A proposito dei fatti del 9 settembre 1981
Diario di un delinquente e di due efferati complici
di Sandro Tessari
NOTIZIE RADICALI, febbraio 1982
Sì lo confesso: sono un interruttore. Ho interrotto un giorno la povera Piera Rolandi mentre al TG2 delle 19.45 raccontava a milioni di telespettatori paganti con rara abnegazione il pesante canone radiotelevisivo - le solite bugie del regime. Ero entrato alla sede della RAI assieme a Crivellini e Cicciomessere la sera del 9 settembre 1981. Essendo noi di casa alla RAI, come tutti sanno, e non solo in effige come Piccoli, Craxi, Longo e Spadolini, nessuno ha pensato di chiederci i documenti o controllare se avevamo il permesso di accesso. Siamo così entrati dalla porta d'ingresso normale. Il sottosegretario Leccisi, quello per intenderci che aveva organizzato una raccolta di fondi neri per la corrente di Donat Cattin di oltre un miliardo senza riuscire ad andare nei notiziari RAI, rispondendo alla camera alla nostre interpellanze sulla RAI il 25 gennaio, affermava che noi ci "eravamo introdotti" all'interno della RAI, dando alla nostra iniziativa un grosso sapore d'avventura come dimostra il successivo interesse del commissariato di polizia e dall'autorità giudiziaria che ci hanno gratificato di una relativa comunicazione. Entrati che fummo nei locali della RAI e dovendo attendere qualche minuto per l'inizio del TG1 della sera (erano infatti le 19.50) ci siamo recati al bar dove, per far passare il tempo, abbiamo dovuto consumare numerosi cappuccini con brioches. Cicciomessere che guidava la spedizione ha proposto di definire l'"azione": lui e Crivellini, notoriamente agili e scattanti, avrebbero fatto irruzione nello studio del TG1 non appena questo fosse iniziato. A me, in considerazione dell'età e delle mie origini veneto-contadine hanno lasciato il compito più facile: quello di entrare nello studio del TG2 e portarvi il messaggio che sale spontaneo ogni sera da milioni di bocche di telespettatori quando accendono la televisione di stato: ladri di verità! Debbo dire che non ci fu facile individuare nel labirinto della RAI i due studi. Abbiamo bussato a tutte le porte chiuse e chiesto gentilmente dove fossero le due sale regia. La previdenza della RAI è tale tuttavia che ci è venuta incontro mettendo fianco a fianco i due studi con porte quasi comunicanti. Sono così entrato dopo aver bussato. Nessuno, debbo dire la verità, quando sono entrato ha badato a me: erano tutti protesi a sentire quello che stava dicendo Piera Rolandi. Mi sono inserito nel monologo sintetizzando il mio pensiero: ladri di verità, furto di informazione. Nessuno dei presenti ha fatto mostra di stupirsi troppo della mia affermazione come cosa forse fin troppo ovvia. La Rolandi sempre molto contegnosa, faceva con una mano il gesto di non avvicinarmi troppo a lei mentre parlava salvo poi interrompersi del tutto. Forse voleva esprimersi sulle mie affermazioni ma la regia non glielo ha consentito e ha mandato in onda un diverso programma. Dopo qualche minuto di reciproco imbarazzo, non sapevamo a chi toccava la parola, dalla regia ridanno la voce alla Rolandi che inizia a fare originali considerazioni sulla situazione economica del paese. Io ribadisco il mio pensiero su questo tema: ladri di verità e furto di informazione. A quel punto sento che succede qualcosa: voci concitate da ogni parte, si interrompe il servizio, si aprono le porte e comincia in concitato andirivieni di funzionari e poliziotti del servizio interno. Uno mi afferra ad un braccio bruscamente: non appena tuttavia gli faccio notare che forse noi non ci conosciamo, subito mi fa le sue scuse ed usciamo urbanamente conversando con i tecnici dello studio giusto in tempo per vedere nel corridoio, in uno schiamazzo indescrivibile, trascinati come due cirenei il Cicciomessere e il Crivellini, all'urlo concitato: sono radicali, sono radicali, sono Cicciomessere e Stanzani. Io, da mezzo il pubblico che assisteva alla scena, dico subito che quel signore distinto con l'aria tra Verdi e Mazzini non è Stanzani ma Crivellini. Subito vengo guardato con sospetto e mi si chiede come faccio a saperlo. Dico: ma come fate a non riconoscerlo, è sempre sugli schermi della RAI. Un funzionario coi baffetti, molto autorevole a giudicare dalle ore che passa alla buvette della Camera, esplode: da questo momento basta coi radicali sul video! Non devono più mettere piede alla RAI, bisogna rompere tutti i rapporti che abbiamo coi radicali, e via dicendo. Dispiaciuto che non avesse colto la mia ironia cerco di fargli notare che è difficile rompere i rapporti che non ci sono. Mi guarda sospettoso e dice: ma lei è un amico dei radicali? un basista? un complice? Mi sento perso. Un altro dice: è anche lui un interruttore. E' la fine. Veniamo agguantati e tutti e tre trascinati dinnanzi al tribunale del direttore del TG1 come fossimo malfattori, arraffa tangenti, piduisti ecc. ecc. Strada facendo siccome erano molti i segni di divertita complicità del personale RAI alle nostre malefatte, il giornalista televisivo Valentini ha pensato bene di farci la paternale e con la sua ben nota voce pastosa e controllata, senza fare neanche una papera, ci ha detto che lui aveva un'alta opinione della classe politica (evidentemente pensava a Piccoli, Bisaglia, Gioia, Lima, Ciancimino, Andreotti, Evangelisti, Longo, Labriola e a tanti altri che hanno ben meritato con opere preclare su cui tuttavia la RAI ha esercitato una rozza e inspiegabile censura) per cui riteneva, quello radicale, un gesto troppo diverso dallo stile della "classe politica" e sul quale era bene che la RAI stendesse un velo di silenzio. Così abbiamo capito che è solo per una questione di diversità se i radicali non compaiono mai sul video, come risulta dai numerosi libri bianchi che abbiamo fatto sui disservizi televisivi. Nello studio del direttore del TG1 il trattamento è diventato subito elegante: non più vociferazioni e insulti. Ci hanno perfino offerto da bere. Poi si è saputo che il direttore era contento che fossimo riusciti solo a interrompere il TG2 della concorrenza e non il suo. Abbiamo subito fatto le nostre rimostranze sulla inconsistente vigilanza che si esercita agli ingressi di uno strumento così delicato come il servizio televisivo di stato e l'indomani abbiamo fatto un'interrogazione ai ministri dell'interno e delle Poste. Una settimana fa ci è arrivato un foglietto gualcito: una comunicazione giudiziaria per aver interrotto un servizio pubblico. Abbiamo subito compreso la gravità del gesto da noi compiuto. Forse con la nostra azione abbiamo impedito al segretario del PSDI di portare ai milioni di pensionati trepidanti il suo messaggio di salvezza, a Craxi di spiegare come la cosa più importante da fare per il paese sia il cambio della poltrona del presidente del consiglio e a Spadolini che la questione morale è rinviata a data da stabilirsi. E ne siamo profondamente dispiaciuti. Siamo anche noi interruttori pentiti.
per gentile concessione di internet grazie a m.palombo e al suo argomento su radicali.it
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