5 maggio 2007

PREGHIERA DEL 12 E 13 MAGGIO





Quando la Democrazia Cristiana, la grande balena bianca, si oppose alla legge che legalizzava il divorzio e sfidò il destino affidando la decisione al popolo sovrano e alla scheda referendaria, io c’ero; me ne ricordo benissimo, era l’anno nel quale avrei compiuto diciotto anni e sarei diventata maggiorenne, con tre anni di sconto sul previsto. Grazie a Pannella; già allora.
Le gerarchie conservatrici democristiane ( che se uno non le ha viste non se le può immaginare, che facce, che ghigne, che senso di oppressione occulta ) contavano sul voto delle donne cattoliche italiane, delle mogli e madri cresciute nel ventennio a catechismo e fascio, preti e padri padroni. Per quello avevano consentito al suffragio universale.Ma, come già era successo nel precedente referendum del 1946, facevano i conti senza l’oste.
Il giorno nel quale Giorgiana Masi fu uccisa mentre se ne tornava a casa sua ugualmente c’ero; non a Roma, ma attaccata a Radio Radicale. Come poter parlare di quegli anni? Sono così diversi da sembrare alieni, tali che pare di averli sognati.
Ma non potrò tacere del comportamento del Vaticano; non sarebbe giusto.
Perché c’ero quando gli affari di Marcinkus si intrecciavano strettamente con la vita politica e legislativa italiana; quando la predica di un parroco di paese poteva rovinare per sempre una vita e i preti nei confessionali ti raccontavano che dovevi restare pura come Maria madre di Cristo.
Per questo e altro non posso credere nella buona fede dell’indignazione vaticana di questi tristi giorni nei quali siamo diventati tutti terroristi. Terrorista chi divorzia, chi abortisce; terrorista chi si esprime. Certo chi manda un proiettile è un terrorista nel senso proprio, cioè vuol mettere terrore, e in questo caso ci riesce. Ma ognuno può dire e scrivere ciò che vuole, nei limiti delle leggi costituite. E io non scrivo su un muro di una chiesa ma posso qui scrivere che tutti questi alti prelati dovrebbero vergognarsi, vergognarsi tanto, dell’atmosfera che hanno creato, delle chiusure che hanno operato, delle provocazioni bieche e stantie che mettono in campo nel tentativo di riportarci indietro.
Io sarò troppo sensibile, ma quando sento che le coppie di fatto sono una strada che porta alla pedofilia e all’incesto, come se fossero droghe leggere e pesanti, oppure che dall’aborto al terrorismo il passo è breve, quando sento queste sciocchezze penso che se potessero riaprirebbero gli uffici della santa inquisizione e riaccenderebbero i roghi per le streghe; come donna e come cittadina mi sento seriamente minacciata.
Questa compagine monosessuata, tutta piena di vizi privati e di una pubblica virtù che le viene attribuita per antonomasia, sta lottando per recuperare un potere che vacilla; un potere fatto di roba, di manipolazione dei corpi e delle coscienze, di lasciti e privilegi. Come se non fosse passato un secolo e mezzo dalle prime affermazioni di quel principio liberale fondante della nostra cultura, Libera Chiesa in Libero Stato, che per me significa che la libertà della Chiesa finisce dove comincia quella dello Stato. Libera Chiesa in Libero Stato, e non viceversa.
Libere le Chiese di costruirsi chiese, a loro spese, di invitare fedeli a pregare San Rocco, Ganesh o il Dio Serpente; liberissime di credere ed esprimere, di esistere e di riunirsi. Ma libero lo Stato di governare, di fare leggi e di imporle; soprattutto libero il cittadino di vivere e morire come meglio gli aggrada, nei limiti delle leggi dello Stato.
Senza anatemi, scomuniche, roghi, cilici, concordati e decime. Amen

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