STORIA ( un po’ romanzata ma vera ) DI UNA SIGARETTA
C’era una volta un pacchetto da 10 di Muratti Ambassador; un pacchetto come tutti gli altri, anonimo, impilato con altri pacchetti uguali sugli scaffali di una tabaccheria.
Un giorno il pacchetto fu acquistato da un funzionario RAI, la cui vita poteva essere definita, come minimo, agiata e ricca di privilegi.
“Che culo!” dissero 9 delle 10 sigarette in coro “siamo finite in mano di un ricco signore, che ci fumerà in begli ambienti, con mani curate e polsini di stoffa pregiata!”
“Io” disse una sigarettina in seconda fila “a queste cose non ci bado! Spero solo di poter vivere all’aria aperta più possibile e di finire fumata fino in fondo, non spenta a metà, accartocciata tra cicche e cenere.”
Il funzionario, aperto il pacchetto, ne fumò una, ma non se la gustò; comprava pacchetti da 10 perché detestava il suo stesso vizio, e la spense nauseato dopo tre tiri, accartocciandola miseramente nel portacenere di alabastro con decorazioni d’argento.
Così per la seconda e per la terza.
Ora accadde che quel giorno un gruppo di 8 parlamentari e dirigenti radicali, esasperati e disperati per il furto di verità che ogni giorno la RAI perpetrava a danno dei cittadini, occupò la sede RAI di Viale Mazzini; pensavano di occupare qualche ora e venir via. Invece l’azione prese loro la mano e a sera erano ancora lì, senza sigarette perché nel frattempo erano finite.
“Scusi” disse uno degli occupanti al funzionario RAI “avrebbe mica una sigaretta?”
“Ma certo” disse lui, che in fondo e non solo in fondo era divertito dal diversivo “anzi, tenete il pacchetto”.
Così le sigarette rimaste finirono nella borsa della segretaria di Radicali Italiani, senatora eletta ma mai nominata per via di certi brogli.
Ma le Muratti Ambassador non piacevano a nessuno degli occupanti, e seppure spinti dalla necessità a fumarle, ne lasciarono una. Ci credereste? Era proprio la nostra sigarettina deviante.
Qualche giorno dopo, durante una sospensione dello sciopero della fame per la legalità, che ormai durava da quaranta anni, la segretaria andò a mangiare una pizza con altre quattro donne radicali, dirigenti e militanti, più che storiche, d.o.c.
Al momento di tirare fuori il portafoglio per pagare, vide in fondo alla borsa il pacchetto, e lo regalò alla militante povera che era lì per caso e per la moratoria universale della pena di morte.
“Grazie” disse la transitante militante “le Muratti non mi piacciono, ma la terrò per ricordo”.
Gettò il pacchetto e mise la sigarettina in mezzo alle sue.
Poco dopo, in Largo di Torre Argentina, furono avvicinate da un orrido barbone che, tra gesti osceni e sguardi offuscati, chiese loro una sigaretta.
“Tieni!” disse la militante povera “questa viene dal settimo piano!”
Il barbone la prese, la fumò quasi fino al filtro e conservò religiosamente il mozzicone fino alla mattina dopo, realizzando così l'ultimo desiderio di una sigaretta.
C’era una volta un pacchetto da 10 di Muratti Ambassador; un pacchetto come tutti gli altri, anonimo, impilato con altri pacchetti uguali sugli scaffali di una tabaccheria.
Un giorno il pacchetto fu acquistato da un funzionario RAI, la cui vita poteva essere definita, come minimo, agiata e ricca di privilegi.
“Che culo!” dissero 9 delle 10 sigarette in coro “siamo finite in mano di un ricco signore, che ci fumerà in begli ambienti, con mani curate e polsini di stoffa pregiata!”
“Io” disse una sigarettina in seconda fila “a queste cose non ci bado! Spero solo di poter vivere all’aria aperta più possibile e di finire fumata fino in fondo, non spenta a metà, accartocciata tra cicche e cenere.”
Il funzionario, aperto il pacchetto, ne fumò una, ma non se la gustò; comprava pacchetti da 10 perché detestava il suo stesso vizio, e la spense nauseato dopo tre tiri, accartocciandola miseramente nel portacenere di alabastro con decorazioni d’argento.
Così per la seconda e per la terza.
Ora accadde che quel giorno un gruppo di 8 parlamentari e dirigenti radicali, esasperati e disperati per il furto di verità che ogni giorno la RAI perpetrava a danno dei cittadini, occupò la sede RAI di Viale Mazzini; pensavano di occupare qualche ora e venir via. Invece l’azione prese loro la mano e a sera erano ancora lì, senza sigarette perché nel frattempo erano finite.
“Scusi” disse uno degli occupanti al funzionario RAI “avrebbe mica una sigaretta?”
“Ma certo” disse lui, che in fondo e non solo in fondo era divertito dal diversivo “anzi, tenete il pacchetto”.
Così le sigarette rimaste finirono nella borsa della segretaria di Radicali Italiani, senatora eletta ma mai nominata per via di certi brogli.
Ma le Muratti Ambassador non piacevano a nessuno degli occupanti, e seppure spinti dalla necessità a fumarle, ne lasciarono una. Ci credereste? Era proprio la nostra sigarettina deviante.
Qualche giorno dopo, durante una sospensione dello sciopero della fame per la legalità, che ormai durava da quaranta anni, la segretaria andò a mangiare una pizza con altre quattro donne radicali, dirigenti e militanti, più che storiche, d.o.c.
Al momento di tirare fuori il portafoglio per pagare, vide in fondo alla borsa il pacchetto, e lo regalò alla militante povera che era lì per caso e per la moratoria universale della pena di morte.
“Grazie” disse la transitante militante “le Muratti non mi piacciono, ma la terrò per ricordo”.
Gettò il pacchetto e mise la sigarettina in mezzo alle sue.
Poco dopo, in Largo di Torre Argentina, furono avvicinate da un orrido barbone che, tra gesti osceni e sguardi offuscati, chiese loro una sigaretta.
“Tieni!” disse la militante povera “questa viene dal settimo piano!”
Il barbone la prese, la fumò quasi fino al filtro e conservò religiosamente il mozzicone fino alla mattina dopo, realizzando così l'ultimo desiderio di una sigaretta.
Verde è la foglia, stretta la via,
dite la vostra che ho detto la mia.
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