale.
I giornalisti, considerata la noia delle province, sono raggianti: finalmente a Siena è successo qualcosa! Infatti il giorno dopo il fatto è raccontato, con discreta rilevanza e chiarezza relativamente sufficiente, su Nazione, Tirreno, Giornale della toscana, Corriere di siena, Cittadino di oggi.
Saremo riusciti con ciò a dare una smossa al Consiglio regionale toscano dove la mozione sulla mariuana terapeutica ( già approvata dalle regioni lombardia e basilicata e da altri consigli provinciali e comunali ) giace da qualche settimana ?
E a fare un piccolo passo con la battaglia antiproibizionista nonviolenta? Speriamo!
Claudia Sterzisterzi@iol.it
IO FERMATO CON LA MARIJUANA TERAPEUTICA
Dal GIORNALE DELLA TOSCANA di
sabato 8 giugno 2002
Caro direttore,
ti scrivo dalla questura di Siena, dove mi trovo (sono le ore 17.00) per aver ceduto gratuitamente della marijuana a dei passanti, in piazza del Campo, insieme alla compagna Claudia Sterzi e alla Presidente di Radicali Italiani Rita Bernardini. Claudia e Rita mi redarguiscono sul fatto che si è trattato di una manifestazione per la «legalizzazione della marijuana terapeutica» (« ... e subito! »), e io concordo in pieno, per quanto non disdegni il lato ludico della faccenda. La marijuana, infatti,«migliora il tono dell'umore» (come direbbe un medico), ma soprattutto è di utilità terapeutica in casi di glaucorna, asma, anoressia psichica e terapie intensive, disintossicazione da droghe pesanti, dolori di vario genere e natura (compresi quelli terminali), sintomatologia delle malattie degenerative del sistema nervoso, epilessia e altro ancora.
Ebbene, questa sostanza, che non sarà miracolosa come può far presumere l'elenco di cui sopra, ma che comunque può lenire i dolori di milioni di malati, in Italia è probita, sic et simpliciter, senza nemmeno il banale distinguo fra chi ne fa uso a scopo ricreativo e chi invece ne ha effettivo bisogno (fermo restando che, per un liberale, nessuno può proibire nulla a un terzo nel suo stesso interesse). I cartelli che portavamo al collo, durante la disobbedienza civile, dicevano: «No al dolore, sì alla marijuana terapeutica», e la folla che ci attorniava era ricettiva. C'era un gruppo di ragazzi (palesemente in attesa della distribuzione), che annuivano gravi ai nostri discorsi sulla legalità. C'era una quantità di persone che ci guardavano come se fossimo pazzi («questi vogliono andare in galera»), o forse, tanto per citare Pasolini, come se fossimo «pazzi di libertà». C'erano, naturalmente, dei signori molto discreti e molto attenti, che hanno aspettato che finissimo di esporre le nostre idee ai convenuti per palesarsi nel loro ruolo di poliziotti in borghese. Quando abbiamo compiuto la cessione, gli agenti ci hanno fermato e ci hanno condotto in questura. L'applauso della folla, mentre venivamo civilmente tradotti verso le macchine della polizia, è stata la soddisfazione più grande.
Ma perché siamo stati così matti da farci arrestare? Perché abbiamo deciso di portare scompiglio nella sonnolente Siena in cui (ci dice un giornalista) «non succede mai nulla»? Prima di tutto bisogna ricordare che questa non è la prima disobbedienza civile per la legalizzazione delle droghe leggere organizzata dai radicali. Senza mettersi a riproporre tutta la pappardella sulla «continuità radicale» in questo campo (dal '76 in poi), vorrei solo ricordare che negli ultimi giorni atti di questo tipo ne abbiamo compiuti a Roma e in Basilicata. A Roma siamo stati costretti a denunciare la questura locale per omissione di atti d'ufficio: nonostante li avessimo avvertiti, nessun agente si è presentato sul luogo del delitto. Il fatto è che amiamo tanto la legalità da disobbedirle quando è il caso, pretendendo in ogni caso il suo rispetto da parte delle forze dell'ordine. Perché le squadre mobili di tutta Italia son costrette a perdersi dietro a ragazzini che si fanno le canne (e la marijuana non ha mai, dico mai, ucciso nessuno) piuttosto che perseguire reati più seri. Perché vogliamo discutere nella sede competente, l'aula di un tribunale, della costituzionalità (o meno) di una legge proibizionista peraltro impossibile da far rispettare. Una cosa a cui tengo moltissimo: noi non agiamo come certi sedicenti «disobbedienti», quale il famìgerato Casarini, che prima infrangono la legge e poi piagnucolano di essere stati inquisiti. Noi pretendiamo che la legalità segua il suo corso, vogliamo cambiarla dall'intemo e in modo nonviolento. In questo momento io, Claudia e Rita, stiamo aspettando che i laboratori della locale polizia accertino che quel che abbiamo distribuito era davvero marijuana. Quando verremo rilasciati, ci batteremo perché il processo abbia luogo, sperando che stavolta ne venga fuori un verdetto minimamente coerente: nei casi precedenti, infatti, siamo stati a volte assolti «per l'alto valore morale dell'atto», altre condannati, per lo stesso identico reato; il tutto alla faccia della certezza del diritto. Intanto, gli stessi agenti che ci hanno portato qua in questura ci esprimono solidarietà, in alcuni casi ci dànno ragione al cento per cento. «Vi abbiamo fermato perché è nostro dovere far rispettare la legge». E uno di loro ci racconta di come suo padre sia morto di cancro, fra atroci sofferenze, senza poter lenire il dolore con farmaci insensatamente proibiti. Mentre lo stesso questore, Salvatore Festa, ci viene a trovare un attimo e saluta le signore con perfetto baciamano. Un grazie a loro, a quanti vorranno unirsi a noi (e a loro) in questa lotta per la legalità, e a lei, caro direttore, per l'attenzione.
Giulio Braccini
DISUBBIDIENZE CIVILI / 1
Bernardini sotto processo: domani il Tribunale di Siena deciderà la sorte della Segretaria di Radicali Italiani e di altri due militanti
a cinque anni di distanza dall’atto di disobbedienza civile in Piazza del Campo
2 ottobre 2007
Era il 7 giugno di cinque anni fa quando Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini venivano fermati per aver distribuito piccole dosi di marijuana nella piazza del palio a Siena. Quella disobbedienza civile, in particolare, aveva come obiettivo la legalizzazione della marijuana terapeutica utile per contrastare la nausea e il vomito provocato dai farmaci chemioterapici e lo stato di inappetenza nei malati di AIDS, oltre che agli spasmi provocati dalla sclerosi multipla e per curare il glaucoma.
“Le leggi italiane continuano ad avere l’impronta di uno Stato proibizionista – afferma alla vigilia del processo Rita Bernardini - che però ipocritamente incassa i proventi di altre droghe come le sigarette e i superalcolici per non parlare degli psicofarmaci prescritti a go-gò a milioni di italiani da medici generici e persino pediatri.”
La Segretaria di Radicali Italiani, che domani verrà processata dal Tribunale di Siena per aver distribuito marijuana in Piazza del Campo, non ritratta anzi insiste: “Sono anni, ormai, che i radicali si battono per la legalizzazione delle droghe, non solo per evitare spaccio e delinquenza, ma anche per snellire il sistema giudiziario da un’interminabile serie di processi. Basti pensare che i fatti di cui verrò accusata domani sono accaduti nel 2002!” Come la Segretaria, così anche gran parte del gruppo dirigente radicale, a cominciare dal leader Marco Pannella, ha subito nel corso degli anni di militanza condanne e processi per atti di disobbedienza civile, finendo in alcuni casi anche in galera (Pannella, Cappato, Luigi Del Gatto).
Ricordiamo che le disobbedienze civili dei radicali italiani per cambiare la legislazione vigente sulla droga, hanno coinvolto, dal 1995 ad oggi 43 persone. Di queste, 14 sono state condannate in via definitiva, 17 assolte in via definitiva, 8 sottoposte a misure di restrizione delle libertà personali, 9 hanno tuttora procedimenti in corso. In seguito alle sentenze definitive, 13 persone non possono più candidarsi alle elezioni regionali, provinciali, comunali.
a cinque anni di distanza dall’atto di disobbedienza civile in Piazza del Campo
2 ottobre 2007
Era il 7 giugno di cinque anni fa quando Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini venivano fermati per aver distribuito piccole dosi di marijuana nella piazza del palio a Siena. Quella disobbedienza civile, in particolare, aveva come obiettivo la legalizzazione della marijuana terapeutica utile per contrastare la nausea e il vomito provocato dai farmaci chemioterapici e lo stato di inappetenza nei malati di AIDS, oltre che agli spasmi provocati dalla sclerosi multipla e per curare il glaucoma.
“Le leggi italiane continuano ad avere l’impronta di uno Stato proibizionista – afferma alla vigilia del processo Rita Bernardini - che però ipocritamente incassa i proventi di altre droghe come le sigarette e i superalcolici per non parlare degli psicofarmaci prescritti a go-gò a milioni di italiani da medici generici e persino pediatri.”
La Segretaria di Radicali Italiani, che domani verrà processata dal Tribunale di Siena per aver distribuito marijuana in Piazza del Campo, non ritratta anzi insiste: “Sono anni, ormai, che i radicali si battono per la legalizzazione delle droghe, non solo per evitare spaccio e delinquenza, ma anche per snellire il sistema giudiziario da un’interminabile serie di processi. Basti pensare che i fatti di cui verrò accusata domani sono accaduti nel 2002!” Come la Segretaria, così anche gran parte del gruppo dirigente radicale, a cominciare dal leader Marco Pannella, ha subito nel corso degli anni di militanza condanne e processi per atti di disobbedienza civile, finendo in alcuni casi anche in galera (Pannella, Cappato, Luigi Del Gatto).
Ricordiamo che le disobbedienze civili dei radicali italiani per cambiare la legislazione vigente sulla droga, hanno coinvolto, dal 1995 ad oggi 43 persone. Di queste, 14 sono state condannate in via definitiva, 17 assolte in via definitiva, 8 sottoposte a misure di restrizione delle libertà personali, 9 hanno tuttora procedimenti in corso. In seguito alle sentenze definitive, 13 persone non possono più candidarsi alle elezioni regionali, provinciali, comunali.