8 DICEMBRE 2008 intervento in Direzione dell' Associazione Luca Coscioni
Considerato che
L’associazione radicale antiproibizionista ha fra i suoi scopi, iscritti in mozione, la collaborazione con le altre forze antiproibizioniste, radicali in primo luogo ma anche non radicali, e che pur battendosi per la depenalizzazione delle droghe leggere e legalizzazione in generale di tutte le droghe, individua nel tema “accesso alla canapa terapeutica” una battaglia prioritaria per le ricadute delle strategie proibizioniste, ricadute, in questo specifico aspetto, palesemente illiberali e in contrasto con i diritti del cittadino e addirittura del malato;
la Associazione Luca Coscioni ha nell’antiproibizionismo in generale uno dei suoi temi fondanti, da quando Luca Coscioni iniziò il suo percorso politico radicale da eletto on line nella lista “Antiproibizionismo sulla scienza, sulla droga, su tutto” ed è in particolare interessata alle battaglie per la libertà di cura e di terapia nelle quali quella sulla canapa terapeutica è compresa a pieno titolo;
visto lo stato dell’arte riguardo a tale battaglia, che dopo l’inserimento dei derivati della canapa nel prontuario delle sostanze terapeutiche, avvenuto con i decreti di Livia Turco nel 2007, si è bloccata in uno stallo burocratico che vede da un parte, per i malati muniti di regolare ricetta medica che facciano richiesta alle farmacie, un aggravio dei costi tali da comportare una spesa di circa 400/800 euro mensili, dall’altra per i malati che accedano ai protocolli ospedalieri l’obbligo di ospedalizzazione e la disponibilità non continua dei farmaci, realizzandosi in conclusione l’impedimento ai diritti fondamentali dei malati, e quindi una necessità effettiva di moltiplicare gli sforzi per superare questi impedimenti;
si annuncia una collaborazione tra le due associazioni, A.L.C: e @.r.a., e con altre associazioni dedicate a questo tema, come Pazientimpazienti, A.C.T. e altre, con le quali siamo già in contatto per definire tempi e modi delle iniziative, su due fronti:
la collaborazione nella organizzazione della sezione del sito http://www.lucacoscioni.it/ che riguarda la mariuana terapeutica, con la messa on line di tutta la documentazione relativa;
l’ideazione e la realizzazione di una disobbedienza civile sui temi “canapa terapeutica” e “libertà di coltivazione domestica”, con la messa a fuoco comune di obiettivi, tempi e modi di realizzazione.
Grazie
Claudia Sterzi, segretaria dell’Associazione radicale antiproibizionisti
antiproibizionistiradicali@gmail.com
22 novembre 2008
31 ottobre 2008
INTERVENTO IN COMMISSIONE
ANTIPROIBIZIONISMO / UNA STRATEGIA POLITICA
Il titolo della commissione sottolinea l’aspetto della scelta individuale; cioè la forzatura che il proibizionismo opera sul diritto liberale inventandosi reati in cui non solo non c’è vittima ma nemmeno una condotta che possa farne prevedere una, come accade con le ultime normative Giovanardi che impongono etilometro e test antidroga a tutti, anche a chi non guida, anche a chi guida rispettando tutte le regole del codice della strada. Questa impostazione, che si concentra sulla tutela dei diritti del cittadino, nel caso del proibizionismo su droga e prostituzione, è corretta, ma si presta a facili confusioni e confutazioni fra facoltà, diritto, diritto biologico ecc.; certo, se anche drogarsi, prostituirsi o, per fare un altro esempio, abortire, non è un diritto ma una facoltà, resta il fondamentale e inalienabile diritto a disporre del proprio corpo e della propria persona come meglio piace a ciascuno, nei limiti del rispetto dei corpi e delle persone altrui; ma un fermo richiamo all’antiproibizionismo come strategia sociale è necessario per non opporre all’integralismo della posizione espressa dal governo oggi al potere, (abbiamo sentito giovanardi affermare che il drogato è spazzatura e che la fini giovanardi va inasprita , maroni minacciare il ritiro della patente per chi ha subito condanne relative agli stupefacenti), un altrettanto integralista lassismo come quello che ha guidato i governi di centrosinistra che poco hanno fatto, lasciando che tutto restasse come prima senza cambiare quasi niente.
Lo stesso discorso si può applicare alla prostituzione, cioè al proibizionismo applicato ai diritti sessuali, ma sempre e comunque al diritto di disporre del proprio corpo e della propria persona; anche in questo caso è necessario superare le opposte esagerazioni che vedono da una parte minacciare sanzioni a chi si prostituisce, oltre che ai clienti, e voglio vedere come faranno a distinguere tra clienti e fidanzati, dall’altra il più bieco permissivismo sui fenomeni terribili di riduzione in schiavitù che abitano le nostre città.
L’ antiproibizionismo come scelta economica e politica, scelta liberale anche di mercato, che libera dalle mani di criminali incalliti risorse finanziarie immense, scelta di salute pubblica attraverso corretta informazione sugli usi e sugli abusi, che non è fare del terrorismo mediatico come fa giovanardi, ma per esempio interrogarsi sulle analogie che fenomeni sociali del tutto percepiti come diversi da loro abbiano la stessa matrice di ignoranza.
Analizziamo qualche dato, anche se molti dei dati, trattando di fenomeni illegali quindi clandestini, sono in realtà stime; una relazione del ministero degli interni, che analizza gli anni dal 1990 al 2006, ci dà il numero di 500.000 circa tossicodipendenti segnalati, preferisco dire persone segnalate come tossicodipendenti. E’ interessante questa analisi perché il 1990 è l’anno di emanazione della Iervolino Vassalli, legge proibizionista che, nel titolo dedicato alla repressione delle sostanze illecite, iniziava con le parole: “È vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope” ( è il comma 1 poi abrogato per referendum radicale vinto nel 1993 ) e che segnava l’inizio di una collaborazione italiana nelle politiche proibizioniste dell’Onu. Dal 1990 al 2006, la progressione è in netta ascesa, non solo nel numero dei segnalati, ma anche delle sanzioni erogate. Dopo 15 anni di proibizionismo, il numero dei segnalati si è triplicato (12000 nel 1990 37000 nel 2006), il numero delle sanzioni è quasi decuplicato (850 nel 1990 7200 nel 2006). Riguardo alla cannabis, nel 1990 le segnalazioni che la riguardavano erano il 42%, nel 2006 sono il 74%; fra le tendenze degli ultimi anni, che sono tendenze non solo italiane ma europee e internazionali si confermano la diminuizione dell’età di approccio, l’aumento del consumo di cocaina e del consumo di droghe sintetiche.
L’Osservatorio europeo stima in 4,5 milioni il numero di adulti che, in Europa, ha consumato cocaina nell’ultimo anno; la cocaina attualmente si contende il secondo posto fra le droghe più diffuse in Europa, dopo la canapa e alla pari con le droghe sintetiche. Il meccanismo attraverso il quale l’uso di cocaina è stato incentivato da parte dei distributori è lo stesso già collaudato più volte, quello che permise una rapida ascesa del consumo di eroina negli anni ’70. D’improvviso vengono a mancare gli altri tipi di droga in commercio e viene proposto un nuovo prodotto a prezzo promozionale; in realtà il mercato delle droghe illegali è saldamente organizzato a livello mondiale e ben poco sfugge ad un ferreo controllo centralizzato.
Anche la proliferazione di sostanze di sintesi risente delle politiche proibizioniste; la ricerca è clandestina, incontrollata, tesa alla creazione di molecole più “efficaci” e meno rilevabili, senza alcuna attenzione alla qualità e agli effetti nocivi.
Per la canapa, le modifiche genetiche operate su piante di canapa allo scopo di elevarne il contenuto in thc sono avvenute fuori da ogni controllo; alla fine, nessuno sa esattamente che cosa compra.
Non stupiscono quindi i recenti sequestri di psicofarmaci contrabbandati illegalmente ed usati insieme all’alcool; infatti la differenza tra psicofarmaco e sostanza psicoattiva non c’è, psicofarmaci, droghe e doping sono sfaccettature di uno stesso mercato, quello chimico-farmaceutico; le prime droghe di sintesi furono inventate nei laboratori delle industrie farmaceutiche e sarebbe assai ingenuo non ipotizzare uno scambio di informazioni tra industria legale e industria illegale.
Le distinzioni classiche tra droghe leggere e pesanti, tra spacciatore e consumatore, tra droga doping psicofarmaci sono fuorvianti; distraggono da distinzioni più precise e rappresentative.
Il fenomeno da prendere in considerazione è l’abuso e la dipendenza, non l’uso personale di droghe leggere e pesanti, che io vorrei radicalmente tutte legalizzati; sul consumo di cannabis, poi, in nome della strategia proibizionista, siamo arrivati alla aberrazione della violazione dei diritti dei malati che non hanno effettivo accesso in Italia ai farmaci derivati della canapa, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica; il cosiddetto spacciatore poi è figura totalmente inventata dal proibizionismo, dove altrimenti avremo venditori e consumatori.
La distinzione tra uso e abuso non viene sottolineata, mentre è fondamentale; non si può parlare di tossicodipendenza in presenza di un uso saltuario di farmaci o di droghe che dir si voglia, ricordo infatti come sempre che secondo la definizione dell’ Organizzazione mondiale della sanità i farmaci sono droghe e le droghe sono farmaci; d’ altra parte l’abuso e la dipendenza da qualsiasi sostanza, ma anche da qualsiasi alimento o addirittura comportamento, come è per le dipendenze da videopoker e tutti i moderni comportamenti compulsivi, produce seri danni economici e sociali. Nel caso delle sostanze illegali a questi danni si aggiunge quello rappresentato dai proventi delle attività illecite, che escono dalla contabilità ufficiale e vanno ad accrescere i flussi neri di denaro che in alcuni periodi e paesi superano i flussi legali. Si aggiunge anche la difficoltà di monitorare, controllare, definire sia i prodotti commerciati che la distribuzione; per esempio, non c’è controllo né sui pesticidi usati per le coltivazioni né sui tagli operati (la cocaina venduta in europa è pura in media al 45%); lo stesso discorso vale per il doping, dove laboratori semiclandestini producono barattoli di sostanze dubbie vendute poi sottobanco, e per la prostituzione dove nella clandestinità rivivono antiche schiavitù che sul nostro territorio preferiremmo non vedere, viste le lacrime e il sangue che ci sono voluti per uscirne.
C’è poi tutto l’indotto del proibizionismo, sotto forma di spese per la persecuzione dei reati e per le cosiddette comunità di recupero, mondo non privo di ombre inquietanti, sul quale interverrò in un’altra occasione.
Vorrei invece avviarmi alla conclusione con qualche dato storico, che ci aiuti ad inquadrare un po’ più da lontano il rapporto che la società umana ha intrattenuto e intrattiene con alcune piante.
La prima notizia scritta sul papavero da oppio compare su tavole sumeriche del III° millennio a.C. A Ippocrate, medico greco del V° secolo a.C. considerato uno dei padri della medicina occidentale, si deve la parola latina “opium”, traslato dal greco οπός μεκονος, succo di papavero. L’ uso di questa pianta è apparso fin dall’inizio terapeutico, per le sue grandi proprietà analgesiche, né ci dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci antidolorifici traggono le loro origini dallo studio di piante come il papavero, la coca, la canapa, il caffè ecc.; poter controllare il dolore è sempre apparso legittimamente agli uomini come uno scopo per il quale valeva la pena ricercare e studiare. Non possiamo neanche immaginare cosa fosse la medicina prima che le proprietà dell’oppio venissero studiate e applicate, le sofferenze, i dolori che non potevano essere leniti, le operazioni senza anestesia; prima di dire che l’uso delle droghe è devastante si deve considerare quanto giovamento queste piante hanno portato all’umanità e quanto se usate nelle maniere giuste possano non essere devastanti, ma al contrario, benefiche.
Nel corso della storia umana le droghe hanno subito alterne fortune: proibite o ammesse, esaltate o demonizzate, sfruttate e raffinate da un’industria sempre più mirata. Così nel 1640 in Cina l’ultimo imperatore della dinastia Ming decretò la pena di morte per chi trafficasse o consumasse tabacco; la proibizione fece sì che si cominciasse a fumare oppio, fino ad allora consumato prevalentemente per via orale. Mentre i successivi imperatori manciù proibivano dapprima il commercio dell’oppio con gli europei e nel 1793 anche la coltivazione, lo stesso oppio, come principale ingrediente del laudano, entrava a far parte dell’armadietto dei medicinali di famiglia in tutta Europa dove rimarrà per due secoli, senza che la disponibilità generasse legioni di tossicodipendenti. Certo anche allora c’era qualche fenomeno di abuso, la dipendenza è una tendenza umana che si può manifestare in mille modi, ma la disponibilità non genera un aumento dei fenomeni di abuso, cosa che accade invece invariabilmente quando un l’uso di una sostanza viene vietato e punito.
Ci si chiede che differenza ci sia tra assumere psicofarmaci e drogarsi, se non una teorica differenza tra legalizzata e illegale, che moltiplica i profitti, e anche con quale perverso spirito di contraddizione in una Italia inondata di test antidroga e spot terroristici, si è riaperta la strada alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, il tanto discusso caso del Ritalin; quale differenza passi tra il doping per migliorare le prestazioni sportive e il Viagra; come si possa trattare in modo così diverso la vendita di caffeina tabacco alcool e quella di cocaina canapa o oppio. Perché dobbiamo tollerare l’ipocrisia di un proibizionismo di classe che consente ai più ricchi la soddisfazione di ogni vizio mentre agli altri viene tutto impedito? e i cartelloni che in autostrada ci invitano, se abbiamo sonno, a prenderci un caffè?
Il concetto di antiproibizionismo si contrappone ai metodi di regime, al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, strategia nonviolenta, democratica e liberale.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili, con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Claudia Sterzi, segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti @.r.a.
antiproibizionistiradicali@gmail.com
Il titolo della commissione sottolinea l’aspetto della scelta individuale; cioè la forzatura che il proibizionismo opera sul diritto liberale inventandosi reati in cui non solo non c’è vittima ma nemmeno una condotta che possa farne prevedere una, come accade con le ultime normative Giovanardi che impongono etilometro e test antidroga a tutti, anche a chi non guida, anche a chi guida rispettando tutte le regole del codice della strada. Questa impostazione, che si concentra sulla tutela dei diritti del cittadino, nel caso del proibizionismo su droga e prostituzione, è corretta, ma si presta a facili confusioni e confutazioni fra facoltà, diritto, diritto biologico ecc.; certo, se anche drogarsi, prostituirsi o, per fare un altro esempio, abortire, non è un diritto ma una facoltà, resta il fondamentale e inalienabile diritto a disporre del proprio corpo e della propria persona come meglio piace a ciascuno, nei limiti del rispetto dei corpi e delle persone altrui; ma un fermo richiamo all’antiproibizionismo come strategia sociale è necessario per non opporre all’integralismo della posizione espressa dal governo oggi al potere, (abbiamo sentito giovanardi affermare che il drogato è spazzatura e che la fini giovanardi va inasprita , maroni minacciare il ritiro della patente per chi ha subito condanne relative agli stupefacenti), un altrettanto integralista lassismo come quello che ha guidato i governi di centrosinistra che poco hanno fatto, lasciando che tutto restasse come prima senza cambiare quasi niente.
Lo stesso discorso si può applicare alla prostituzione, cioè al proibizionismo applicato ai diritti sessuali, ma sempre e comunque al diritto di disporre del proprio corpo e della propria persona; anche in questo caso è necessario superare le opposte esagerazioni che vedono da una parte minacciare sanzioni a chi si prostituisce, oltre che ai clienti, e voglio vedere come faranno a distinguere tra clienti e fidanzati, dall’altra il più bieco permissivismo sui fenomeni terribili di riduzione in schiavitù che abitano le nostre città.
L’ antiproibizionismo come scelta economica e politica, scelta liberale anche di mercato, che libera dalle mani di criminali incalliti risorse finanziarie immense, scelta di salute pubblica attraverso corretta informazione sugli usi e sugli abusi, che non è fare del terrorismo mediatico come fa giovanardi, ma per esempio interrogarsi sulle analogie che fenomeni sociali del tutto percepiti come diversi da loro abbiano la stessa matrice di ignoranza.
Analizziamo qualche dato, anche se molti dei dati, trattando di fenomeni illegali quindi clandestini, sono in realtà stime; una relazione del ministero degli interni, che analizza gli anni dal 1990 al 2006, ci dà il numero di 500.000 circa tossicodipendenti segnalati, preferisco dire persone segnalate come tossicodipendenti. E’ interessante questa analisi perché il 1990 è l’anno di emanazione della Iervolino Vassalli, legge proibizionista che, nel titolo dedicato alla repressione delle sostanze illecite, iniziava con le parole: “È vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope” ( è il comma 1 poi abrogato per referendum radicale vinto nel 1993 ) e che segnava l’inizio di una collaborazione italiana nelle politiche proibizioniste dell’Onu. Dal 1990 al 2006, la progressione è in netta ascesa, non solo nel numero dei segnalati, ma anche delle sanzioni erogate. Dopo 15 anni di proibizionismo, il numero dei segnalati si è triplicato (12000 nel 1990 37000 nel 2006), il numero delle sanzioni è quasi decuplicato (850 nel 1990 7200 nel 2006). Riguardo alla cannabis, nel 1990 le segnalazioni che la riguardavano erano il 42%, nel 2006 sono il 74%; fra le tendenze degli ultimi anni, che sono tendenze non solo italiane ma europee e internazionali si confermano la diminuizione dell’età di approccio, l’aumento del consumo di cocaina e del consumo di droghe sintetiche.
L’Osservatorio europeo stima in 4,5 milioni il numero di adulti che, in Europa, ha consumato cocaina nell’ultimo anno; la cocaina attualmente si contende il secondo posto fra le droghe più diffuse in Europa, dopo la canapa e alla pari con le droghe sintetiche. Il meccanismo attraverso il quale l’uso di cocaina è stato incentivato da parte dei distributori è lo stesso già collaudato più volte, quello che permise una rapida ascesa del consumo di eroina negli anni ’70. D’improvviso vengono a mancare gli altri tipi di droga in commercio e viene proposto un nuovo prodotto a prezzo promozionale; in realtà il mercato delle droghe illegali è saldamente organizzato a livello mondiale e ben poco sfugge ad un ferreo controllo centralizzato.
Anche la proliferazione di sostanze di sintesi risente delle politiche proibizioniste; la ricerca è clandestina, incontrollata, tesa alla creazione di molecole più “efficaci” e meno rilevabili, senza alcuna attenzione alla qualità e agli effetti nocivi.
Per la canapa, le modifiche genetiche operate su piante di canapa allo scopo di elevarne il contenuto in thc sono avvenute fuori da ogni controllo; alla fine, nessuno sa esattamente che cosa compra.
Non stupiscono quindi i recenti sequestri di psicofarmaci contrabbandati illegalmente ed usati insieme all’alcool; infatti la differenza tra psicofarmaco e sostanza psicoattiva non c’è, psicofarmaci, droghe e doping sono sfaccettature di uno stesso mercato, quello chimico-farmaceutico; le prime droghe di sintesi furono inventate nei laboratori delle industrie farmaceutiche e sarebbe assai ingenuo non ipotizzare uno scambio di informazioni tra industria legale e industria illegale.
Le distinzioni classiche tra droghe leggere e pesanti, tra spacciatore e consumatore, tra droga doping psicofarmaci sono fuorvianti; distraggono da distinzioni più precise e rappresentative.
Il fenomeno da prendere in considerazione è l’abuso e la dipendenza, non l’uso personale di droghe leggere e pesanti, che io vorrei radicalmente tutte legalizzati; sul consumo di cannabis, poi, in nome della strategia proibizionista, siamo arrivati alla aberrazione della violazione dei diritti dei malati che non hanno effettivo accesso in Italia ai farmaci derivati della canapa, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica; il cosiddetto spacciatore poi è figura totalmente inventata dal proibizionismo, dove altrimenti avremo venditori e consumatori.
La distinzione tra uso e abuso non viene sottolineata, mentre è fondamentale; non si può parlare di tossicodipendenza in presenza di un uso saltuario di farmaci o di droghe che dir si voglia, ricordo infatti come sempre che secondo la definizione dell’ Organizzazione mondiale della sanità i farmaci sono droghe e le droghe sono farmaci; d’ altra parte l’abuso e la dipendenza da qualsiasi sostanza, ma anche da qualsiasi alimento o addirittura comportamento, come è per le dipendenze da videopoker e tutti i moderni comportamenti compulsivi, produce seri danni economici e sociali. Nel caso delle sostanze illegali a questi danni si aggiunge quello rappresentato dai proventi delle attività illecite, che escono dalla contabilità ufficiale e vanno ad accrescere i flussi neri di denaro che in alcuni periodi e paesi superano i flussi legali. Si aggiunge anche la difficoltà di monitorare, controllare, definire sia i prodotti commerciati che la distribuzione; per esempio, non c’è controllo né sui pesticidi usati per le coltivazioni né sui tagli operati (la cocaina venduta in europa è pura in media al 45%); lo stesso discorso vale per il doping, dove laboratori semiclandestini producono barattoli di sostanze dubbie vendute poi sottobanco, e per la prostituzione dove nella clandestinità rivivono antiche schiavitù che sul nostro territorio preferiremmo non vedere, viste le lacrime e il sangue che ci sono voluti per uscirne.
C’è poi tutto l’indotto del proibizionismo, sotto forma di spese per la persecuzione dei reati e per le cosiddette comunità di recupero, mondo non privo di ombre inquietanti, sul quale interverrò in un’altra occasione.
Vorrei invece avviarmi alla conclusione con qualche dato storico, che ci aiuti ad inquadrare un po’ più da lontano il rapporto che la società umana ha intrattenuto e intrattiene con alcune piante.
La prima notizia scritta sul papavero da oppio compare su tavole sumeriche del III° millennio a.C. A Ippocrate, medico greco del V° secolo a.C. considerato uno dei padri della medicina occidentale, si deve la parola latina “opium”, traslato dal greco οπός μεκονος, succo di papavero. L’ uso di questa pianta è apparso fin dall’inizio terapeutico, per le sue grandi proprietà analgesiche, né ci dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci antidolorifici traggono le loro origini dallo studio di piante come il papavero, la coca, la canapa, il caffè ecc.; poter controllare il dolore è sempre apparso legittimamente agli uomini come uno scopo per il quale valeva la pena ricercare e studiare. Non possiamo neanche immaginare cosa fosse la medicina prima che le proprietà dell’oppio venissero studiate e applicate, le sofferenze, i dolori che non potevano essere leniti, le operazioni senza anestesia; prima di dire che l’uso delle droghe è devastante si deve considerare quanto giovamento queste piante hanno portato all’umanità e quanto se usate nelle maniere giuste possano non essere devastanti, ma al contrario, benefiche.
Nel corso della storia umana le droghe hanno subito alterne fortune: proibite o ammesse, esaltate o demonizzate, sfruttate e raffinate da un’industria sempre più mirata. Così nel 1640 in Cina l’ultimo imperatore della dinastia Ming decretò la pena di morte per chi trafficasse o consumasse tabacco; la proibizione fece sì che si cominciasse a fumare oppio, fino ad allora consumato prevalentemente per via orale. Mentre i successivi imperatori manciù proibivano dapprima il commercio dell’oppio con gli europei e nel 1793 anche la coltivazione, lo stesso oppio, come principale ingrediente del laudano, entrava a far parte dell’armadietto dei medicinali di famiglia in tutta Europa dove rimarrà per due secoli, senza che la disponibilità generasse legioni di tossicodipendenti. Certo anche allora c’era qualche fenomeno di abuso, la dipendenza è una tendenza umana che si può manifestare in mille modi, ma la disponibilità non genera un aumento dei fenomeni di abuso, cosa che accade invece invariabilmente quando un l’uso di una sostanza viene vietato e punito.
Ci si chiede che differenza ci sia tra assumere psicofarmaci e drogarsi, se non una teorica differenza tra legalizzata e illegale, che moltiplica i profitti, e anche con quale perverso spirito di contraddizione in una Italia inondata di test antidroga e spot terroristici, si è riaperta la strada alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, il tanto discusso caso del Ritalin; quale differenza passi tra il doping per migliorare le prestazioni sportive e il Viagra; come si possa trattare in modo così diverso la vendita di caffeina tabacco alcool e quella di cocaina canapa o oppio. Perché dobbiamo tollerare l’ipocrisia di un proibizionismo di classe che consente ai più ricchi la soddisfazione di ogni vizio mentre agli altri viene tutto impedito? e i cartelloni che in autostrada ci invitano, se abbiamo sonno, a prenderci un caffè?
Il concetto di antiproibizionismo si contrappone ai metodi di regime, al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, strategia nonviolenta, democratica e liberale.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili, con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Claudia Sterzi, segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti @.r.a.
antiproibizionistiradicali@gmail.com
18 ottobre 2008
STERZI: NEONATO COMITATO SCIENTIFICO ANTIDROGA, SI PUO’ FARE DI PIU’
E’ di ieri l’annuncio della nascita di un Comitato Scientifico antidroga, dato a palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla droga, Carlo Giovanardi, e Giovanni Serpelloni, Capo Dipartimento Politiche Antidroga, E, accanto al Comitato, e' stata istituita anche la Consulta degli esperti e degli operatori, composta da 70 membri, ''una sorta di 'parlamentino' - ha spiegato Giovanardi - dove discutere le politiche antidroga''.
Il Presidente del neonato Comitato, Prof. Antonello Bonci, ha sobriamente dichiarato: ''I professionisti che fanno parte del comitato sono le persone migliori del mondo nei propri campi d'appartenenza . . .” ; con queste premesse, e al grido “Se ti droghi vai a piedi!” sono state illustrate le iniziative che si intendono avviare per contrastare le tragiche conseguenze dell’uso ( più esatto sarebbe dire “dell’abuso” ) di sostanze psicoattive.
Test antidroga ai lavoratori, test antidroga agli automobilisti, test antidroga per prendere la patente; per questi ultimi entro dicembre partirà la sperimentazione più volte annunciata a Perugia, Foggia, Verona e Cagliari.
Test antidroga e campagne pubblicitarie pseudoscientifiche sono le scarse e controverse misure che Giovanardi vanta, mentre la tragica realtà italiana consiste di carceri stracolme e di un mercato delle droghe illegali in espansione continua.
Ne parleremo anche domani, 17 ottobre, a Perugia, nel corso del dibattito che si terrà alle 16 nell’aula 2 della Facoltà di Scienze Politiche, Via Pascoli, dal titolo : “Proibizionismo e carceri: scarsi risultati a caro prezzo. Quali politiche alternative? “
Claudia Sterzi, segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti, antiproibizionistiradicali@gmail.com tel. 3381007330
E’ di ieri l’annuncio della nascita di un Comitato Scientifico antidroga, dato a palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla droga, Carlo Giovanardi, e Giovanni Serpelloni, Capo Dipartimento Politiche Antidroga, E, accanto al Comitato, e' stata istituita anche la Consulta degli esperti e degli operatori, composta da 70 membri, ''una sorta di 'parlamentino' - ha spiegato Giovanardi - dove discutere le politiche antidroga''.
Il Presidente del neonato Comitato, Prof. Antonello Bonci, ha sobriamente dichiarato: ''I professionisti che fanno parte del comitato sono le persone migliori del mondo nei propri campi d'appartenenza . . .” ; con queste premesse, e al grido “Se ti droghi vai a piedi!” sono state illustrate le iniziative che si intendono avviare per contrastare le tragiche conseguenze dell’uso ( più esatto sarebbe dire “dell’abuso” ) di sostanze psicoattive.
Test antidroga ai lavoratori, test antidroga agli automobilisti, test antidroga per prendere la patente; per questi ultimi entro dicembre partirà la sperimentazione più volte annunciata a Perugia, Foggia, Verona e Cagliari.
Test antidroga e campagne pubblicitarie pseudoscientifiche sono le scarse e controverse misure che Giovanardi vanta, mentre la tragica realtà italiana consiste di carceri stracolme e di un mercato delle droghe illegali in espansione continua.
Ne parleremo anche domani, 17 ottobre, a Perugia, nel corso del dibattito che si terrà alle 16 nell’aula 2 della Facoltà di Scienze Politiche, Via Pascoli, dal titolo : “Proibizionismo e carceri: scarsi risultati a caro prezzo. Quali politiche alternative? “
Claudia Sterzi, segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti, antiproibizionistiradicali@gmail.com tel. 3381007330
Incontro sul tema
Proibizionismo: scarsi risultati a caro prezzo.
La situazione in Umbria. Quali politiche alternative?
Introduce
Prof. Giancarla Cicoletti, Sociologia del lavoro e delle organizzazioni, Facoltà di Scienze Politiche
Interventi programmati di:
Simonetta Bruschini, referente per le dipendenze del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza dell'Umbria
Mario Fringuello, maresciallo superiore dei Carabinieri – Polizia Giudiziaria di Perugia
Michele Rana, del SIAP ( Sindacato Italiano Appartenenti Polizia ), dirigente di Radicali Italiani
Claudia Sterzi, segretaria dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti
Modera
Andrea Maori, direzione dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti
Sono previsti interventi non programmati di altri docenti e dibattito con gli studenti
Gli studenti del corso di laurea in Scienze sociali e del Servizio sociale potranno acquisire un credito CFU
Proibizionismo: scarsi risultati a caro prezzo.
La situazione in Umbria. Quali politiche alternative?
Introduce
Prof. Giancarla Cicoletti, Sociologia del lavoro e delle organizzazioni, Facoltà di Scienze Politiche
Interventi programmati di:
Simonetta Bruschini, referente per le dipendenze del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza dell'Umbria
Mario Fringuello, maresciallo superiore dei Carabinieri – Polizia Giudiziaria di Perugia
Michele Rana, del SIAP ( Sindacato Italiano Appartenenti Polizia ), dirigente di Radicali Italiani
Claudia Sterzi, segretaria dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti
Modera
Andrea Maori, direzione dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti
Sono previsti interventi non programmati di altri docenti e dibattito con gli studenti
Gli studenti del corso di laurea in Scienze sociali e del Servizio sociale potranno acquisire un credito CFU
INTERVENTO ALL'UNIVERSITA' DI PERUGIA
di Claudia Sterzi
Vorrei per prima cosa rispondere ad una affermazione del maresciallo Fringuello che ha parlato ora ed ha affermato che “ l’uso di droghe è devastante”, perché è importante che l’informazione sia completa; l’uso di droghe non è devastante, casomai l’abuso e la dipendenza dalle droghe è devastante, non bisogna dimenticare che la parola droghe, in inglese drugs , in inglese ha conservato il significato sia di droga che di farmaco, in italiano si è creata una differenza tra droghe, farmaci, doping, mentre parliamo di fenomeni del tutto simili; secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità le droghe sono farmaci e i farmaci sono droghe, tutto dipende dalle modalità di assunzione; l’assoluta mancanza di controllo e di analisi delle sostanze assunte, quindi la loro pericolosità, deriva in gran parte dalla loro illegalità e clandestinità.
Cominciamo da alcuni dati: la Polizia di Stato fornisce, attraverso il suo sito, le cifre della sua attività nel primo semestre 2008; in questo periodo sono state segnalate dai servizi antidroga all’ autorità giudiziaria, in Umbria, 412 persone, il 2,29 % del dato nazionale; nello stesso periodo infatti in Italia sono state segnalate circa 18.000 persone ( più di un quarto per eroina, che insieme a cocaina e hashish costituiscono la maggior parte delle sostanze sequestrate ), che vanno ad aggiungersi ai nove milioni di processi penali pendenti in Italia , con termine medio di attesa di sei anni superiore a tutti i parametri non solo europei, che vanno ad aggiungersi ai detenuti ospitati in carceri che non li possono contenere, di nuovo, in condizioni contrarie ad ogni diritto umano alla decenza. Lo dico perché l’ho visto con i miei occhi nel corso delle visite che come radicali abbiamo sempre fatto nelle carceri italiane, sono condizioni igieniche e di vita che non possono rieducare nessuno e in più della metà dei casi si applicano a detenuti in attesa di giudizio, quindi potenzialmente innocenti.
Il 27,6 % dei detenuti sono tossicodipendenti, il 2,5% sono alcooldipendenti, il 4,5% sono in trattamento metadonico, per un totale di 16.789 (34,6% del totale) persone malate rinchiuse in istituti di pena, e veramente di pena si tratta, in questo caso, come se essere tossicodipendenti non fosse già una pena di per sé.
Se si rilegge l’articolo 27 della Costituzione: "…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…" si può già concludere che tenere un tossicodipendente in carcere, nelle carceri italiane, è già di per sé contrario a qualunque senso di umanità; il tossicodipendente, colui che è dipendente e abusa di sostanze stupefacenti, è un malato e con umanità deve essere curato.
Magari riammodernando il termine di tossicodipendente, distinguendo tra uso e abuso, sforzandosi di uscire da un’ ottica proibitiva e punitiva, oltre la quale c’è solo la pena di morte, quell’ottica che portò nei secoli la società a dotarsi di prigioni sorvegliate e segregate; bisogna insistere sul rispetto della legge costituzionale, continuare in un processo culturale di innovazione e modernizzazione. La giustizia italiana è una giustizia perennemente in ritardo, in tutto, nei processi, nell’organizzazione, nelle notifiche, nell’aggiornamento anche tecnologico.
Parlando poi dell’aspetto economico, nel sito dell’ Osservatorio sulle droghe per l’anno 2006, troviamo una stima in termini economici, che calcola il costo della permanenza in carcere dei tossicodipendenti, escludendo il costo di terapie specifiche o da patologie correlate. La strategia proibizionista sul fenomeno dell’uso e abuso di sostanze psicotrope costa allo Stato, quindi a noi cittadini, circa un miliardo di euro l’anno.
Secondo la relazione annuale 2006 sulle droghe del Governo, riportato sempre dall’Osservatorio sulle droghe, 1,8 miliardi di Euro sarebbero le spese per l’apparato giudiziario e di polizia impegnato nell’azione di contrasto. E siamo a 2,8 miliardi di euro.
2,8 miliardi di euro spesi per combattere in termini proibizionisti e punitivi un fenomeno sociale; gioverà ricordare che il termine proibizionismo fu coniato in relazione a un particolare periodo della storia statunitense in cui era legalmente proibito produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche. La strategia proibizionista durò dal 1919 al 1933 e fu totalmente fallimentare, oltre ad alimentare la malavita organizzata ( 500.000 nuovi criminali ) che visse in quei 14 anni un periodo di espansione e splendore.
Spesso gli effetti secondari, che in sociologia vengono definiti effetti perversi, delle decisioni legislative vengono trascurati; nel caso del proibizionismo come mezzo di controllo per i fenomeni sociali, questa trascuratezza è evidente. Gli effetti perversi, in termini di costi sia sociali che economici, superano di gran lunga i benefici.
Questa la realtà nostra. Sul sito dell’osservatorio europeo sulle droghe e sulla tossicodipendenza sono riportate le stime del consumo in Europa; si parla di stime in quanto trattandosi di un fenomeno clandestino e illegale non si può contare con certezza; per esempio i consumatori europei di cocaina sono stimati in 12 milioni, quindi un numero enorme che non si può continuare ad affrontare con le stesse strategie che ne hanno consentito l’aumento, si dovrà cominciare a sperimentare strategie alternative.
Dopo questi dati, cerchiamo di tracciare uno spazio storico dove situare i fenomeni sociali che stiamo prendendo in considerazione.
La prima notizia scritta sul papavero da oppio compare su tavole sumeriche del III° millennio a.C. A Ippocrate, medico greco del V° secolo a.C. considerato uno dei padri della medicina occidentale, si deve la parola latina “opium”, traslato dal greco οπός μεκονος, succo di papavero. L’ uso di questa pianta è apparso fin dall’inizio terapeutico, per le sue grandi proprietà analgesiche, né ci dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci antidolorifici traggono le loro origini dallo studio di piante come il papavero, la coca, la canapa; poter controllare il dolore è sempre apparso legittimamente agli uomini come uno scopo per il quale valeva la pena ricercare e studiare. Non possiamo neanche immaginare cosa fosse la medicina prima che le proprietà dell’oppio venissero studiate e applicate, le sofferenze, i dolori che non potevano essere leniti, le operazioni senza anestesia; prima di dire che l’uso delle droghe è devastante si deve considerare quanto giovamento queste piante hanno portato all’umanità e quanto se usate nelle maniere giuste possano non essere devastanti, ma al contrario, benefiche.
Nel corso della storia umana le droghe hanno subito alterne fortune: proibite o ammesse, esaltate o demonizzate, sfruttate e raffinate da un’industria sempre più mirata. Così nel 1640 in Cina l’ultimo imperatore della dinastia Ming decretò la pena di morte per chi trafficasse o consumasse tabacco; la proibizione fece sì che si cominciasse a fumare oppio, fino ad allora consumato prevalentemente per via orale. Mentre i successivi imperatori manciù proibivano dapprima il commercio dell’oppio con gli europei e nel 1793 anche la coltivazione, lo stesso oppio, come principale ingrediente del laudano, entrava a far parte dell’armadietto dei medicinali di famiglia in tutta Europa dove rimarrà per due secoli, senza che la disponibilità generasse legioni di tossicodipendenti. Certo anche allora c’era qualche fenomeno di abuso, la dipendenza è una tendenza umana che si può manifestare in mille modi, ma la disponibilità non genera un aumento dei fenomeni di abuso, cosa che accade invece invariabilmente quando un l’uso di una sostanza viene vietato e punito.
Già allora i flussi di mercato e di denaro legati al consumo di droghe producevano guerre e conflitti sociali; nel 1729, quando viene decretato lo strangolamento per i contrabbandieri di oppio e i proprietari delle fumerie, il traffico clandestino di oppio dalla Cina all’Europa consiste in circa una tonnellata e mezzo. Una escalation di proibizionismo porterà nel secolo seguente questa cifra fino a 5000 tonnellate.
A fronte delle indubbie capacità medicinali di alcune piante, le loro potenzialità di provocare assuefazione, intossicazione e dipendenza le hanno rese e le rendono strumenti e giustificazione di guerre commerciali, spietati business, vere e proprie guerre civili.
Norbert Elias nel suo saggio di sociologia della conoscenza, "Coinvolgimento e distacco", ci spiega come l’eccessiva emotività impedisca di vedere le cose con il distacco necessario per una valutazione e azione incisiva; il livello di autocontrollo, dice, va di pari passo con il livello di controllo del processo. I due livelli sono interdipendenti e complementari. Una reazione emotiva intensa diminuisce la possibilità di giudicare realisticamente il processo critico e quindi di reagire in modo realistico e efficace.
Di fronte ad un fenomeno che coinvolge emotivamente tante persone ( pensiamo ai consumatori, agli indagati, alle famiglie degli indagati, agli avvocati, alle mafie produttrici, agli spacciatori e alle loro famiglie) è molto facile cadere in atteggiamenti integralisti e polarizzati: da una parte il drogato come il male assoluto, come spazzatura marcia della società, dall’altra la facile mitizzazione dei comportamenti illeciti e della insubordinazione all’ordine costituito.
L’ottica antiproibizionista esce da questi opposti e propone una strategia di legalità e di intelligenza del fenomeno che scoraggi l’abuso attraverso l’informazione senza demonizzare e senza mitizzare alcuno e alcunchè.
Non si tratta di difendere un fantomatico diritto a drogarsi; drogarsi non è un diritto, è una facoltà umana; si tratta di garantire che il soddisfacimento di questa facoltà non rechi conseguenze drammatiche.
Il Professor Fredrick Polak, psichiatra e psicoanalista olandese, membro della Fondazione per le politiche olandesi sulle droghe e consulente del dipartimento droghe città di Amsterdam, ha avvicinato di recente Antonio Costa, direttore esecutivo dell’ufficio ONU su droghe e crimine, per porgli questa semplice domanda: “In Olanda la cannabis è disponibile per tutti coloro che vogliano farne uso, sempre se maggiorenni. Non ci sono restrizioni sull’uso di cannabis e sul possesso di piccole quantità, ma il livello di consumo di cannabis dei giovani olandesi è più basso che negli altri paesi vicini. Come si spiega questo dato in netto contrasto con le teorie proibizioniste?” Attendiamo ancora, insieme a lui, una risposta dal dottor Costa.
L’Olanda è all’avanguardia anche nell’uso dei derivati della canapa come medicinale; è il Ministero della sanità olandese che si fa carico della coltivazione, produzione e distribuzione del Bedrocan, farmaco indicato per contrastare i sintomi di svariate malattie gravi come la sclerosi multipla o gli effetti collaterali delle chemioterapie.
Del resto recenti studi hanno messo a fuoco le doti antitumorali e neuroprotettive, ipotizzando non solo la funzione terapeutica nelle malattie degenerative del sistema nervoso, ma anche una funzione preventiva e di profilassi.
Se non bastassero, in tema di efficacia delle strategie proibizioniste, gli esempi del proibizionismo americano sull’alcool, quello del consumo di cannabis in Olanda e quello del contrabbando di oppio in Cina, vorrei portare altri due esempi:
in America, nel 1956, quando venne emanato il Narcotics Control Act, che inaspriva in senso proibizionista le leggi vigenti, il numero di americani in carcere per motivi legati al consumo di eroina è di circa 1000; nel ’60, dopo 4 anni, questo numero è decuplicato.
Un altro esempio lo troviamo trattando di tutto un altro argomento, del quale mi sono occupata per la mia tesi in sociologia dei processi culturali, sulle mutilazioni genitali femminili e su come la nostra società occidentale ha reagito all’arrivo delle donne immigrate coinvolte in questa pratica. In Sudan, nel 1946, vennero proibite severamente per legge le mgf, che venivano tradizionalmente effettuate su gran parte delle bambine sudanesi; il risultato ottenuto fu l’abbassamento repentino dell’età media della mutilazione, perché tutti i genitori si affrettarono ad operare le bambine prima che le legge entrasse in effettivo vigore.
Sulla osservazione della dottoressa Cicoletti, sull’ aspetto economico, certo parliamo di cifre enormi; infatti è molto più semplice trattare con i proibizionisti in buona fede, con i quali è comunque possibile trovare punti di incontro e mediazione; i problemi sorgono con i proibizionisti in mala fede, cioè coloro che dal proibizionismo traggono grandi guadagni. Intorno al traffico di sostanze stupefacenti, collegato al traffico di armi e di persone, girano interessi in stretta connessione con la politica internazionale; basta pensare al traffico di oppio talebano che finanzia il terrorismo. Legalizzando, secondo me, droghe e prostituzione, si dà, sì, un colpo formidabile alla mafia, ma anche si cambia la politica internazionale.
Grazie a tutti
Cominciamo da alcuni dati: la Polizia di Stato fornisce, attraverso il suo sito, le cifre della sua attività nel primo semestre 2008; in questo periodo sono state segnalate dai servizi antidroga all’ autorità giudiziaria, in Umbria, 412 persone, il 2,29 % del dato nazionale; nello stesso periodo infatti in Italia sono state segnalate circa 18.000 persone ( più di un quarto per eroina, che insieme a cocaina e hashish costituiscono la maggior parte delle sostanze sequestrate ), che vanno ad aggiungersi ai nove milioni di processi penali pendenti in Italia , con termine medio di attesa di sei anni superiore a tutti i parametri non solo europei, che vanno ad aggiungersi ai detenuti ospitati in carceri che non li possono contenere, di nuovo, in condizioni contrarie ad ogni diritto umano alla decenza. Lo dico perché l’ho visto con i miei occhi nel corso delle visite che come radicali abbiamo sempre fatto nelle carceri italiane, sono condizioni igieniche e di vita che non possono rieducare nessuno e in più della metà dei casi si applicano a detenuti in attesa di giudizio, quindi potenzialmente innocenti.
Il 27,6 % dei detenuti sono tossicodipendenti, il 2,5% sono alcooldipendenti, il 4,5% sono in trattamento metadonico, per un totale di 16.789 (34,6% del totale) persone malate rinchiuse in istituti di pena, e veramente di pena si tratta, in questo caso, come se essere tossicodipendenti non fosse già una pena di per sé.
Se si rilegge l’articolo 27 della Costituzione: "…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…" si può già concludere che tenere un tossicodipendente in carcere, nelle carceri italiane, è già di per sé contrario a qualunque senso di umanità; il tossicodipendente, colui che è dipendente e abusa di sostanze stupefacenti, è un malato e con umanità deve essere curato.
Magari riammodernando il termine di tossicodipendente, distinguendo tra uso e abuso, sforzandosi di uscire da un’ ottica proibitiva e punitiva, oltre la quale c’è solo la pena di morte, quell’ottica che portò nei secoli la società a dotarsi di prigioni sorvegliate e segregate; bisogna insistere sul rispetto della legge costituzionale, continuare in un processo culturale di innovazione e modernizzazione. La giustizia italiana è una giustizia perennemente in ritardo, in tutto, nei processi, nell’organizzazione, nelle notifiche, nell’aggiornamento anche tecnologico.
Parlando poi dell’aspetto economico, nel sito dell’ Osservatorio sulle droghe per l’anno 2006, troviamo una stima in termini economici, che calcola il costo della permanenza in carcere dei tossicodipendenti, escludendo il costo di terapie specifiche o da patologie correlate. La strategia proibizionista sul fenomeno dell’uso e abuso di sostanze psicotrope costa allo Stato, quindi a noi cittadini, circa un miliardo di euro l’anno.
Secondo la relazione annuale 2006 sulle droghe del Governo, riportato sempre dall’Osservatorio sulle droghe, 1,8 miliardi di Euro sarebbero le spese per l’apparato giudiziario e di polizia impegnato nell’azione di contrasto. E siamo a 2,8 miliardi di euro.
2,8 miliardi di euro spesi per combattere in termini proibizionisti e punitivi un fenomeno sociale; gioverà ricordare che il termine proibizionismo fu coniato in relazione a un particolare periodo della storia statunitense in cui era legalmente proibito produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche. La strategia proibizionista durò dal 1919 al 1933 e fu totalmente fallimentare, oltre ad alimentare la malavita organizzata ( 500.000 nuovi criminali ) che visse in quei 14 anni un periodo di espansione e splendore.
Spesso gli effetti secondari, che in sociologia vengono definiti effetti perversi, delle decisioni legislative vengono trascurati; nel caso del proibizionismo come mezzo di controllo per i fenomeni sociali, questa trascuratezza è evidente. Gli effetti perversi, in termini di costi sia sociali che economici, superano di gran lunga i benefici.
Questa la realtà nostra. Sul sito dell’osservatorio europeo sulle droghe e sulla tossicodipendenza sono riportate le stime del consumo in Europa; si parla di stime in quanto trattandosi di un fenomeno clandestino e illegale non si può contare con certezza; per esempio i consumatori europei di cocaina sono stimati in 12 milioni, quindi un numero enorme che non si può continuare ad affrontare con le stesse strategie che ne hanno consentito l’aumento, si dovrà cominciare a sperimentare strategie alternative.
Dopo questi dati, cerchiamo di tracciare uno spazio storico dove situare i fenomeni sociali che stiamo prendendo in considerazione.
La prima notizia scritta sul papavero da oppio compare su tavole sumeriche del III° millennio a.C. A Ippocrate, medico greco del V° secolo a.C. considerato uno dei padri della medicina occidentale, si deve la parola latina “opium”, traslato dal greco οπός μεκονος, succo di papavero. L’ uso di questa pianta è apparso fin dall’inizio terapeutico, per le sue grandi proprietà analgesiche, né ci dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci antidolorifici traggono le loro origini dallo studio di piante come il papavero, la coca, la canapa; poter controllare il dolore è sempre apparso legittimamente agli uomini come uno scopo per il quale valeva la pena ricercare e studiare. Non possiamo neanche immaginare cosa fosse la medicina prima che le proprietà dell’oppio venissero studiate e applicate, le sofferenze, i dolori che non potevano essere leniti, le operazioni senza anestesia; prima di dire che l’uso delle droghe è devastante si deve considerare quanto giovamento queste piante hanno portato all’umanità e quanto se usate nelle maniere giuste possano non essere devastanti, ma al contrario, benefiche.
Nel corso della storia umana le droghe hanno subito alterne fortune: proibite o ammesse, esaltate o demonizzate, sfruttate e raffinate da un’industria sempre più mirata. Così nel 1640 in Cina l’ultimo imperatore della dinastia Ming decretò la pena di morte per chi trafficasse o consumasse tabacco; la proibizione fece sì che si cominciasse a fumare oppio, fino ad allora consumato prevalentemente per via orale. Mentre i successivi imperatori manciù proibivano dapprima il commercio dell’oppio con gli europei e nel 1793 anche la coltivazione, lo stesso oppio, come principale ingrediente del laudano, entrava a far parte dell’armadietto dei medicinali di famiglia in tutta Europa dove rimarrà per due secoli, senza che la disponibilità generasse legioni di tossicodipendenti. Certo anche allora c’era qualche fenomeno di abuso, la dipendenza è una tendenza umana che si può manifestare in mille modi, ma la disponibilità non genera un aumento dei fenomeni di abuso, cosa che accade invece invariabilmente quando un l’uso di una sostanza viene vietato e punito.
Già allora i flussi di mercato e di denaro legati al consumo di droghe producevano guerre e conflitti sociali; nel 1729, quando viene decretato lo strangolamento per i contrabbandieri di oppio e i proprietari delle fumerie, il traffico clandestino di oppio dalla Cina all’Europa consiste in circa una tonnellata e mezzo. Una escalation di proibizionismo porterà nel secolo seguente questa cifra fino a 5000 tonnellate.
A fronte delle indubbie capacità medicinali di alcune piante, le loro potenzialità di provocare assuefazione, intossicazione e dipendenza le hanno rese e le rendono strumenti e giustificazione di guerre commerciali, spietati business, vere e proprie guerre civili.
Norbert Elias nel suo saggio di sociologia della conoscenza, "Coinvolgimento e distacco", ci spiega come l’eccessiva emotività impedisca di vedere le cose con il distacco necessario per una valutazione e azione incisiva; il livello di autocontrollo, dice, va di pari passo con il livello di controllo del processo. I due livelli sono interdipendenti e complementari. Una reazione emotiva intensa diminuisce la possibilità di giudicare realisticamente il processo critico e quindi di reagire in modo realistico e efficace.
Di fronte ad un fenomeno che coinvolge emotivamente tante persone ( pensiamo ai consumatori, agli indagati, alle famiglie degli indagati, agli avvocati, alle mafie produttrici, agli spacciatori e alle loro famiglie) è molto facile cadere in atteggiamenti integralisti e polarizzati: da una parte il drogato come il male assoluto, come spazzatura marcia della società, dall’altra la facile mitizzazione dei comportamenti illeciti e della insubordinazione all’ordine costituito.
L’ottica antiproibizionista esce da questi opposti e propone una strategia di legalità e di intelligenza del fenomeno che scoraggi l’abuso attraverso l’informazione senza demonizzare e senza mitizzare alcuno e alcunchè.
Non si tratta di difendere un fantomatico diritto a drogarsi; drogarsi non è un diritto, è una facoltà umana; si tratta di garantire che il soddisfacimento di questa facoltà non rechi conseguenze drammatiche.
Il Professor Fredrick Polak, psichiatra e psicoanalista olandese, membro della Fondazione per le politiche olandesi sulle droghe e consulente del dipartimento droghe città di Amsterdam, ha avvicinato di recente Antonio Costa, direttore esecutivo dell’ufficio ONU su droghe e crimine, per porgli questa semplice domanda: “In Olanda la cannabis è disponibile per tutti coloro che vogliano farne uso, sempre se maggiorenni. Non ci sono restrizioni sull’uso di cannabis e sul possesso di piccole quantità, ma il livello di consumo di cannabis dei giovani olandesi è più basso che negli altri paesi vicini. Come si spiega questo dato in netto contrasto con le teorie proibizioniste?” Attendiamo ancora, insieme a lui, una risposta dal dottor Costa.
L’Olanda è all’avanguardia anche nell’uso dei derivati della canapa come medicinale; è il Ministero della sanità olandese che si fa carico della coltivazione, produzione e distribuzione del Bedrocan, farmaco indicato per contrastare i sintomi di svariate malattie gravi come la sclerosi multipla o gli effetti collaterali delle chemioterapie.
Del resto recenti studi hanno messo a fuoco le doti antitumorali e neuroprotettive, ipotizzando non solo la funzione terapeutica nelle malattie degenerative del sistema nervoso, ma anche una funzione preventiva e di profilassi.
Se non bastassero, in tema di efficacia delle strategie proibizioniste, gli esempi del proibizionismo americano sull’alcool, quello del consumo di cannabis in Olanda e quello del contrabbando di oppio in Cina, vorrei portare altri due esempi:
in America, nel 1956, quando venne emanato il Narcotics Control Act, che inaspriva in senso proibizionista le leggi vigenti, il numero di americani in carcere per motivi legati al consumo di eroina è di circa 1000; nel ’60, dopo 4 anni, questo numero è decuplicato.
Un altro esempio lo troviamo trattando di tutto un altro argomento, del quale mi sono occupata per la mia tesi in sociologia dei processi culturali, sulle mutilazioni genitali femminili e su come la nostra società occidentale ha reagito all’arrivo delle donne immigrate coinvolte in questa pratica. In Sudan, nel 1946, vennero proibite severamente per legge le mgf, che venivano tradizionalmente effettuate su gran parte delle bambine sudanesi; il risultato ottenuto fu l’abbassamento repentino dell’età media della mutilazione, perché tutti i genitori si affrettarono ad operare le bambine prima che le legge entrasse in effettivo vigore.
Sulla osservazione della dottoressa Cicoletti, sull’ aspetto economico, certo parliamo di cifre enormi; infatti è molto più semplice trattare con i proibizionisti in buona fede, con i quali è comunque possibile trovare punti di incontro e mediazione; i problemi sorgono con i proibizionisti in mala fede, cioè coloro che dal proibizionismo traggono grandi guadagni. Intorno al traffico di sostanze stupefacenti, collegato al traffico di armi e di persone, girano interessi in stretta connessione con la politica internazionale; basta pensare al traffico di oppio talebano che finanzia il terrorismo. Legalizzando, secondo me, droghe e prostituzione, si dà, sì, un colpo formidabile alla mafia, ma anche si cambia la politica internazionale.
Grazie a tutti
5 ottobre 2008
antiproibizionismo nonviolenza democrazia
DEMCAMP, intervento con aggiunte.
Buongiorno; vorrei intrattenervi una decina di minuti sulle interconnessioni fra antiproibizionismo, nonviolenza, democrazia,
e suscitare qualche riflessione sul tema delle azioni nonviolente come strumenti di partecipazione democratica diretta ed attiva.
L’ occasione che è stata di spunto è la costituzione dell’associazione radicale antiproibizionisti, della quale sono segretaria. Fin dall’inizio di questa esperienza ho considerato quanta vicinanza ci fosse fra il concetto di antiproibizionismo, contrapposto a metodi di regime, contrapposto al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, fra l’antiproibizionismo e la nonviolenza da una parte e fra antiproibizionismo e democrazia dall’altra.
Fra le prime azioni nonviolente radicali molto rilievo ebbero, per esempio, ma sono ormai state dimenticate, le disobbedienze civili in tema di aborto. Il nodo centrale dell’iniziativa radicale era non certo quello di incentivare le donne ad abortire, bensì la riduzione di quella che era una piaga sociale, l’aborto clandestino, attraverso la legalizzazione, l’informazione, la comunicazione. Le conseguenze peggiori della legge proibizionista che allora vigeva, e vorrei ricordare, perché non è passato un secolo, ma soli 35 anni, che le donne ricoverate in ospedale per le complicazioni degli aborti clandestini venivano piantonate dai carabinieri che ne attendevano la dimissione per portarle in galera fra gli insulti che tutti si permettevano di rivolger loro, le conseguenze peggiori le subiva chi non aveva i soldi per andare a interrompere la gravidanza a Londra, o in una delle numerose cliniche italiane compiacenti. Il proibizionismo, quindi, come strategia classista produttrice di diseguaglianza, privilegi ed eccezioni, anche in questo senso antidemocratico; come dimostra anche l’ultima deriva proibizionista sulla droghe di Giovanardi & Co., nel suo voler sottoporre a test antidroga tutte le categorie fuori che, guarda caso, i parlamentari, le forze dell’ordine, i medici, cioè gli stessi che comandano ed eseguono il test a tutti gli altri.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili, con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Purtroppo l’involuzione partitocratica della democrazia italiana non garantisce una libera circolazione delle classi dirigenti, perché ne limita l’accesso ed è viziata da nepotismo, clientelismo e familismo amorale. Lo strumento legislativo parlamentare rimane appannaggio di una maggioranza consolidata di potere, trasversale allo schieramento politico, di una classe dirigente che si autoriproduce da secoli.
Le teorie elitiste già dagli inizi del ‘900 hanno individuato il suffragio universale come necessario ma non sufficiente a garantire la democrazia; la democrazia rappresentativa finisce per selezionare una élite che non rappresenta affatto tutte le componenti della società bensì quelle già dominanti. Per questa ragione fu introdotto uno strumento per la correzione e il bilanciamento in favore della democrazia diretta, la seconda scheda, quella referendaria, strumento fortemente sostenuto e incentivato dai radicali, purtroppo svuotato e tradito. Svuotato di significato dagli inviti all’astensione, reso inattuabile dalle procedure estenuanti necessarie per proporlo, avvilito dalla mancata e corretta informazione, tradito più volte nei risultati.
Quindi un doppio legame: da una parte l’antiproibizionismo come strategia di governo democratico dei fenomeni sociali proposto in alternativa ai metodi proibizionistici violenti propri dei regimi autoritari, dall’altra la nonviolenza e le disobbedienze civili come forme di partecipazione diretta del cittadino al perfezionamento della democrazia.
Per questo le iniziative parliamentari e referendarie radicali antiproibizioniste su aborto, droga e prostituzione, portate avanti con testardaggine dai radicali negli ultimi 40 anni, hanno sempre avuto bisogno del sostegno della nonviolenza nelle forme di obiezione di coscienza, disobbedienze civili, digiuni, per riuscire ad ottenere significativi ma parziali, e spesso non attuati, risultati.
Insegnano i moderni maestri della sociologia che laddove un argomento di dibattito pubblico coinvolge profondamente ed emotivamente le persone è più frequente una polarizzazione estrema fra due atteggiamenti assoluti integralisti e contrapposti; i particolari e le eccezioni vengono rimossi dalla coscienza collettiva e l’argomento svuotato di contenuti viene offerto in simbolico pasto alle configurazioni di potere. Così per le mutilazioni genitali femminili l’opinione pubblica si è divisa fra assolutisti dell’ aumento delle pene e relativisti di “è la loro cultura”; così per le droghe non si va oltre la posizione “drogarsi è reato”, contrapposta a quella “lasciamo fare”; così nella politica internazionale i guerrafondai si contrappongono ai no global arcobaleno ecc.
L’antiproibizionismo e le armi nonviolente della informazione e della comunicazione, la libera circolazione delle idee, delle élites, delle merci e delle persone fanno intravedere una via di uscita e un antidoto alla violenza e all’integralismo che ci travolge.
Sono personalmente una disobbediente civile che si è presa quattro mesi di condanna, indultata, per cessione di canapa nel corso di una disobbedienza civile sul tema della canapa terapeutica; ho partecipato lo scorso anno ai lunghi scioperi della fame che hanno accompagnato la approvazione della risoluzione per la moratoria universale della pena di morte e sono anche oggi in sciopero della fame per la elezione di un giudice costituzionale e del presidente della commissione vigilanza della rai. Lo dico perché sono stati, per me, momenti nei quali mi sono sentita finalmente cittadina attiva.
La deriva proibizionista e autoritaria deve essere arginata e ridotta, reindirizzata; è una strategia fallimentare e criminale, che produce giri di interessi e di denaro, gran parte “al nero”, e dirige in senso distruttivo e non democratico, ingenti risorse. In nome della strategia proibizionista siamo arrivati alla violazione dei diritti dei malati laddove non hanno libero accesso ai farmaci, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica.
Buongiorno; vorrei intrattenervi una decina di minuti sulle interconnessioni fra antiproibizionismo, nonviolenza, democrazia,
e suscitare qualche riflessione sul tema delle azioni nonviolente come strumenti di partecipazione democratica diretta ed attiva.
L’ occasione che è stata di spunto è la costituzione dell’associazione radicale antiproibizionisti, della quale sono segretaria. Fin dall’inizio di questa esperienza ho considerato quanta vicinanza ci fosse fra il concetto di antiproibizionismo, contrapposto a metodi di regime, contrapposto al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, fra l’antiproibizionismo e la nonviolenza da una parte e fra antiproibizionismo e democrazia dall’altra.
Fra le prime azioni nonviolente radicali molto rilievo ebbero, per esempio, ma sono ormai state dimenticate, le disobbedienze civili in tema di aborto. Il nodo centrale dell’iniziativa radicale era non certo quello di incentivare le donne ad abortire, bensì la riduzione di quella che era una piaga sociale, l’aborto clandestino, attraverso la legalizzazione, l’informazione, la comunicazione. Le conseguenze peggiori della legge proibizionista che allora vigeva, e vorrei ricordare, perché non è passato un secolo, ma soli 35 anni, che le donne ricoverate in ospedale per le complicazioni degli aborti clandestini venivano piantonate dai carabinieri che ne attendevano la dimissione per portarle in galera fra gli insulti che tutti si permettevano di rivolger loro, le conseguenze peggiori le subiva chi non aveva i soldi per andare a interrompere la gravidanza a Londra, o in una delle numerose cliniche italiane compiacenti. Il proibizionismo, quindi, come strategia classista produttrice di diseguaglianza, privilegi ed eccezioni, anche in questo senso antidemocratico; come dimostra anche l’ultima deriva proibizionista sulla droghe di Giovanardi & Co., nel suo voler sottoporre a test antidroga tutte le categorie fuori che, guarda caso, i parlamentari, le forze dell’ordine, i medici, cioè gli stessi che comandano ed eseguono il test a tutti gli altri.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili, con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Purtroppo l’involuzione partitocratica della democrazia italiana non garantisce una libera circolazione delle classi dirigenti, perché ne limita l’accesso ed è viziata da nepotismo, clientelismo e familismo amorale. Lo strumento legislativo parlamentare rimane appannaggio di una maggioranza consolidata di potere, trasversale allo schieramento politico, di una classe dirigente che si autoriproduce da secoli.
Le teorie elitiste già dagli inizi del ‘900 hanno individuato il suffragio universale come necessario ma non sufficiente a garantire la democrazia; la democrazia rappresentativa finisce per selezionare una élite che non rappresenta affatto tutte le componenti della società bensì quelle già dominanti. Per questa ragione fu introdotto uno strumento per la correzione e il bilanciamento in favore della democrazia diretta, la seconda scheda, quella referendaria, strumento fortemente sostenuto e incentivato dai radicali, purtroppo svuotato e tradito. Svuotato di significato dagli inviti all’astensione, reso inattuabile dalle procedure estenuanti necessarie per proporlo, avvilito dalla mancata e corretta informazione, tradito più volte nei risultati.
Quindi un doppio legame: da una parte l’antiproibizionismo come strategia di governo democratico dei fenomeni sociali proposto in alternativa ai metodi proibizionistici violenti propri dei regimi autoritari, dall’altra la nonviolenza e le disobbedienze civili come forme di partecipazione diretta del cittadino al perfezionamento della democrazia.
Per questo le iniziative parliamentari e referendarie radicali antiproibizioniste su aborto, droga e prostituzione, portate avanti con testardaggine dai radicali negli ultimi 40 anni, hanno sempre avuto bisogno del sostegno della nonviolenza nelle forme di obiezione di coscienza, disobbedienze civili, digiuni, per riuscire ad ottenere significativi ma parziali, e spesso non attuati, risultati.
Insegnano i moderni maestri della sociologia che laddove un argomento di dibattito pubblico coinvolge profondamente ed emotivamente le persone è più frequente una polarizzazione estrema fra due atteggiamenti assoluti integralisti e contrapposti; i particolari e le eccezioni vengono rimossi dalla coscienza collettiva e l’argomento svuotato di contenuti viene offerto in simbolico pasto alle configurazioni di potere. Così per le mutilazioni genitali femminili l’opinione pubblica si è divisa fra assolutisti dell’ aumento delle pene e relativisti di “è la loro cultura”; così per le droghe non si va oltre la posizione “drogarsi è reato”, contrapposta a quella “lasciamo fare”; così nella politica internazionale i guerrafondai si contrappongono ai no global arcobaleno ecc.
L’antiproibizionismo e le armi nonviolente della informazione e della comunicazione, la libera circolazione delle idee, delle élites, delle merci e delle persone fanno intravedere una via di uscita e un antidoto alla violenza e all’integralismo che ci travolge.
Sono personalmente una disobbediente civile che si è presa quattro mesi di condanna, indultata, per cessione di canapa nel corso di una disobbedienza civile sul tema della canapa terapeutica; ho partecipato lo scorso anno ai lunghi scioperi della fame che hanno accompagnato la approvazione della risoluzione per la moratoria universale della pena di morte e sono anche oggi in sciopero della fame per la elezione di un giudice costituzionale e del presidente della commissione vigilanza della rai. Lo dico perché sono stati, per me, momenti nei quali mi sono sentita finalmente cittadina attiva.
La deriva proibizionista e autoritaria deve essere arginata e ridotta, reindirizzata; è una strategia fallimentare e criminale, che produce giri di interessi e di denaro, gran parte “al nero”, e dirige in senso distruttivo e non democratico, ingenti risorse. In nome della strategia proibizionista siamo arrivati alla violazione dei diritti dei malati laddove non hanno libero accesso ai farmaci, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica.
26 settembre 2008
Forse non tutti sanno che . . .
Chi non è ancora convinto che scrivere sms mentre si guida è più pericoloso che essere alticci o sotto l'effetto di droghe dovrà ricredersi. Dopo l'allarme lanciato dal Ministero dei Trasporti, che qualche mese fa aveva messo in guardia gli italiani a non mettersi alla guida con il cellulare, arriva uno studio scientifico condotto dal Transport Research Laboratory britannico che evidenzia come la capacità di reazione di una persona intenta a mandare messaggini sia ridotta del 35%, mentre la marijuana la diminuisce del 21% ed essere oltre il limite legale per l'alcol del 12%."Quando sono impegnati con gli sms, gli automobilisti sono distratti, tolgono le mani dal volante, si concentrano a leggere i piccoli caratteri del messaggino e pensano a cosa rispondere. Questa combinazione di fattori corrisponde ad un aumento dei tempi di reazione e ad un minor controllo del veicolo e in definitiva mette il conducente in una situazione di rischio più grave di quando supera il limite legale di alcol alla guida", ha spiegato Nick Reed, a capo del team dei ricercatori.Il test, commissionato dal Royal Automobile Club (Rac), è stato condotto su un campione di guidatori dai 18 ai 24 anni, che in un simulatore hanno dimostrato agli studiosi quale sia la differenza nella risposta agli imprevisti sulla strada e nella guida in generale di coloro che inviano sms e di coloro che invece non erano distratti dal telefonino. I primi non soltanto avevano difficoltà, ma tendevano ad uscire dalla corsia e, il più delle volte, non riuscivano a sterzare.Per avere un quadro più completo, il Rac ha anche condotto un sondaggio sul sito sociale Facebook da cui è emerso che il 48% dei guidatori tra i 18 e i 24 anni manda messaggi mentre è al volante. Una percentuale davvero molto alta e tristemente simile a qualla italiana.
Autore: Eleonora Lilli da Omniauto Magazine
Autore: Eleonora Lilli da Omniauto Magazine
9 settembre 2008
Test antidroga. Politiche “antidroga” del Governo superficiali e scorrette.
È un dato certo che da quando Giovanardi ha ricevuto la delega alla droga, servizi civili e famiglia, l’accanimento persecutorio contro le abitudini private e le libertà personali si è aggravato.
Le notizie di cronaca evidenziano come la follia del proibizionismo sia arrivata a negare all’accesso ai farmaci per i malati, e in particolare per quei malati che non possono usufruire delle mille scappatoie a pagamento: un proibizionismo di classe. Così a Bolzano, dove era iniziato un protocollo ospedaliero per la distribuzione di Sativex, farmaco a base di principi attivi della canapa, per la cura della sclerosi multipla, la sperimentazione è stata interrotta per incomprensibili ritardi burocratici da parte del distributore europeo e i malati hanno dovuto ripiegare su altri farmaci dei quali lamentano gli effetti collaterali; a Venezia una signora invalida, ammalata da trenta anni di una distrofia muscolare, si è vista sequestrare e inquisire le piante di canapa che coltivava in casa per il suo uso terapeutico personale.
Contemporaneamente all’ abuso di metodi punitivi e coercitivi è cresciuto negli ultimi decenni, ma da sempre nella storia, l’abuso di droghe di ogni genere, ed è diminuita l’età del primo contatto con le droghe; sempre più all’ ordine del giorno le pericolose commistioni fra fenomeni come droga, psicofarmaci, doping, droghe legali, usi e abusi che hanno molto in comune, ma vengono trattati con giudizi legali e sociali assai diversi.
A fronte delle quotidiane tragedie Giovanardi e Co& non solo non sono capaci di produrre provvedimenti efficaci e risolutivi, ma pure sul poco che fanno non hanno le idee chiare. Così lo strombazzato obbligo di test antidroga, dopo false cifre e contraddittorie dichiarazioni di ogni genere, è stato riaffermato ed esposto dal direttore del Dipartimento nazionale politiche antidroga, Giovanni Serpelloni, così modificato rispetto alle precedenti versioni: test sulle urine, a discrezione e arbitrio del medico, a carico (definito minimo) del contribuente, finalizzato in primo luogo a “ capire se il soggetto abbia fatto uso di droghe rilevabili nell'immediatezza dell'esame o, comunque, quattro o cinque giorni prima”. La seconda funzione, specifica Serpelloni, “è soprattutto deterrente”, chiaramente deterrente non tanto per l’uso di droghe e alcool prima di mettersi alla guida, quanto sull’uso delle droghe e dell’alcool; ma far passare un’operazione di polizia sul consumo di sostanze stupefacenti legali o illegali per un’operazione di sicurezza stradale è scorretto e ambiguo, vista anche l’entità degli stanziamenti economici che vengono gestiti. Una terza funzione è “rendere piu' specifico e completo il certificato di idoneita' alla guida, che sino a oggi non prevedeva in alcun modo questo tipo di analisi”, cosa non vera, in quanto queste informazioni erano già richieste nell’ autocertificazione che da anni ogni aspirante alla patente e al rinnovo sottoscrive nel corso della visita medica, regolata dal rapporto fiduciario tra cittadino e istituzioni.
Conclude Serpelloni: "Tutto dipende dal medico certificatore: potra' chiedere al candidato di sottoporsi al test e, in caso di positività, sospendere temporaneamente il rilascio del certificato. In caso di rifiuto, invece, spetterà a lui decidere se rilasciare o meno la certificazione sotto la sua diretta responsabilita”. Visto il ruolo e il potere che gli si attribuiscono, nel decidere se un cittadino possa o meno avere la patente di guida in base ai suoi comportamenti non di guida, ma privati, saranno previsti anche dei test antidroga e etilometri per i medici esaminatori?
28 agosto 2008
STATE AVVERTITI / etilometro, test antidroga
Attenzione, nella notte tra venerdì e sabato 29 e 30 agosto potreste incappare nella fitta rete di controlli predisposti da Carlo Giovanardi.
Anche se avete le cinture allacciate, non parlate al telefonino e state guidando a meno di 50 all'ora, potete essere fermati e:
sottoposti alla prova dell'etilometro, che risulterà positivo anche se avete bevuto una più che modica quantità;
sottoposti al test antidroga sulla saliva; se vi siete fatti un tirino di coca nei tre giorni precedenti, o una canna nelle 14 ore precedenti il test risulterà positivo.
Scatterà il sequestro del veicolo, sarete "accompagnati" in ospedale a completare i test ( e qui, con l'analisi di urine e sangue, si vedranno tracce anche molto più lontane nel tempo ), sarete quindi arrestati, segnalati come tossicodipendenti o alcoolisti, costretti a seguire un programma di recupero e a pagare un avvocato. Praticamente rovinati.
Invece se superate i limiti di velocità vi faranno una semplice multa e nei casi più gravi (ma ce ne vuole! ) vi toglieranno la patente.
Questa la morale del Giovanardi, meglio sfrecciare sobri a velocità fuori dai limiti che farsi una canna e andare piano. Nonostante che la causa prima di incidenti sia la velocità. Bene bravo due meno.
E, naturalmente, in caso di rifuto dell'etilometro o rifiuto del testo antidroga . . .
26 agosto 2008
Test antidroga per prendere la patente: quale utilità e chi paga
CONFERENZA STAMPA A PERUGIA, 26 AGOSTO 2008
Per prima cosa desidero sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: se mi si dimostrasse che i test antidroga effettuati al momento della richiesta o del rinnovo della patente servono a garantire un significativo aumento della sicurezza stradale, sarei la prima ad essere d’accordo. Quello che io voglio mettere in dubbio è l’utilità di tali test e la scelta di destinare risorse pubbliche al suo acquisto massiccio invece che impiegarlo in altro modo. E’ un vizio italiano quello di strillare anatemi che diventano presupposti a leggi emergenziali invece di affrontare l’insieme complesso e differenziato delle concause. Lo schema è noto: si prende un fatto di cronaca particolarmente drammatico e lo si usa, generalizzandolo, per creare capri espiatori e cacce alle streghe.
Così il barbaro omicidio della signora Reggiani scatenò una compagna contro i romeni, rumeni e rom, confusi tutti nello stesso calderone; così, oggi, la tragica morte di una giovane donna incinta diventa il motivo per il quale Giovanardi può dare il via ad una offensiva su diversi fronti: lotta ai rave e alle smart drugs, ausilio medico per i test antidroga sulle strade, test antidroga per alcune categorie di lavoratori, test antidroga per chi vuole prendere o rinnovare la patente.
Questa conferenza stampa è convocata specificamente su questo ultimo aspetto, cioè sulla sperimentazione che parte a breve, fra le altre città, qui a Perugia.
Il test che verrà eseguito nel corso della visita medica per l’ottenimento e il rinnovo di patente e patentino è quello che vedete nella documentazione distribuita, cioè TEST ANTIDROGA ISCREEN OFD, il Test Antidroga che rileva tramite saliva la presenza delle seguenti droghe: Cocaina, Anfetamine, Oppiacei, Marijuana, Penciclidine, Metanfetamine, come pubblicizzato nel sito della casa produttrice Comifar, che ne vanta l’esclusiva.
Come si vede dalle tabelle pubblicate dalla stessa casa produttrice del test, la permanenza nella saliva delle tracce di droga varia da un minimo di 6-12 ore per il THC, principio attivo della canapa fino a 1-3 giorni per le altre 5 droghe ricercate, anfetamina, cocaina, metanfetamina, oppiacei, penciclidine.
Questo già costituisce un grosso limite per il test, bastando al massimo tre giorni di astinenza per superarlo a testa alta; c’è poi un esperto americano che si è divertito a cercare in internet tutti gli antidoti, le scappatoie, e ne ha trovati 800! non si capisce poi come mai il Giovanardi abbia invocato l’inaffidabilità dei test eseguiti dalle Forze dell’Ordine sulla saliva come motivazione per affiancargli unità sanitarie, questo a partire da venerdì 29 agosto, dove poter eseguire test meglio approfonditi, e pensi poi di affidare agli stessi test la concessione o meno della patente.
Comunque, proseguendo, anche se l’esaminato non bara e supera il test onestamente non è detto che non faccia uso di droghe in seguito, né che si metta alla guida quando le usa. D’altra parte, il ragazzo alla visita per la patente non ci arriva certo guidando, e il consumo occasionale è cosa diversa dal consumo abituale.
L’operazione quindi rientra non certo nella prevenzione per la sicurezza stradale, casomai rientra nella cosiddetta guerra alle droghe di stampo proibizionista che Giovanardi ha sposato, senza considerare i segnali che arrivano da ben più autorevoli testimoni. Per esempio, in Inghilterra, Julian Critchley, collaboratore dell'ex zar antidroghe laburista Keith Hellawell, ha dichiarato recentemente: “E' inutile la politica "dura" contro le droghe; la legalizzazione è il modo migliore per ridurne la pericolosita' sociale.”
Nella stessa direzione le dichiarazioni di Jonh Carnevale, che ha trascorso quasi 15 anni nell'ufficio presidenziale americano in quanto esperto della lotta nazionale alle droghe, lavorando sul budget, sulle strategie e verificandone l'efficacia. Il funzionario dichiara: “fin dagli anni '90 abbiamo capito che le politiche dell’interdizione non diminuiscono il consumo . . . e soprattutto sono costose.”
C’è poi l'ultimo rapporto della UK Drug Commission, secondo il quale la guerra alla droga fa sprecare miliardi di sterline. Sotto accusa sono in particolare i tradizionali metodi di lotta al crimine, che non funzionano mentre nel 2005-2006 il Governo ha fatto spendere 380 milioni di sterline, a questo scopo, e il salasso per la spesa pubblica in relazione al sistema giudiziario è più di 4 miliardi di sterline.
Il peso economico della sperimentazione che partirà a Perugia ( il prezzo del singolo test, al pubblico, è di 36 euro ) verrà addossato ai cittadini e contribuenti, mentre contemporaneamente si diminuiscono i fondi destinati alle forze dell’ordine, rendendo ancora più rari i controlli ordinari su strada riguardo ai comportamenti alla guida, a cominciare dalla velocità, che resta la causa prima degli incidenti stradali.
Non ci si preoccupa di sensibilizzare i giovani ai rischi che corrono, di informarli sulle conseguenze dell’uso di sostanze psicotrope sulla guida; non ci si preoccupa delle spinte mediatiche all’acquisto di macchine che vanno ben oltre i limiti di velocità di legge, da una parte, e di alcoolici dall’altra. Non si sanzionano se non in minima parte gli eccessi di velocità, se non con il proliferare di indiscriminati autovelox che spingono alla furbizia piuttosto che alla prudenza. E se anni fa all’automobilista stanco si consigliava una sosta e un sonnellino oggi gli si offre, a cura della società autostrade, un caffè: cioè una droga legale, tanto droga che la caffeina veniva considerata, ed era usata, come doping fino a pochi anni fa.
L’offensiva proibizionista messa in atto da Giovanardi e dai suoi collaboratori, che aggrava la legge da lui scritta e non sta portando alcun frutto positivo se non il consistente aumento dei finanziamenti alle comunità e ai produttori di test, deve subire uno stop deciso. Non si può sottoporre a controllo preventivo, e criminalizzare, una intera generazione con la scusa della sicurezza stradale. Le ultime dichiarazioni di ieri di Giovanardi sono poi davvero stupefacenti perché afferma di essere contrario anche al guidatore designato, che è il ragazzo che a turno si impegna a non fare uso né di alcool né di droga e si mette alla guida; questo tipo di soluzione è in uso già da decenni nel nord europa, ed esiste anche la figura del guidatore designato a pagamento, cioè un ragazzo che si fa dare qualche decina di euro da ciascuno e rimanendo sobrio accompagna tutti per discoteche e poi a casa. Ma a Giovanardi non va bene neanche questo, perché, dice, comunque le 4 mattina sono l’ora meno adatta a mettersi alla guida. Che cosa vuole Giovanardi? Coprifuoco e tutti a letto con le galline? Si controlla non solo chi non mette in atto comportamenti non corretti alla guida, ma anche chi non guida, incrinando ulteriormente il già fragilissimo rapporto di fiducia che dovrebbe legare il cittadino e le istituzioni. Come antiproibizionista radicale mi auguro che da Perugia parta un movimento d’opinione capace di produrre un ripensamento su questa pioggia di provvedimenti inutili, inefficaci e costosi.
In conclusione, una osservazione: se l’indignazione per la morte della signora Reggiani ha prodotto una sollevazione contro i romeni, se la morte della ragazza incinta a Anzio ha scatenato una rivolta contro i drogati alla guida, come mai, per esempio, il migliaio di morti sul lavoro non producono una sollevazione contro i datori di lavoro che non rispettano le norme di sicurezza e le innumerevoli morti per tumori da inquinamento non scatenano una rivolta contro gli amministratori che tali inquinamenti hanno permesso?
E dopo questa annotazione vi ringrazio per l’attenzione
Claudia Sterzi,
segretaria dell’Associazione Radicale Antiproibizionisti
antiproibizionistiradicali@gmail.com
3381007330
Per prima cosa desidero sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: se mi si dimostrasse che i test antidroga effettuati al momento della richiesta o del rinnovo della patente servono a garantire un significativo aumento della sicurezza stradale, sarei la prima ad essere d’accordo. Quello che io voglio mettere in dubbio è l’utilità di tali test e la scelta di destinare risorse pubbliche al suo acquisto massiccio invece che impiegarlo in altro modo. E’ un vizio italiano quello di strillare anatemi che diventano presupposti a leggi emergenziali invece di affrontare l’insieme complesso e differenziato delle concause. Lo schema è noto: si prende un fatto di cronaca particolarmente drammatico e lo si usa, generalizzandolo, per creare capri espiatori e cacce alle streghe.
Così il barbaro omicidio della signora Reggiani scatenò una compagna contro i romeni, rumeni e rom, confusi tutti nello stesso calderone; così, oggi, la tragica morte di una giovane donna incinta diventa il motivo per il quale Giovanardi può dare il via ad una offensiva su diversi fronti: lotta ai rave e alle smart drugs, ausilio medico per i test antidroga sulle strade, test antidroga per alcune categorie di lavoratori, test antidroga per chi vuole prendere o rinnovare la patente.
Questa conferenza stampa è convocata specificamente su questo ultimo aspetto, cioè sulla sperimentazione che parte a breve, fra le altre città, qui a Perugia.
Il test che verrà eseguito nel corso della visita medica per l’ottenimento e il rinnovo di patente e patentino è quello che vedete nella documentazione distribuita, cioè TEST ANTIDROGA ISCREEN OFD, il Test Antidroga che rileva tramite saliva la presenza delle seguenti droghe: Cocaina, Anfetamine, Oppiacei, Marijuana, Penciclidine, Metanfetamine, come pubblicizzato nel sito della casa produttrice Comifar, che ne vanta l’esclusiva.
Come si vede dalle tabelle pubblicate dalla stessa casa produttrice del test, la permanenza nella saliva delle tracce di droga varia da un minimo di 6-12 ore per il THC, principio attivo della canapa fino a 1-3 giorni per le altre 5 droghe ricercate, anfetamina, cocaina, metanfetamina, oppiacei, penciclidine.
Questo già costituisce un grosso limite per il test, bastando al massimo tre giorni di astinenza per superarlo a testa alta; c’è poi un esperto americano che si è divertito a cercare in internet tutti gli antidoti, le scappatoie, e ne ha trovati 800! non si capisce poi come mai il Giovanardi abbia invocato l’inaffidabilità dei test eseguiti dalle Forze dell’Ordine sulla saliva come motivazione per affiancargli unità sanitarie, questo a partire da venerdì 29 agosto, dove poter eseguire test meglio approfonditi, e pensi poi di affidare agli stessi test la concessione o meno della patente.
Comunque, proseguendo, anche se l’esaminato non bara e supera il test onestamente non è detto che non faccia uso di droghe in seguito, né che si metta alla guida quando le usa. D’altra parte, il ragazzo alla visita per la patente non ci arriva certo guidando, e il consumo occasionale è cosa diversa dal consumo abituale.
L’operazione quindi rientra non certo nella prevenzione per la sicurezza stradale, casomai rientra nella cosiddetta guerra alle droghe di stampo proibizionista che Giovanardi ha sposato, senza considerare i segnali che arrivano da ben più autorevoli testimoni. Per esempio, in Inghilterra, Julian Critchley, collaboratore dell'ex zar antidroghe laburista Keith Hellawell, ha dichiarato recentemente: “E' inutile la politica "dura" contro le droghe; la legalizzazione è il modo migliore per ridurne la pericolosita' sociale.”
Nella stessa direzione le dichiarazioni di Jonh Carnevale, che ha trascorso quasi 15 anni nell'ufficio presidenziale americano in quanto esperto della lotta nazionale alle droghe, lavorando sul budget, sulle strategie e verificandone l'efficacia. Il funzionario dichiara: “fin dagli anni '90 abbiamo capito che le politiche dell’interdizione non diminuiscono il consumo . . . e soprattutto sono costose.”
C’è poi l'ultimo rapporto della UK Drug Commission, secondo il quale la guerra alla droga fa sprecare miliardi di sterline. Sotto accusa sono in particolare i tradizionali metodi di lotta al crimine, che non funzionano mentre nel 2005-2006 il Governo ha fatto spendere 380 milioni di sterline, a questo scopo, e il salasso per la spesa pubblica in relazione al sistema giudiziario è più di 4 miliardi di sterline.
Il peso economico della sperimentazione che partirà a Perugia ( il prezzo del singolo test, al pubblico, è di 36 euro ) verrà addossato ai cittadini e contribuenti, mentre contemporaneamente si diminuiscono i fondi destinati alle forze dell’ordine, rendendo ancora più rari i controlli ordinari su strada riguardo ai comportamenti alla guida, a cominciare dalla velocità, che resta la causa prima degli incidenti stradali.
Non ci si preoccupa di sensibilizzare i giovani ai rischi che corrono, di informarli sulle conseguenze dell’uso di sostanze psicotrope sulla guida; non ci si preoccupa delle spinte mediatiche all’acquisto di macchine che vanno ben oltre i limiti di velocità di legge, da una parte, e di alcoolici dall’altra. Non si sanzionano se non in minima parte gli eccessi di velocità, se non con il proliferare di indiscriminati autovelox che spingono alla furbizia piuttosto che alla prudenza. E se anni fa all’automobilista stanco si consigliava una sosta e un sonnellino oggi gli si offre, a cura della società autostrade, un caffè: cioè una droga legale, tanto droga che la caffeina veniva considerata, ed era usata, come doping fino a pochi anni fa.
L’offensiva proibizionista messa in atto da Giovanardi e dai suoi collaboratori, che aggrava la legge da lui scritta e non sta portando alcun frutto positivo se non il consistente aumento dei finanziamenti alle comunità e ai produttori di test, deve subire uno stop deciso. Non si può sottoporre a controllo preventivo, e criminalizzare, una intera generazione con la scusa della sicurezza stradale. Le ultime dichiarazioni di ieri di Giovanardi sono poi davvero stupefacenti perché afferma di essere contrario anche al guidatore designato, che è il ragazzo che a turno si impegna a non fare uso né di alcool né di droga e si mette alla guida; questo tipo di soluzione è in uso già da decenni nel nord europa, ed esiste anche la figura del guidatore designato a pagamento, cioè un ragazzo che si fa dare qualche decina di euro da ciascuno e rimanendo sobrio accompagna tutti per discoteche e poi a casa. Ma a Giovanardi non va bene neanche questo, perché, dice, comunque le 4 mattina sono l’ora meno adatta a mettersi alla guida. Che cosa vuole Giovanardi? Coprifuoco e tutti a letto con le galline? Si controlla non solo chi non mette in atto comportamenti non corretti alla guida, ma anche chi non guida, incrinando ulteriormente il già fragilissimo rapporto di fiducia che dovrebbe legare il cittadino e le istituzioni. Come antiproibizionista radicale mi auguro che da Perugia parta un movimento d’opinione capace di produrre un ripensamento su questa pioggia di provvedimenti inutili, inefficaci e costosi.
In conclusione, una osservazione: se l’indignazione per la morte della signora Reggiani ha prodotto una sollevazione contro i romeni, se la morte della ragazza incinta a Anzio ha scatenato una rivolta contro i drogati alla guida, come mai, per esempio, il migliaio di morti sul lavoro non producono una sollevazione contro i datori di lavoro che non rispettano le norme di sicurezza e le innumerevoli morti per tumori da inquinamento non scatenano una rivolta contro gli amministratori che tali inquinamenti hanno permesso?
E dopo questa annotazione vi ringrazio per l’attenzione
Claudia Sterzi,
segretaria dell’Associazione Radicale Antiproibizionisti
antiproibizionistiradicali@gmail.com
3381007330
22 agosto 2008
Conferenza stampa a Perugia
"Test antidroga per prendere la patente: quale utilità e chi paga?"
Martedì 26 agosto, alle ore 11, presso la sala delle conferenze dell' Hotel La Rosetta, corso Vannucci, Perugia, è convocata una conferenza stampa dal titolo: "Test antidroga per prendere la patente: quale utilità e chi paga?".
La conferenza, promossa dall' Associazione Radicale Antiproibizionisti, @.r.a., introdotta da Andrea Maori, della direzione dell' @.r.a., vedrà la partecipazione dell’ On. Donatella Poretti, senatrice del gruppo radicale nel PD, Claudia Sterzi, segretaria dell' @.r.a., Giampiero Proietti, responsabile nazionale dell’ UNASCA ( Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica ), Pierfrancesco Pellegrino dell’ Associazione Radicaliperugia.
La sperimentazione del test antidroga è stata annunciata da Carlo Giovanardi, da settembre, e riguarda 4 città: Perugia, Verona, Foggia e Cagliari. Si tratta di una delle ennesime risposte al problema della sicurezza che non costituiscono una soluzione anzi rappresentano un vero spreco di soldi pubblici e privati.
Anche senza entrare nel merito della evidente illiberalità del metodo, la validità del test viene inficiata dai relativamente brevi tempi di permanenza delle tracce sia di alcool, che di sostanze stupefacenti. Basterà all' aspirante patentato osservare qualche giorno di astinenza e il gioco è fatto.
A farsi carico di questa inutile novità saranno i cittadini che si vedranno chiedere il costo, intorno ai 100 euro, del test; elementare è fare il conto dei soldi che entreranno nelle tasca della Comifar, la società produttrice di tutti i test usati dalle aziende sanitarie, dalle Forze dell'Ordine, oltre che dei test che l'amministrazione del Comune di Milano ha voluto comprare e distribuire alle famiglie con figli adolescenti lo scorso anno, ritirati, dopo 20 giorni, da 30 famiglie su 3800.
Non sono questi provvedimenti che possono garantire maggiore sicurezza stradale, è piuttosto interessante capire, come scrivono i senatori del gruppo radicale nel PD On. Donatella Poretti e On. Marco Perduca nella interrogazione parlamentare presentata lo scorso luglio,
"quale normativa europea o italiana autorizza il sottosegretario Carlo Giovanardi ad imporre esami alcolemici e tossicologici quale presupposto per il conseguimento della patente di guida, e cosa intenda fare il Governo per raggiungere la media europea per proporzione fra controlli stradali con etilometro ed altri esami tossicologici dei conducenti".
Martedì 26 agosto, alle ore 11, presso la sala delle conferenze dell' Hotel La Rosetta, corso Vannucci, Perugia, è convocata una conferenza stampa dal titolo: "Test antidroga per prendere la patente: quale utilità e chi paga?".
La conferenza, promossa dall' Associazione Radicale Antiproibizionisti, @.r.a., introdotta da Andrea Maori, della direzione dell' @.r.a., vedrà la partecipazione dell’ On. Donatella Poretti, senatrice del gruppo radicale nel PD, Claudia Sterzi, segretaria dell' @.r.a., Giampiero Proietti, responsabile nazionale dell’ UNASCA ( Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica ), Pierfrancesco Pellegrino dell’ Associazione Radicaliperugia.
La sperimentazione del test antidroga è stata annunciata da Carlo Giovanardi, da settembre, e riguarda 4 città: Perugia, Verona, Foggia e Cagliari. Si tratta di una delle ennesime risposte al problema della sicurezza che non costituiscono una soluzione anzi rappresentano un vero spreco di soldi pubblici e privati.
Anche senza entrare nel merito della evidente illiberalità del metodo, la validità del test viene inficiata dai relativamente brevi tempi di permanenza delle tracce sia di alcool, che di sostanze stupefacenti. Basterà all' aspirante patentato osservare qualche giorno di astinenza e il gioco è fatto.
A farsi carico di questa inutile novità saranno i cittadini che si vedranno chiedere il costo, intorno ai 100 euro, del test; elementare è fare il conto dei soldi che entreranno nelle tasca della Comifar, la società produttrice di tutti i test usati dalle aziende sanitarie, dalle Forze dell'Ordine, oltre che dei test che l'amministrazione del Comune di Milano ha voluto comprare e distribuire alle famiglie con figli adolescenti lo scorso anno, ritirati, dopo 20 giorni, da 30 famiglie su 3800.
Non sono questi provvedimenti che possono garantire maggiore sicurezza stradale, è piuttosto interessante capire, come scrivono i senatori del gruppo radicale nel PD On. Donatella Poretti e On. Marco Perduca nella interrogazione parlamentare presentata lo scorso luglio,
"quale normativa europea o italiana autorizza il sottosegretario Carlo Giovanardi ad imporre esami alcolemici e tossicologici quale presupposto per il conseguimento della patente di guida, e cosa intenda fare il Governo per raggiungere la media europea per proporzione fra controlli stradali con etilometro ed altri esami tossicologici dei conducenti".
14 agosto 2008
in galera a ferragosto
Radicali Italiani ha promosso per domani, venerdì 15 agosto, in tutta Italia, una giornata di mobilitazione all'interno delle carceri italiane che vedrà coinvolti dirigenti, parlamentari e militanti radicali, insieme a deputati e consiglieri regionali del Pd e del Pdl .
A Firenze la senatrice Donatella Poretti, Radicali – Partito Democratico, accompagnata dalla segretaria dell'Associazione radicale antiproibizionisti, Claudia Sterzi, e dal segretario dell'Associazione per l'iniziativa radicale fiorentina Andrea Tamburi, Antonio Bacchi, visiteranno il carcere di Sollicciano.
All'uscita, prevista per le ore 12, saranno a disposizione della stampa per dare le informazioni sulle condizioni di detenzione dei carcerati.Tra le altre carceri che verranno visitate: Torino, Alessandria, Cuneo, Cremona, Bolzano, Bologna, Perugia, Roma, Viterbo, Lecce, Catania, Sassari, Napoli, Palermo, San Gimignano, Milano.
All'uscita, prevista per le ore 12, saranno a disposizione della stampa per dare le informazioni sulle condizioni di detenzione dei carcerati.Tra le altre carceri che verranno visitate: Torino, Alessandria, Cuneo, Cremona, Bolzano, Bologna, Perugia, Roma, Viterbo, Lecce, Catania, Sassari, Napoli, Palermo, San Gimignano, Milano.
nella foto il carcere di Sollicciano, Firenze.
14 luglio 2008
ASSEMBLEA
DELL’ASSOCIAZIONE
RADICALE
ANTIPROIBIZIONISTI
@.r.a. ( antiproibizionistiradicali@gmail.com )
Il 19 luglio 2008, a Roma, in Via di Torre Argentina 76, dalle 10 alle 17
è indetta l’Assemblea della Associazione radicale antiproibizionisti
Dopo una prima riunione di insediamento a Chianciano, il 4 maggio, a margine dell’Assemblea dei Mille, l’associazione si riunisce in Assemblea degli iscritti.DELL’ASSOCIAZIONE
RADICALE
ANTIPROIBIZIONISTI
@.r.a. ( antiproibizionistiradicali@gmail.com )
Il 19 luglio 2008, a Roma, in Via di Torre Argentina 76, dalle 10 alle 17
è indetta l’Assemblea della Associazione radicale antiproibizionisti
All’ ordine del giorno:
Presentazione e votazione dello Statuto
Relazioni introduttive sul presente stato della battaglia antiproibizionista radicale nelle sue varie articolazioni: referendum, proposte di legge, disobbedienze civili, associazioni; convergenze e divergenze con le altre forze politiche.
Dibattito generale
Presentazione e votazione di mozioni generali e particolari
Elezioni di Segretario e Tesoriere
L’Assemblea degli iscritti è aperta alla partecipazione e agli interventi di tutti
Vi aspettiamo
Claudia Sterzi, responsabile dell’Associazione radicale antiproibizionisti
Rita Bernardini, Deputata radicale
Donatella Poretti, Senatrice radicale
Giulia Simi, Vicesegretaria dell’Associazione Luca Coscioni
Jolanda Casigliani, segretaria dell’Associazione radicale Satyagraha
13 giugno 2008
il Presidente della Camera come un Ayatollah, giudice del bene e del male.
L’offensiva proibizionista messa in atto dal Governo prosegue in quello che sembra un inarrestabile cammino. A integrare le recenti dichiarazioni del Ministro degli Interni, del Sindaco di Milano e del Delegato alla droga, alla famiglia e al servizio civile è intervenuto, pochi giorni fa, il Presidente della Camera. On. Gianfanco Fini, con dichiarazioni di parte e di partito. Il Presidente della Camera promette una strenua difesa della legge che porta il suo nome, ne rivendica la validità e minaccia ulteriori inasprimenti col ricorso ai regolamenti di attuazione della normativa; inoltre, visto che "non basta soltanto intervenire con le leggi e con il contrasto", è necessaria una “politica di valori sani”, per "combattere cio' che si puo' definire l'anemia morale di chi trova nelle sostanze un motivo per superare la propria condizione di debolezza".
Quali sono esattamente i “valori sani” da contrapporre alla “anemia morale” secondo Gianfranco Fini? “Oggi il rischio della societa' contemporanea non e' in un eccesso di autoritarismo, ma in una deriva che lede la dignita' umana: il rischio e' la liberta' che diviene anarchia, ma non puo' esistere la liberta' di farsi del male" perche' nel relativismo del 'tutto e' lecito' "non si distingue piu' tra cio' che e' bene e cio' che e' male".
Anche volendo sorvolare sulla condizione di tabagista del Presidente della Camera, è forte il dubbio sul valore politico di queste affermazioni, più indicate per un capo religioso, visto che si millanta di saper distinguere a colpo sicuro il bene dal male e di conoscerne i confini.
Chiederei a Gianfranco Fini, preoccupato dall’ “anemia morale” e dalla mancanza di “sani valori”, oltre che di guardare alla trave nel suo occhio, di pervenire ad una visione più super partes, sia nel senso di ruolo istituzionale, sia in quello di visione politica della società; di rivolgere la sua attenzione, per esempio, ad argomenti correlati come le carceri, oppure i morti sul lavoro, il mercato del lavoro giovanile e la tutela dei minori, la diffusione delle droghe in Parlamento e il controllo dei finanziamenti alle Comunità cosiddette di recupero. Otterrebbe migliori risultati, oltre a farci migliore figura.
Quali sono esattamente i “valori sani” da contrapporre alla “anemia morale” secondo Gianfranco Fini? “Oggi il rischio della societa' contemporanea non e' in un eccesso di autoritarismo, ma in una deriva che lede la dignita' umana: il rischio e' la liberta' che diviene anarchia, ma non puo' esistere la liberta' di farsi del male" perche' nel relativismo del 'tutto e' lecito' "non si distingue piu' tra cio' che e' bene e cio' che e' male".
Anche volendo sorvolare sulla condizione di tabagista del Presidente della Camera, è forte il dubbio sul valore politico di queste affermazioni, più indicate per un capo religioso, visto che si millanta di saper distinguere a colpo sicuro il bene dal male e di conoscerne i confini.
Chiederei a Gianfranco Fini, preoccupato dall’ “anemia morale” e dalla mancanza di “sani valori”, oltre che di guardare alla trave nel suo occhio, di pervenire ad una visione più super partes, sia nel senso di ruolo istituzionale, sia in quello di visione politica della società; di rivolgere la sua attenzione, per esempio, ad argomenti correlati come le carceri, oppure i morti sul lavoro, il mercato del lavoro giovanile e la tutela dei minori, la diffusione delle droghe in Parlamento e il controllo dei finanziamenti alle Comunità cosiddette di recupero. Otterrebbe migliori risultati, oltre a farci migliore figura.
5 giugno 2008
2 giugno 2008
INFO ETILOMETRO "RIFIUTO SOTTOPORSI ETILOMETRO"
Rifiuto di sottoporsi all'etilometro . . . ancora. anche detto "multe etilometro"
L’art. 4 del decreto legge modifica per l’ennesima volta gli artt. 186 e 187 del Codice della Strada (D. Lgs. 285/92): è stata eliminata la possibilità per il guidatore ubriaco perso o strafatto di evitare il carcere semplicemente rifiutando di sottoporsi all’ accertamento delle sue condizioni da parte degli agenti della Polizia stradale; la pura e semplice sanzione amministrativa prevista in precedenza è stata ora trasformata in sanzione penale; il carcere era già previsto per chi si sottoponeva al test ed risultava con un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro (g/l) o risultava aver assunto sostanze stupefacenti.
Il decreto legge ha introdotto una grave disparità di trattamento fra alterazione psico-fisica da alcool e alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti: mentre rispetto alla prima sia le sanzioni penali che amministrative aumentano all’aumentare del tasso alcolemico, per quanto riguarda l’assunzione di sostanze stupefacenti è indifferente il tipo di sostanza utilizzato né la quantità e la pena prevista è quella massima comminata al guidatore ubriaco: arresto da tre mesi a un anno e ammenda da 1.500 a 6.000 euro.
Così facendo ha aperto la strada ad auspicabili ricorsi in via incidentale, attraverso i tribunali, alla Corte Costituzionale per palese violazione dell’art. 3 della Costituzione (trattamento sanzionatorio uguale di situazioni palesemente dissimili).
L’art. 4 del decreto legge modifica per l’ennesima volta gli artt. 186 e 187 del Codice della Strada (D. Lgs. 285/92): è stata eliminata la possibilità per il guidatore ubriaco perso o strafatto di evitare il carcere semplicemente rifiutando di sottoporsi all’ accertamento delle sue condizioni da parte degli agenti della Polizia stradale; la pura e semplice sanzione amministrativa prevista in precedenza è stata ora trasformata in sanzione penale; il carcere era già previsto per chi si sottoponeva al test ed risultava con un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro (g/l) o risultava aver assunto sostanze stupefacenti.
Il decreto legge ha introdotto una grave disparità di trattamento fra alterazione psico-fisica da alcool e alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti: mentre rispetto alla prima sia le sanzioni penali che amministrative aumentano all’aumentare del tasso alcolemico, per quanto riguarda l’assunzione di sostanze stupefacenti è indifferente il tipo di sostanza utilizzato né la quantità e la pena prevista è quella massima comminata al guidatore ubriaco: arresto da tre mesi a un anno e ammenda da 1.500 a 6.000 euro.
Così facendo ha aperto la strada ad auspicabili ricorsi in via incidentale, attraverso i tribunali, alla Corte Costituzionale per palese violazione dell’art. 3 della Costituzione (trattamento sanzionatorio uguale di situazioni palesemente dissimili).
21 maggio 2008
ROBA DA ROBA
Affronterò brevemente un aspetto specifico del tema del convegno. Per preparare questo intervento sono entrata nel sito del ministero della giustizia, dove un link dal titolo “Pianeta Carcere” mi ha condotto alle prime cifre che cercavo. Il 27,6 % dei detenuti sono tossicodipendenti, il 2,5% sono alcooldipendenti, il 4,5% sono in trattamento metadonico, per un totale di 16.789 (34,6% del totale) persone malate rinchiuse in istituti di pena, e veramente di pena si tratta, in questo caso, come se essere tossicodipendenti non fosse già una pena di per sé.
Se si rilegge l’articolo 27 della Costituzione: "…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…" si può già concludere che tenere un tossicodipendente in carcere, nelle carceri italiane, è già di per sé contrario a qualunque senso di umanità; il tossicodipendente è un malato e con umanità deve essere curato.
Magari riammodernando il termine di tossicodipendente, distinguendo tra uso e abuso, sforzandosi di uscire da un’ ottica proibitiva e punitiva, oltre la quale c’è solo la pena di morte, quell’ottica che portò nei secoli la società a dotarsi di prigioni sorvegliate e segregate; bisogna insistere sul rispetto della legge costituzionale, continuare in un processo culturale di innovazione e modernizzazione. La giustizia italiana è una giustizia perennemente in ritardo, in tutto, nei processi, nell’organizzazione, nelle notifiche, nell’aggiornamento anche tecnologico.
“Pianeta Carcere” Come andare su un altro pianeta. Il mondo carcerario è un mondo separato, che vive parallelo al mondo "normale", senza punti di contatto se non sporadici; un pianeta che ha, nell'Italia di Beccaria, nel 2008, funzioni e modalità prevalentemente punitive e deterrenti, e il più delle volte, diseducative; in molti casi, il carcere diventa un amplificatore di criminalità e violenza.
Dalla sezione “Pianeta Carcere” si entra nella sezione “Minori” ; qui si legge che nel 2007 sono transitati nei servizi della Giustizia minorile 997 soggetti assuntori di sostanze stupefacenti; di questi 997 minori, 775 sono assuntori di cannabinoidi. 775 minori entrati nel circuito carcerario e stigmatizzati come tossicodipendenti, se ho ben capito. E se non ho capito, vorrei però conoscere la differenza esatta che la legge fa tra tossicodipendenti e assuntori di sostanze stupefacenti.
La legge vigente, cosiddetta Fini Giovanardi, non essendo esattamente una legge, ma una serie di modifiche alla precedente, non è facilmente ricomponibile con i documenti presenti nei siti istituzionali. I dati statistici sul sito del Ministero non entrano nello specifico, restando lontani dallo standard europeo; nell’insieme le informazioni sono imperfette e incomplete; non sembrano riflettere un reale interesse, né una organizzazione razionale, alla comprensione del fenomeno; riflettono invece una vecchia visione e una vecchia burocrazia, una cristallizzazione procedurale che deve essere sciolta e resa più moderna e più efficiente.
Si parla comunque di cifre rilevanti e non marginali, così come quelle, che ho trovato su un opuscolo della Polizia di Stato, delle quantità di sostanze sequestrate, per esempio più di 40.000 dosi di anfetamine, nel 2007, e il numero di persone segnalate all’autorità giudiziaria, sempre nel 2007, 5535.
Per saperne qualcosa di più bisogna cercare in altri luoghi: nel sito dell’ Osservatorio sulle droghe per l’anno 2006, troviamo una stima in termini economici, che calcola il costo della permanenza in carcere, escludendo il costo di terapie specifiche o da patologie correlate. La strategia proibizionista sul fenomeno dell’uso e abuso di sostanze psicotrope costa allo Stato, quindi a noi cittadini, circa un miliardo di euro l’anno.
Secondo la relazione annuale 2006 sulle droghe del Governo, riportato sempre dall’Oservatorio sulle droghe, 1,8 miliardi di Euro sarebbero le spese per l’apparato giudiziario e di polizia impegnato nell’azione di contrasto. E siamo a 2,8 miliardi di euro.
2,8 miliardi di euro spesi per combattere in termini proibizionisti e punitivi un fenomeno sociale; gioverà ricordare che il termine proibizionismo fu coniato in relazione a un particolare periodo della storia statunitense in cui era legalmente proibito produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche. La strategia proibizionista durò dal 1919 al 1933 e fu totalmente fallimentare, oltre ad alimentare la malavita organizzata che visse in quei 14 anni un periodo di espansione e splendore.
Spesso gli effetti secondari, che in sociologia vengono definiti effetti perversi, delle decisioni legislative vengono trascurati; nel caso del proibizionismo come mezzo di controllo per i fenomeni sociali, questa trascuratezza è evidente. Gli effetti perversi, in termini di costi sia sociali che economici, superano di gran lunga i benefici
Allarmismi, demagogia, ignoranza, disinformazione; questa la miscela degli atteggiamenti politici, tranne eccezioni, riguardo all’argomento droghe, che pure riguarda una alta percentuale dell’attività giudiziaria e dei ritardi che si trova ad affrontare. E che riguarda migliaia di famiglie e in modo più pesante quelle famiglie che non hanno mezzi per grandi avvocati e cliniche private. Si parla infatti molto della situazione dei rom, degli extracomunitari, ma la situazione dei poveri, in Italia, è sconvolgente; la situazione dei non abbienti è sconvolgente, siano essi rom, extracomunitari o italiani, e spesso in contrasto con il rispetto dei diritti umani.
Nel frattempo, la delega su droga, famiglia e servizio civile a Carlo Giovanardi non lascia sperare niente di meglio. Il discorso sarebbe assai lungo, molto ci sarebbe da dire su Giovanardi, sui concetti di droga e farmaco, sulle strategie proibizioniste che non vengono solo applicate al campo “droghe”, ma a molti altri.
Ma tornando all’ argomento di questo convegno, le politiche proibizioniste fanno parte del problema “Carcere e emergenza giustizia” e non sono certo parte della soluzione.
Il proibizionismo nasce dall'ignoranza o dalla malafede, e genera ignoranza e malavita. Produce clandestinità, impedisce la raccolta di dati certi, limita le possibilità di effettivo controllo.
Concludendo, ho trovato anche, sul Notiziario Droghe dell’Aduc, una buona notizia: il 30 maggio 2008 a Bolzano si terrà il convegno su "Farmaci cannabinoidi e sclerosi multipla", sponsorizzato dall'Azienda Sanitaria dell'Alto Adige e organizzato dal neurologo Francesco Teatini, medico italiano che utilizza il farmaco cannabinoide Sativex, in collaborazione con due associazioni, l’Associazione Cannabis terapeutica e l’Associazione Sclerosi multipla Alto Adige. Si parla della stessa pianta per la quale la Corte di Cassazione, il 24 aprile scorso, ha ribadito la proibizione assoluta di coltivazione. E’ una dimostrazione di come la scienza vada avanti, di come il progresso umano, la collaborazione, la comunicazione continuino. Agli operatori della politica e della giustizia il compito di far sì che anche il mondo giudiziario e con questo l’istituto carcerario possano rinnovarsi e riposizionarsi abbandonando un vecchio orientamento che è una zavorra ai piedi dell’italia. Grazie
Claudia Sterzi – responsabile dell’Associazione Radicale Antiproibizionisti – antiproibizionistiradicali@gmail.com
Se si rilegge l’articolo 27 della Costituzione: "…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…" si può già concludere che tenere un tossicodipendente in carcere, nelle carceri italiane, è già di per sé contrario a qualunque senso di umanità; il tossicodipendente è un malato e con umanità deve essere curato.
Magari riammodernando il termine di tossicodipendente, distinguendo tra uso e abuso, sforzandosi di uscire da un’ ottica proibitiva e punitiva, oltre la quale c’è solo la pena di morte, quell’ottica che portò nei secoli la società a dotarsi di prigioni sorvegliate e segregate; bisogna insistere sul rispetto della legge costituzionale, continuare in un processo culturale di innovazione e modernizzazione. La giustizia italiana è una giustizia perennemente in ritardo, in tutto, nei processi, nell’organizzazione, nelle notifiche, nell’aggiornamento anche tecnologico.
“Pianeta Carcere” Come andare su un altro pianeta. Il mondo carcerario è un mondo separato, che vive parallelo al mondo "normale", senza punti di contatto se non sporadici; un pianeta che ha, nell'Italia di Beccaria, nel 2008, funzioni e modalità prevalentemente punitive e deterrenti, e il più delle volte, diseducative; in molti casi, il carcere diventa un amplificatore di criminalità e violenza.
Dalla sezione “Pianeta Carcere” si entra nella sezione “Minori” ; qui si legge che nel 2007 sono transitati nei servizi della Giustizia minorile 997 soggetti assuntori di sostanze stupefacenti; di questi 997 minori, 775 sono assuntori di cannabinoidi. 775 minori entrati nel circuito carcerario e stigmatizzati come tossicodipendenti, se ho ben capito. E se non ho capito, vorrei però conoscere la differenza esatta che la legge fa tra tossicodipendenti e assuntori di sostanze stupefacenti.
La legge vigente, cosiddetta Fini Giovanardi, non essendo esattamente una legge, ma una serie di modifiche alla precedente, non è facilmente ricomponibile con i documenti presenti nei siti istituzionali. I dati statistici sul sito del Ministero non entrano nello specifico, restando lontani dallo standard europeo; nell’insieme le informazioni sono imperfette e incomplete; non sembrano riflettere un reale interesse, né una organizzazione razionale, alla comprensione del fenomeno; riflettono invece una vecchia visione e una vecchia burocrazia, una cristallizzazione procedurale che deve essere sciolta e resa più moderna e più efficiente.
Si parla comunque di cifre rilevanti e non marginali, così come quelle, che ho trovato su un opuscolo della Polizia di Stato, delle quantità di sostanze sequestrate, per esempio più di 40.000 dosi di anfetamine, nel 2007, e il numero di persone segnalate all’autorità giudiziaria, sempre nel 2007, 5535.
Per saperne qualcosa di più bisogna cercare in altri luoghi: nel sito dell’ Osservatorio sulle droghe per l’anno 2006, troviamo una stima in termini economici, che calcola il costo della permanenza in carcere, escludendo il costo di terapie specifiche o da patologie correlate. La strategia proibizionista sul fenomeno dell’uso e abuso di sostanze psicotrope costa allo Stato, quindi a noi cittadini, circa un miliardo di euro l’anno.
Secondo la relazione annuale 2006 sulle droghe del Governo, riportato sempre dall’Oservatorio sulle droghe, 1,8 miliardi di Euro sarebbero le spese per l’apparato giudiziario e di polizia impegnato nell’azione di contrasto. E siamo a 2,8 miliardi di euro.
2,8 miliardi di euro spesi per combattere in termini proibizionisti e punitivi un fenomeno sociale; gioverà ricordare che il termine proibizionismo fu coniato in relazione a un particolare periodo della storia statunitense in cui era legalmente proibito produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche. La strategia proibizionista durò dal 1919 al 1933 e fu totalmente fallimentare, oltre ad alimentare la malavita organizzata che visse in quei 14 anni un periodo di espansione e splendore.
Spesso gli effetti secondari, che in sociologia vengono definiti effetti perversi, delle decisioni legislative vengono trascurati; nel caso del proibizionismo come mezzo di controllo per i fenomeni sociali, questa trascuratezza è evidente. Gli effetti perversi, in termini di costi sia sociali che economici, superano di gran lunga i benefici
Allarmismi, demagogia, ignoranza, disinformazione; questa la miscela degli atteggiamenti politici, tranne eccezioni, riguardo all’argomento droghe, che pure riguarda una alta percentuale dell’attività giudiziaria e dei ritardi che si trova ad affrontare. E che riguarda migliaia di famiglie e in modo più pesante quelle famiglie che non hanno mezzi per grandi avvocati e cliniche private. Si parla infatti molto della situazione dei rom, degli extracomunitari, ma la situazione dei poveri, in Italia, è sconvolgente; la situazione dei non abbienti è sconvolgente, siano essi rom, extracomunitari o italiani, e spesso in contrasto con il rispetto dei diritti umani.
Nel frattempo, la delega su droga, famiglia e servizio civile a Carlo Giovanardi non lascia sperare niente di meglio. Il discorso sarebbe assai lungo, molto ci sarebbe da dire su Giovanardi, sui concetti di droga e farmaco, sulle strategie proibizioniste che non vengono solo applicate al campo “droghe”, ma a molti altri.
Ma tornando all’ argomento di questo convegno, le politiche proibizioniste fanno parte del problema “Carcere e emergenza giustizia” e non sono certo parte della soluzione.
Il proibizionismo nasce dall'ignoranza o dalla malafede, e genera ignoranza e malavita. Produce clandestinità, impedisce la raccolta di dati certi, limita le possibilità di effettivo controllo.
Concludendo, ho trovato anche, sul Notiziario Droghe dell’Aduc, una buona notizia: il 30 maggio 2008 a Bolzano si terrà il convegno su "Farmaci cannabinoidi e sclerosi multipla", sponsorizzato dall'Azienda Sanitaria dell'Alto Adige e organizzato dal neurologo Francesco Teatini, medico italiano che utilizza il farmaco cannabinoide Sativex, in collaborazione con due associazioni, l’Associazione Cannabis terapeutica e l’Associazione Sclerosi multipla Alto Adige. Si parla della stessa pianta per la quale la Corte di Cassazione, il 24 aprile scorso, ha ribadito la proibizione assoluta di coltivazione. E’ una dimostrazione di come la scienza vada avanti, di come il progresso umano, la collaborazione, la comunicazione continuino. Agli operatori della politica e della giustizia il compito di far sì che anche il mondo giudiziario e con questo l’istituto carcerario possano rinnovarsi e riposizionarsi abbandonando un vecchio orientamento che è una zavorra ai piedi dell’italia. Grazie
Claudia Sterzi – responsabile dell’Associazione Radicale Antiproibizionisti – antiproibizionistiradicali@gmail.com
7 maggio 2008
addio chianciano bella
Roma, 7 maggio 2008
• Dichiarazione di Claudia Sterzi, segretaria dell’Associazione radicale Antiproibizionisti e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
• Dichiarazione di Claudia Sterzi, segretaria dell’Associazione radicale Antiproibizionisti e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
Scrive ieri sull’Unità Luigi Manconi, commentando la costituzione di una associazione radicale di antiproibizionisti a Chianciano: “Giova ricordare che l’antiproibizionismo italiano non è mai stato quello “liberista” di Milton Friedman bensì un movimento dotato di una forte base sociale e, direi etica.”
Ringrazio molto per l’annuncio, ma aggiungo che altrettanto gioverà riconoscere che gli evidenti danni prodotti dal proibizionismo, danni sociali e danni economici, dimostrano come strategie fallimentari sul livello economico difficilmente possono avere effetti positivi sull’umanità; lo sviluppo economico non è obbligatoriamente in concorrenza con lo sviluppo sociale ed umano.
In Italia, mentre ancora oggi è stato arrestato e rinchiuso in carcere un coltivatore di dieci piante di canapa, l'antiproibizionismo produrrebbe una diminuzione sia dell’ enorme giro di denaro, illecito e fuori controllo, che il proibizionismo sulle sostanze stupefacenti e sulla prostituzione muove, sia dei malefici effetti sociali che la clandestinità e la illegalità del fenomeno provocano.
Ringrazio molto per l’annuncio, ma aggiungo che altrettanto gioverà riconoscere che gli evidenti danni prodotti dal proibizionismo, danni sociali e danni economici, dimostrano come strategie fallimentari sul livello economico difficilmente possono avere effetti positivi sull’umanità; lo sviluppo economico non è obbligatoriamente in concorrenza con lo sviluppo sociale ed umano.
In Italia, mentre ancora oggi è stato arrestato e rinchiuso in carcere un coltivatore di dieci piante di canapa, l'antiproibizionismo produrrebbe una diminuzione sia dell’ enorme giro di denaro, illecito e fuori controllo, che il proibizionismo sulle sostanze stupefacenti e sulla prostituzione muove, sia dei malefici effetti sociali che la clandestinità e la illegalità del fenomeno provocano.
25 aprile 2008
Reato di agricoltura?
Corte di Cassazione: è reato la coltivazione domestica di cannabis
Roma, 24 aprile 2008
La Cassazione "ha mantenuto una giurisprudenza molto negativa". Così Rita Bernardini, leader di Radicali italiani e neo eletta alla Camera nella fila del Pd, commenta la pronuncia della Suprema Corte secondo cui la coltivazione domestica di piante di cannabis è sempre reato.
"La nostra risposta di Radicali, non da soli speriamo - aggiunge Bernardini - la daremo nei prossimi giorni a Chianciano con l'Assemblea dei Mille lanciando l'iniziativa di una forte associazione antiproibizionista che continui a praticare l'informazione e la ricerca, in particolare sulla cannabis". "In quella sede - conclude la segretaria dei Radicali - rilanceremo la pratica della nonviolenza e della disobbedienza civile contro i crimini della politica e degli spacciatori".
Droga, Perduca: Cassazione in linea con la Fini-Giovanardi e prossimo governo
Roma, 24 aprile 2008
Dichiarazione di Marco Perduca, Segretario della Lega Internazionale Antiproibizionista e eletto radicale al Senato col Partito Democrato
La sentenza della Cassazione conferma l'impianto ultra-proibizionista della legge "Fini-Giovanardi" che arriva a penalizzare anche comportamenti che non ledono libertà o prerogative di altri che non siano la morale da stato etico tradotta in legge dal Governo Berlusconi nel febbraio 2006. Con queste premesse è chiaro che nella XVI legislatura il Popolo della Libertà non potrà che aggravare ulteriormente i fallimenti del "controllo delle droghe" con politiche sempre più repressive anche in onore delle necessità di promozione di leggi emergenziali per garantire la sicurezza in Italia. Questa reazione va contrastata con la nonviolenza gandhiana, ma anche col ricorso alle esperienze positive di altri paesi e sulla totale mancanza di argomenti scientifici dei dogmi proibizionisti. Nei prossimi mesi pubblicheremo alcuni studi e analisi sui dati dei fallimenti degli ultimi decenni relativamente al "controllo delle droghe".
Cannabis, Associazione Luca Coscioni: la Cassazione consegna i malati nelle mani della criminalità organizzata
24 aprile 2008
Dichiarazione di Alessandro Capriccioli e Josè De Falco, membri di Giunta dell'Associazione Luca Coscioni
La Sentenza di oggi, con cui la Cassazione ha fatto prevalere una interpretazione
restrittiva della legge sulla autoproduzione della cannabis, non è soltanto laconferma del clima proibizionista che regna nel nostro paese, ma arreca anche un grave danno a tutti i malati che potrebbero beneficiare degli effetti terapeutici della cannabis naturale, e saranno costretti a rinunciarvi, o alternativamente a rivolgersi alla criminalità organizzata.Si tratta dell'ennesima conferma del fatto che il proibizionismo, specie quando applicato al campo della salute, non ha altro effetto che quello di alimentare l'illegalità, limitando nel contempo le possibilità di cura di migliaia di persone che soffrono di gravi patologie.Su Soccorso Civile, il portale dei diritti dell'Associazione Luca Coscioni
(www.soccorsocivile.it), sono disponibili tutte le informazioni sugli effetti
terapeutici della cannabis, e le esperienze concrete di chi, dovendosi misurare congravi patologie,continua ad essere penalizzato da leggi proibizioniste che ne
limitano la libertà di scelta e di cura.
24 / 04 / 2008 BELLA MANIFESTAZIONE, BRUTTA SENTENZA
I supremi Giudici, a corti riunite, hanno rigettato le sentenze precedenti
e hanno stabilito, in piena sintonia con la linea politica espressa
dagli ultimi risultati elettorali, che il proibizionismo in Italia non ha fatto
abbastanza danni. E' secondo loro opportuno persistere e perdurare
in un'ottica punitiva e coercitiva che entri nel privato degli individui
censurando un fatto totalmente privato e privo di ogni conseguenza
sugli interessi dei terzi, quale la coltivazione domestica di una pianta,
la canapa, che vedeva l'Italia, agli inizi del Novecento,
seconda nazione nel mondo, dopo la Russia, per la produzione.
Di canapismo non è mai morto nessuno, anzi la canapa, in ogni sua varietà,
ha dimostrato proprietà terapeutiche avanzate, oltre a una gamma di usi
varia ed inconsueta.
Non è più tollerabile una simile follia legislativa; gli effetti che essa produce
sono controproducenti e dannosi; se si può discutere sulle modalità di legalizzazione delle droghe, non è possibile permettere la demonizzazione di un atto innocuo e personale come la coltivazione di una qualsiasi pianta sul proprio balcone o giardino.
La coltivazione domestica libera potrebbe costituire una prima conversione
da un sistema proibizionista ad uno liberale, a rischio minimo e nel rispetto dei
diritti personali.
Rinnovo l'invito a Chianciano il 2,3 e 4 maggio per l'Assemblea dei Mille e
per la costituzione dell' Associazione radicale antiproibizionista
Claudia Sterzi
Roma, 24 aprile 2008
La Cassazione "ha mantenuto una giurisprudenza molto negativa". Così Rita Bernardini, leader di Radicali italiani e neo eletta alla Camera nella fila del Pd, commenta la pronuncia della Suprema Corte secondo cui la coltivazione domestica di piante di cannabis è sempre reato.
"La nostra risposta di Radicali, non da soli speriamo - aggiunge Bernardini - la daremo nei prossimi giorni a Chianciano con l'Assemblea dei Mille lanciando l'iniziativa di una forte associazione antiproibizionista che continui a praticare l'informazione e la ricerca, in particolare sulla cannabis". "In quella sede - conclude la segretaria dei Radicali - rilanceremo la pratica della nonviolenza e della disobbedienza civile contro i crimini della politica e degli spacciatori".
Droga, Perduca: Cassazione in linea con la Fini-Giovanardi e prossimo governo
Roma, 24 aprile 2008
Dichiarazione di Marco Perduca, Segretario della Lega Internazionale Antiproibizionista e eletto radicale al Senato col Partito Democrato
La sentenza della Cassazione conferma l'impianto ultra-proibizionista della legge "Fini-Giovanardi" che arriva a penalizzare anche comportamenti che non ledono libertà o prerogative di altri che non siano la morale da stato etico tradotta in legge dal Governo Berlusconi nel febbraio 2006. Con queste premesse è chiaro che nella XVI legislatura il Popolo della Libertà non potrà che aggravare ulteriormente i fallimenti del "controllo delle droghe" con politiche sempre più repressive anche in onore delle necessità di promozione di leggi emergenziali per garantire la sicurezza in Italia. Questa reazione va contrastata con la nonviolenza gandhiana, ma anche col ricorso alle esperienze positive di altri paesi e sulla totale mancanza di argomenti scientifici dei dogmi proibizionisti. Nei prossimi mesi pubblicheremo alcuni studi e analisi sui dati dei fallimenti degli ultimi decenni relativamente al "controllo delle droghe".
Cannabis, Associazione Luca Coscioni: la Cassazione consegna i malati nelle mani della criminalità organizzata
24 aprile 2008
Dichiarazione di Alessandro Capriccioli e Josè De Falco, membri di Giunta dell'Associazione Luca Coscioni
La Sentenza di oggi, con cui la Cassazione ha fatto prevalere una interpretazione
restrittiva della legge sulla autoproduzione della cannabis, non è soltanto laconferma del clima proibizionista che regna nel nostro paese, ma arreca anche un grave danno a tutti i malati che potrebbero beneficiare degli effetti terapeutici della cannabis naturale, e saranno costretti a rinunciarvi, o alternativamente a rivolgersi alla criminalità organizzata.Si tratta dell'ennesima conferma del fatto che il proibizionismo, specie quando applicato al campo della salute, non ha altro effetto che quello di alimentare l'illegalità, limitando nel contempo le possibilità di cura di migliaia di persone che soffrono di gravi patologie.Su Soccorso Civile, il portale dei diritti dell'Associazione Luca Coscioni
(www.soccorsocivile.it), sono disponibili tutte le informazioni sugli effetti
terapeutici della cannabis, e le esperienze concrete di chi, dovendosi misurare congravi patologie,continua ad essere penalizzato da leggi proibizioniste che ne
limitano la libertà di scelta e di cura.
24 / 04 / 2008 BELLA MANIFESTAZIONE, BRUTTA SENTENZA
I supremi Giudici, a corti riunite, hanno rigettato le sentenze precedenti
e hanno stabilito, in piena sintonia con la linea politica espressa
dagli ultimi risultati elettorali, che il proibizionismo in Italia non ha fatto
abbastanza danni. E' secondo loro opportuno persistere e perdurare
in un'ottica punitiva e coercitiva che entri nel privato degli individui
censurando un fatto totalmente privato e privo di ogni conseguenza
sugli interessi dei terzi, quale la coltivazione domestica di una pianta,
la canapa, che vedeva l'Italia, agli inizi del Novecento,
seconda nazione nel mondo, dopo la Russia, per la produzione.
Di canapismo non è mai morto nessuno, anzi la canapa, in ogni sua varietà,
ha dimostrato proprietà terapeutiche avanzate, oltre a una gamma di usi
varia ed inconsueta.
Non è più tollerabile una simile follia legislativa; gli effetti che essa produce
sono controproducenti e dannosi; se si può discutere sulle modalità di legalizzazione delle droghe, non è possibile permettere la demonizzazione di un atto innocuo e personale come la coltivazione di una qualsiasi pianta sul proprio balcone o giardino.
La coltivazione domestica libera potrebbe costituire una prima conversione
da un sistema proibizionista ad uno liberale, a rischio minimo e nel rispetto dei
diritti personali.
Rinnovo l'invito a Chianciano il 2,3 e 4 maggio per l'Assemblea dei Mille e
per la costituzione dell' Associazione radicale antiproibizionista
Claudia Sterzi
23 aprile 2008
INTERVENTO NON LETTO IN DIREZIONE DEL 19 APRILE 2008
I nostri nove candidati radicali, che dovevano essere certi ed invece sono stati fino all’ultimo incerti, sono tutti risultati eletti grazie soltanto all’imprevisto costituito dalla repentina scomparsa dei socialisti di Boselli, verdi di Pecoraro e comunisti di Bertinotti; inoltre gli accordi con il PD prevedevano anche, se non ho capito male, una parte economica sulla quale attendo notizie e una parte che riguardava il 10% degli spazi televisivi, che non ho visto rispettata. Questo per dire che tutta l’azione portata avanti per il rispetto della parola data aveva tutte le ragioni di essere e le ha ancora.
Se poi si considera che la battaglia per il rispetto della parola e del diritto internazionale si è inserita nel satyagraha mondiale 2008 per il rispetto dei diritti del popolo cinese e di quello tibetano, per la pace, la legalità e per la democrazia, oltre che per l’ingresso di Israele e Turchia nell’Unione Europea, vediamo come non siamo altro che all’inizio della strada, e che il percorso che resta da compiere è ancora molto lungo.
I risultati del voto sono quelli che sono: Berlusconi ha vinto grazie al 10% della Lega, che per me non risulta affatto misterioso anzi piuttosto scontato e annunciato. Infatti basta vivere in mezzo al popolo quotidiano, al popolo cosiddetto spicciolo, per conoscere il livello di insofferenza che è stato generato in Italia rispetto alle problematiche che l’immigrazione pone. Non è, come è stato affermato ieri, un problema di non volere gli extracomunitari al nostro fianco, nei ristoranti, nei cinema o in qualunque altro luogo; il popolo italiano è invece assai generoso e poco razzista. Il problema è la solitudine totale nella quale la gente comune si trova ad affrontare tutte le conseguenze che la convivenza comporta. Fin troppo facile, per una forza politica, cavalcare lo scontento, la paura, il senso di ingiustizia che politiche irresponsabili e superficiali hanno creato e sostenuto.
Non votano solo gli imprenditori, gli uomini politici, i laureati; votano tutti, votano milioni di persone che malgoverno e colpevole carenza democratica hanno tenuto e tengono nell’ignoranza politica più completa. Esiste una Italia che gran parte della classe dirigente e politica non conosce e non considera; un’ italia di giovani e meno giovani che si alzano quando va bene alle sette di mattina e lavorano le loro otto e spesso nove ore al giorno rincorrendo la rata del mutuo, la bolletta in scadenza, in lotta ogni giorno per qualche decina di euro. Quando sento parlare dei “nostri giovani”, dei “nostri figli”, che sono bamboccioni, che non si adattano ad accettare i lavori che vengono loro proposti, che stanno in casa fino a trenta anni e oltre mantenuti dai genitori, mi chiedo se chi ne parla sa che sta in realtà parlando dei suoi figli, dei figli di una classe privilegiata. I miei figli, e con loro milioni di giovani, lavorano da quando hanno sedici anni, si adattano a tutto, sono autonomi nonostante le emormi difficoltà che incontrano, se stanno in casa con i genitori contribuiscono in modo tangibile alle spese, e lavorano tutti i giorni e tutto il giorno spesso per trovarsi gli ultimi giorni del mese a non avere i soldi per mettere la benzina per andare a lavorare.
Guardano alla politica come ad un oggetto misterioso che macina milioni di euro senza produrre un granchè. Se non si riesce a raggiungerli e a comunicarci non ci sarà da stupirsi dell’aumento dell’astensionismo da una parte e della deriva destrorsa e leghista dell’elettorato dall’altra.
Già molti decenni fa nei suoi studi Reich e non solo lui individuava nel connubio tra sofferenza economica e integralismo fanatico sui temi oggi chiamati eticamente sensibili una spinta determinante nell’affermarsi di regimi autoritari e di ideologie sfasciste; questo si collega al discorso sulle politiche neonataliste e sulla cosiddetta bomba demografica.
Ma guardiamo al futuro, e alle prossime scadenze: i nostri nove deputati sono una risorsa e una occasione; sono una percentuale piccola o piccolissima nel Parlamento italiano, ma sono anche quella famosa e famigerata pattuglia di radicali testardi che può fare molto all’interno delle istituzioni e del Pd; abbiamo qualche anno di lavoro davanti, insieme a loro, perché sta anche a noi compagni che in parlamento non siamo incoraggiarli e chieder loro conto puntualmente del lavoro svolto. In questo senso saranno importanti le linee di azione politica che usciranno da Chianciano rispetto ai temi ambientali ed economici; possiamo considerare la nostra presenza, unita alla scomparsa, per ora, di quella sinistra che voleva rubarci anche il nome, come una occasione di forte rilancio delle posizioni radicali, là dove esistono..
Per me, in particolare, l’effettivo ingresso in Parlamento di Rita Bernardini, con il suo record di disobbedienze civili, rappresenta un raggiungimento e, insieme a Donatella Poretti e a Marco Perduca una garanzia per la lotta antiproibizionista radicale.
A questo proposito concludo ricordando a tutti che il 24 aprile, giovedì, è convocata una manifestazione qui a Roma alla Corte di Cassazione dove si decide su due sentenze assolutamente contradditorie in tema di coltivazione domestica di marjuana.
La dichiarazione di Rita Bernardini, nell’ultimo comunicato, là dove dice: “. . . in attesa di una profonda riforma della legge sugli stupefacenti, così come modificata dal duo Fini-Giovanardi, e di un'iniziativa per la quale ci faremo virus nel PD . . . “ mi conforta, perché so che questa è una promessa che sarà mantenuta.
Vorrei quindi che tutti gli organi dirigenti radicali partecipassero a questa manifestazione così come auspico e promuovo l’apertura di uno spazio sui temi antiproibizionisti a Chianciano, nel corso dell’Assemblea dei mille.
Claudia Sterzi
Se poi si considera che la battaglia per il rispetto della parola e del diritto internazionale si è inserita nel satyagraha mondiale 2008 per il rispetto dei diritti del popolo cinese e di quello tibetano, per la pace, la legalità e per la democrazia, oltre che per l’ingresso di Israele e Turchia nell’Unione Europea, vediamo come non siamo altro che all’inizio della strada, e che il percorso che resta da compiere è ancora molto lungo.
I risultati del voto sono quelli che sono: Berlusconi ha vinto grazie al 10% della Lega, che per me non risulta affatto misterioso anzi piuttosto scontato e annunciato. Infatti basta vivere in mezzo al popolo quotidiano, al popolo cosiddetto spicciolo, per conoscere il livello di insofferenza che è stato generato in Italia rispetto alle problematiche che l’immigrazione pone. Non è, come è stato affermato ieri, un problema di non volere gli extracomunitari al nostro fianco, nei ristoranti, nei cinema o in qualunque altro luogo; il popolo italiano è invece assai generoso e poco razzista. Il problema è la solitudine totale nella quale la gente comune si trova ad affrontare tutte le conseguenze che la convivenza comporta. Fin troppo facile, per una forza politica, cavalcare lo scontento, la paura, il senso di ingiustizia che politiche irresponsabili e superficiali hanno creato e sostenuto.
Non votano solo gli imprenditori, gli uomini politici, i laureati; votano tutti, votano milioni di persone che malgoverno e colpevole carenza democratica hanno tenuto e tengono nell’ignoranza politica più completa. Esiste una Italia che gran parte della classe dirigente e politica non conosce e non considera; un’ italia di giovani e meno giovani che si alzano quando va bene alle sette di mattina e lavorano le loro otto e spesso nove ore al giorno rincorrendo la rata del mutuo, la bolletta in scadenza, in lotta ogni giorno per qualche decina di euro. Quando sento parlare dei “nostri giovani”, dei “nostri figli”, che sono bamboccioni, che non si adattano ad accettare i lavori che vengono loro proposti, che stanno in casa fino a trenta anni e oltre mantenuti dai genitori, mi chiedo se chi ne parla sa che sta in realtà parlando dei suoi figli, dei figli di una classe privilegiata. I miei figli, e con loro milioni di giovani, lavorano da quando hanno sedici anni, si adattano a tutto, sono autonomi nonostante le emormi difficoltà che incontrano, se stanno in casa con i genitori contribuiscono in modo tangibile alle spese, e lavorano tutti i giorni e tutto il giorno spesso per trovarsi gli ultimi giorni del mese a non avere i soldi per mettere la benzina per andare a lavorare.
Guardano alla politica come ad un oggetto misterioso che macina milioni di euro senza produrre un granchè. Se non si riesce a raggiungerli e a comunicarci non ci sarà da stupirsi dell’aumento dell’astensionismo da una parte e della deriva destrorsa e leghista dell’elettorato dall’altra.
Già molti decenni fa nei suoi studi Reich e non solo lui individuava nel connubio tra sofferenza economica e integralismo fanatico sui temi oggi chiamati eticamente sensibili una spinta determinante nell’affermarsi di regimi autoritari e di ideologie sfasciste; questo si collega al discorso sulle politiche neonataliste e sulla cosiddetta bomba demografica.
Ma guardiamo al futuro, e alle prossime scadenze: i nostri nove deputati sono una risorsa e una occasione; sono una percentuale piccola o piccolissima nel Parlamento italiano, ma sono anche quella famosa e famigerata pattuglia di radicali testardi che può fare molto all’interno delle istituzioni e del Pd; abbiamo qualche anno di lavoro davanti, insieme a loro, perché sta anche a noi compagni che in parlamento non siamo incoraggiarli e chieder loro conto puntualmente del lavoro svolto. In questo senso saranno importanti le linee di azione politica che usciranno da Chianciano rispetto ai temi ambientali ed economici; possiamo considerare la nostra presenza, unita alla scomparsa, per ora, di quella sinistra che voleva rubarci anche il nome, come una occasione di forte rilancio delle posizioni radicali, là dove esistono..
Per me, in particolare, l’effettivo ingresso in Parlamento di Rita Bernardini, con il suo record di disobbedienze civili, rappresenta un raggiungimento e, insieme a Donatella Poretti e a Marco Perduca una garanzia per la lotta antiproibizionista radicale.
A questo proposito concludo ricordando a tutti che il 24 aprile, giovedì, è convocata una manifestazione qui a Roma alla Corte di Cassazione dove si decide su due sentenze assolutamente contradditorie in tema di coltivazione domestica di marjuana.
La dichiarazione di Rita Bernardini, nell’ultimo comunicato, là dove dice: “. . . in attesa di una profonda riforma della legge sugli stupefacenti, così come modificata dal duo Fini-Giovanardi, e di un'iniziativa per la quale ci faremo virus nel PD . . . “ mi conforta, perché so che questa è una promessa che sarà mantenuta.
Vorrei quindi che tutti gli organi dirigenti radicali partecipassero a questa manifestazione così come auspico e promuovo l’apertura di uno spazio sui temi antiproibizionisti a Chianciano, nel corso dell’Assemblea dei mille.
Claudia Sterzi